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1983, e la colata lavica cambiò strada

A 46 giorni dall'inizio dell'eruzione dell'Etna la storica deviazione. Il reportage di Pietro Nicolosi e Michele Nania del 14 maggio 1983

Di Redazione |

L’Etna ha perso la clamorosa sfida con l’uomo. E’ un’impresa che sa di leggenda. A 46 giorni dall’inizio di questa terribile eruzione, e dopo un estenuante braccio di ferro durato per tutta la giornata di ieri, un piccolo esercito di uomini è riuscito ad attuare la deviazione artificiale della colata, facendo brillare cariche esplosive nei pressi del fiume incandescente e aprendo una breccia nell’argine. La colata si è così biforcata: un grosso braccio si è riversato come sperato, nel canalone artificiale scavato nei giorni scorsi dagli uomini.

E nelle prossime ore si saprà se l’esperimento, che è comunque riuscito, darà fino in fondo i frutti sperati.

L’Etna stava continuando a fare il dovere di ogni vulcano che si rispetti: eruttava lava in quantità.

Nel frattempo, i furgoncini della SITAS stracolmi di giornalisti, fotografi e cameramen, si arrampicavano su polverosi e ripidissimi

sentieri, destinazione monte Castellazzo. Lo spettacolo era ormai pronto. Le « spruzzatine » sul cantiere dei lavori hanno costretto a fare tutto in fretta, per evitare il fallimento definitivo dello storico evento dopo due settimane di fatica.

E veramente hanno fatto in fretta: hanno avvisato i giornalisti, distribuito i lasciapassare speciali, costruito in quattro e quattr’otto

il piccolo “bunker” coi vetri blindati e  hanno annunciato: « Signori, ci siamo. Lo facciamo ora o mai più: l’Etna continua a colpire il punto dove dobbiamo intervenire, e occorre fare in fretta». Erano le 15. Un’ora dopo, alle 16 sono cominciate le partenze dei furgoncini verso quota 2200. Due ore dopo, monte Castellazzo, immensa tribuna naturale con vista panoramica sul punto del «botto», era già una babele; esattamente di fronte, vicino al fiume incandescente, centinaia di esperti, operai, forze dell’ordine, che sciamavano attorno ai cinquanta tubi di carica per l’esplosivo, cinquanta banderillas piantate sul groppone del toro. In attesa della stoccata, sul monte Castellazzo, giornalisti e cameramen. Nel frattempo arriva 1’esplosivo: è del tipo « Gel A », e ne verranno impiegati 300 chili. Sì, ma quando? Comincia a farsi buio.

Si rinvia ancora una volta: l’appuntamento è per le 21.

Passa ancora del tempo. I pochi previdenti rimasti, molto ben equipaggiati e con panini imbottiti, continuano imperterriti a sperare nel “botto”. Gli altri muoiono di freddo e hanno “il terrore di non riuscire a dettare il “pezzo” per tempo. Si fissa ancora un orario: mezzanotte. Ma è troppo buio, la zona invasa dalle tracimazioni non è stata del tutto sgomberata, ed è troppo rischioso tentare di far brillare le cariche in questo momento ; gli “uomini dinamite” non avrebbero sufficienti garanzie, gli elicotteri che sorvolano la zona non avrebbero sufficienti margini di sicurezza per un eventuale precipitoso intervento.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA