PERSONAGGI
Paolo Ciulla, il falsario delle 500 lire date ai bisognosi: la storia di “catanisi soddu fausu”
Ragazzo prodigio al disegno, originario di Caltagirone, negli anni Venti divenne un mago della contraffazione di banconote
A Catania negli Anni Venti si celebrò un processo a una nota banda di falsari che all’epoca fece grande scalpore. Al centro della vicenda Paolo Ciulla, un giovanotto di Caltagirone passato alla storia come “catanisi soddu fauso”.
La vicenda iniziò il 17 ottobre 1922, quando le forze dell’ordine fecero irruzione in una piccola casa della periferia di Catania per fermare quello che si riteneva fosse un componente della banda di fabbricanti di falsi biglietti da cento lire, che si trovavano ovunque in Sicilia e finanche in America, sbarcati con gli emigranti italiani.
Solo dopo la scoperta della sua “fabbrica” Catania e l’Italia scoprirono il falso del Ciulla che fino ad allora era passato per buono anche presso gli sportelli della Banca d’Italia. Ci si trovò quindi di fronte ad un falsario d’eccellenza.
A Caltagirone
Paolo Ciulla nasce a Caltagirone il 19 marzo del 1867. La sua è una famiglia agiata, proprietaria di due botteghe di suole, cuoio e pellami, situate nella centralissima via San Giacomo, gestite dai genitori, Giuseppe e Maria. Ha un fratello, Vincenzo, e una sorella, Rosina.
Intorno ai 17 anni, Paolo stringe una sincera amicizia con il coetaneo Nino Fiducia, di umilissima famiglia, che vive in condizioni disagiate. Il confronto tra la sua agiatezza e le misere condizioni dell’amico, gli provoca un sentimento di insofferenza per l’ingiustizia sociale che percepisce e, parallelamente, anche un tenace senso di colpa, che lo accompagnerà per tutta la vita.
Il periodo argentino
Ragazzo prodigio del disegno, aveva ottenuto una borsa di studio per iscriversi alle accademie della Parigi di Picasso, Rousseau e Modigliani e alla Buenos Aires degli emigrati italiani. Il suo carattere però era un po’ stravagante, le sue lotte politiche contro il latifondo ne fecero un capopopolo e la sua omosessualità gli rese impossibile la vita in un’Italia, che gli negò la possibilità di insegnare. Nel periodo argentino visse prima lavorando come aiutante di un fotografo poi tentò la falsificazione dei pesos per ribellarsi ad una repubblica, che sentiva “falsa”. Produsse un’ottima copia del biglietto da 500 pesos, ma fu scoperto e internato per delirio di onnipotenza in un manicomio criminale, dove rimase per ben sette anni sino al 1916.
La carta delle pasticcerie
Paolo si trasferisce a Catania con il suo studio fotografico che aveva aperto qualche anno prima nel paese della ceramica, ma il lavoro scarseggia. Quasi cieco Ciulla, si fa costruire da un falegname le attrezzature, che assembla in casa. I suoi polpastrelli sono diventati sensibilissimi e suppliscono alla perdita della vista; come carta sceglie quella usata nelle pasticcerie come sottofondo dei gelati serviti nei piattini. Dopo esperimenti e prove, crea un biglietto che lo soddisfa e inizia la produzione. Per lo spaccio si rivolge a persone di sua fiducia dividendosi il ricavato.
Gli affari vanno bene e Ciulla esce dall’indigenza, tra il 1920 e il 1922, mette in circolazione circa 16/17 mila biglietti da 500 lire che, seppur contraffatti, nessuno li identifica come falsi.
Ciulla aveva un cuore caritatevole, distribuisce a molti bisognosi di Catania e provincia i biglietti da 500. I beneficiati restano stupiti, considerando che le 500 lire di allora equivalgono a circa 600 euro di oggi.Scoperto, Paolo Ciulla viene arrestato il 17 ottobre del 1922. Durante la perquisizione vengono scoperti oltre all’attrezzatura, anche 96.439 biglietti da 500 lire, per un valore di circa 48 milioni di lire, cifra questa paragonabile oggi a circa 60 milioni di euro, e 1.750 biglietti dello stesso taglio non ancora rifiniti.
Il processo
Il processo inizia nel novembre del 1923. L’aula della V Sezione del Tribunale Penale di Catania è affollata da migliaia di persone, fra cui gli inviati dei maggiori quotidiani italiani e stranieri, nonché tre studenti universitari che hanno il compito di studiare la psiche del Ciulla, per elaborate altrettante tesi di laurea. Nel corso del processo i tre esperti inviati dalla Banca d’Italia di Roma, dichiarano che «le 500 lire falsificate da Ciulla sono perfette sotto tutti i punti di vista e sono difficilmente riconoscibili come non buone».
Questa dichiarazione, recepita da Ciulla come un tributo alla sua abilità artistica, rappresenta l’unico aspetto lusinghiero di un processo che si conclude con la condanna a cinque anni di carcere e 5mila lire di multa: con lui vengono condannati i suoi ex complici a pene variabili dai nove ai quattro anni di carcere.
Il Processo d’Appello, celebrato alla fine del 1925, conferma la pena per Ciulla, che nel frattempo è prossimo a tornare in libertà per buona condotta. Nonostante abbia beneficato molti bisognosi, all’uscita dal carcere nessuno lo aspetta, smarrito inizia a girovagare per Catania, fino a che un soldato di leva lo conduce alla stazione ferroviaria. Paolo prende il treno per Caltagirone, viene ricoverato all’“Ospizio per i mendicanti” gestito dalle suore, dove il 1° aprile 1931 muore.
Il romanzo
La sua vita è stata lo spunto di un romanzo, “Il falsario di Caltagirone”, che è stato magistralmente scritto da Maria Attanasio. Poi l’uscita del libro di Pietro Nicolosi “Il Falsario” del 1984 ha apportato molti nuovi dati sul Ciulla, nonché la riscoperta di un’intervista sul Corriere di Sicilia del 29 ottobre 1922 di un cassiere del Credito Commerciale che spiega come riconoscere il falso del Ciulla dal biglietto autentico da lire 500. Infine, anche Dario Fo e Pietro Sciotto firmano il romanzo Ciulla, “Il grande malfattore”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA