Fuori dagli schemi, musicale, divertente. Aggettivi che poco si adattano a una degustazione guidata di vini, ingabbiata com’è nel “sommelierese”, obbligata alle regole del mercato, ampollosa secondo rito di santo romano tastevin e ingessata da giacche, cravatte e avverbi modaioli.
Tutte “impalcature” demolite dal carattere, dall’ironia e dall’intelligenza di sette produttrici di vino delle terre del Sud Est che venerdì scorso si sono messe in gioco – per la prima volta – nel raccontare i loro vini in una maniera diversa, con una degustazione “al buio”.
Solo che “al buio”, non sono state le etichette delle bottiglie (come avviene nelle degustazioni ordinarie), ma le persone che partecipavano alla degustazione, invitate a indovinare la tipologia di vino ad occhi bendati. Ma non senza indizi. I “bendati” (veramente glamour la fascia rossa glitterata scelta dalla padrona di casa Stefania Busà) potevano risalire al vino grazie a due indizi: la lettura di un racconto breve e autentico della cantina di riferimento, e un brano musicale “abbinato” ad ogni vino scelto dalla sua stessa produttrice e diffuso da un dj durante la degustazione.
“Sacerdotessa” di questo rito anticonformista celebrato nella “cattedrale” Rudinì, a Pachino, Chiara Allibrio, formatrice in lingua inglese degli operatori del comparto turistico, che ha firmato i racconti e “condotto per mano” i partecipanti alla serata. Le immaginifiche sette produttrici-amiche che ci hanno messo, facce, sorrisi e vini, sono state Marilina Paternò (Cantina Marilina), Luigia Sergio (Barone Sergio), Francesca Curto (Curto), Valeria Iovino (Netum vini bio), Carmela Pupillo (Cantine Pupillo), Stefania Busà (Cantine Rudinì), Paola Puocci (Fausta Mansio), in rigoroso ordine non alfabetico, tutte presenti e molto divertite. Obiettivo comune dichiarato, non tanto fare conoscere i propri vini, quanto mostrare, con un metodo giocoso e conviviale – i diversi stili delle rispettive cantine.
«L’idea è nata nel 2017 – spiega Chiara Allibrio – quando mi sono messa a girare per cantine nel Sud Est della Sicilia. Affascinata dai racconti dei produttori tornavo a casa e preparavo cene per i miei amici offrendo loro i vini delle cantine che visitavo. Solo che avevano sempre da ridire, “il Nero d’Avola non mi piace”, “il tappo a corona non va bene”, “questo vino non si abbina con…”. A un certo punto ho detto loro “Sapete che c’è? La prossima volta bendatevi gli occhi così vediamo quanto siete bravi a criticare…”. E così ho fatto. Devo dire che mi sono presa una marea di soddisfazioni. Una di quelle più epiche è stata un Nero d’Avola di 4/5 anni: mezza bottiglia l’avevo decantata dalla mattina e mezza servita a cena. La prima era buonissima, la seconda una schifezza… (ride ndr)». Da lì il “format” – diciamo così – è stato adottato in grande per “Tell me wine”, questo il nome della prima riuscitissima serata bendata. Se sarà stata la scintilla per gettarsi nel mondo del vino con intenti ben più seri da parte di qualcuno dei partecipanti è presto per dirlo ma, in ogni caso, addetti ai lavori e non si sono alzati da tavola con un sorriso in più stampato sulla faccia e non attribuibile solo al vino.
«Era la prima volta in assoluto che partecipavo a una degustazione – ammette in tutta onestà Annalisa – e, posso dire che non ci ho capito niente? Così non ne avevo mai fatte, classiche sì, ma sono rimasta nella mia ignoranza di cui ho comunque goduto piacevolmente (ride ndr). Stavolta a modo mio ho percepito qualcosa, che poi si è rivelata essere diametralmente opposta a quello che c’era nel bicchiere».
«Molto bella, divertente – è il parere di Claudio – anche se ho capito che il mio olfatto non è proprio adeguato a una prova del genere. Anzi proprio non c’è. Al gusto, però ho sentito i sapori. Stare ad occhi chiusi è stata una bella sfida». «Veramente un’esperienza interessante, particolare – commenta Alessandro -. Sono riuscito a indovinare il colore di due dei vini serviti ma non sono riuscito ad abbinare il vino al brano musicale e quindi non ho individuato nemmeno i vini».
«Non sono un’amante dei vini – confessa Giusy – però emotivamente mi ha coinvolto, perché la musica, il fatto di essere bendati, il sapore, il gusto, mi hanno preso».