Notizie Locali


SEZIONI
Catania 12°

PAROLE SENZA FILTRI

I miei 17 anni e le mie paure in una società patriarcale abitata da troppi “lupi”

Il fulcro del problema sta in una società che non riesce a insegnare ai propri figli la differenza tra il bene e il male e che fa anzi apparire il bene come un limite alla propria libertà

Di Maria Francesca Di Paola * |

Quando mi presento dico che ho 17 anni e sono una ragazza, anche se la società potrebbe non essere d’accordo. Chi mi circonda infatti mi considera già una donna, e mi tratta come tale.

Ma cosa vuol dire essere una giovane donna nel mondo di oggi? Sono molte le parole che mi passano per la testa quando me lo domando, ma sicuramente una è degna di nota. Paura. Essere una diciassettenne nella società moderna significa avere paura. Di cosa? Troppe cose. Qualcuno direbbe che si ha paura di sbagliare e uscire fuori da quei canoni che ci sono stati imposti ma che ci stanno stretti. Vero, ma ancor di più si ha paura che sia qualcun altro a sbagliare e che, in maniera spesso inevitabile, le colpe altrui ricadano su di noi.

La mentalità

“Victim blaming” è il termine che si usa quando la vittima viene accusata al posto del suo aggressore. Questo termine sta diventando sempre più frequente e ciò dimostra come la nostra mentalità faccia fatica a cambiare.

Ma come può una società in cui è spesso la vittima a pagare le pene di un predatore, spesso elogiato, aspirare a creare un ambiente sicuro per le ragazze e i ragazzi di oggi. La situazione peggiora nel momento in cui il numero di predatori cresce, e ad attaccare una povera ragazza sono addirittura sette ragazzi, sette cani su una gatta.

Il fenomeno di violenza di gruppo in Italia non è affatto un fenomeno isolato. I casi avvenuti negli ultimi mesi ci dimostrano come siamo reticenti nel correggere i nostri errori, errori sul livello educativo di cui la causa è ben lontana dall’essere evidente. Siamo figli di una società patriarcale in cui violenza e odio sono parole ormai all’ordine del giorno, tanto da abituarci alla rassegnazione.

Dietro ai ragazzi che trovano normale scatenare la loro rabbia nei confronti di individui del sesso opposto, e per loro di conseguenza più deboli, è ormai secolare la mentalità secondo la quale la sottomissione e profanazione dell’altro sono più che giustificati per dimostrare la propria virilità, soprattutto se l’altro è una donna. Virilità che è importante per dimostrare la propria supremazia all’interno del branco a cui i predatori sono più che felici di appartenere. E, in aggiunta a questo, i predatori si divertono nel tentativo di mettere a risalto la loro superiorità ad umiliare la vittima, arrivando a condividere immagini e video privati di questa e dell’assalto in sé, cercando di annullare completamente la vittima e mettendola a nudo di fronte l’occhio accusatorio e giudice dell’internet.

L’opera

Al museo di arte moderna Guggenheim di Bilbao, in Spagna, vi è un’opera chiamata Head On, di Cai Guo-Qiang, che rappresenta 99 lupi che corrono l’uno dietro l’altro andando successivamente a sbattere contro una parete e il cui unico scopo è soddisfare la mentalità del branco e andare a mascherare la mancanza di coraggio di deviare dalla norma. Il significato di quest’opera è perfetto per rappresentare l’importanza di fare gruppo al giorno d’oggi. Qui si apre il dibattito: si parla di contagio emotivo, o di qualcosa di più profondo come il bisogno di dimostrare di essere abbastanza e la necessità di meritare il rispetto dei propri coetanei?

Una cosa è certa: il fulcro del problema sta in una società che non riesce a insegnare ai propri figli la differenza tra il bene e il male e che fa anzi apparire il bene come un limite alla propria libertà individuale, senza capire che proprio questa libertà va ricercata nel rispetto reciproco e che il danno e la violenza fatta nei confronti di un’altra persona non sono affatto motivo di vanto, né per il singolo né per il gruppo. Un mondo in cui io devo avere paura di uscire di sera; un mondo in cui per passeggiare per strada devo guardarmi intorno tenendo il telefono in chiamata con una mia amica che possa allertare chi di dovere in caso io venga attaccata; un mondo in cui io devo temere …

*Redazione “L’Osservatore”, mensile del liceo scientifico di Catania“Galileo Galilei” al quale un gruppo di studenti sta lavorandoCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA