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Sanità in Sicilia, ira Prestigiacomo: «Siracusa bancomat per Catania»

Di Francesco Nania |

SIRACUSA – La nuova rete ospedaliera e le ricadute negative sul territorio siracusano sotto la lente d’ingrandimento della parlamentare nazionale di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, che critica la programmazione e prova a scuotere le istituzioni pubbliche. «La proposta dalla Regione al ministero della Sanità in via di approvazione, rischia di rappresentare la pietra tombale per il diritto a una sanità civile e moderna per i siracusani, ma anche per i ragusani. Il progetto della Regione – accusa Prestigiacomo – è quello di fare del Siracusano un serbatoio di utenti e un bancomat per la sanità etnea e non solo, prevedendo un sistematico drenaggio di pazienti e risorse dalla nostra provincia, cristallizzando problemi e carenze sul territorio, invece di affrontarle e risolverle».

C’è una stima del drenaggio economico di cui parla?«Ben 45 milioni di euro son stati versati nel 2018 dalla nostra Asp ad altre strutture pubbliche e private della Sicilia, principalmente di Catania. Infatti, ogni ricovero di cittadino della provincia, determina uno specifico rimborso economico a favore della Asp che fornisce il servizio e una conseguente perdita di risorse economiche del nostro territorio: meno tecnologie, meno posti letto, meno personale, in generale meno servizi».

Teme che questa situazione si riversi sulla nuova rete ospedaliera?«La nuova rete ospedaliera intende perpetuare se non aggravare questa situazione che deriva essenzialmente da due cause: ricoveri in reparti specialistici non presenti nella nostra provincia (ad esempio cardiochirurgia) o ricoveri in reparti che pur presenti nel Siracusano non vengono preferiti, per varie ragioni, dai nostri concittadini che scelgono quelli fuori provincia (moltissime puerpere, ad esempio, vanno a partorire a Catania). Peraltro nella situazione attuale che si intende perpetuare, si lascia campo libero alla sanità privata che dovrebbe essere aggiuntiva e non sostitutiva di quella pubblica».

Uno dei nodi da sciogliere è il livello dei nostri ospedali?«Invece di creare a Siracusa un nuovo ospedale di 2° livello con i reparti specialistici che mancano si ipotizza che per una provincia con oltre 400 mila abitanti bastino 2 ospedali di 1° livello a Siracusa e Avola con il nosocomio di Lentini derubricato a presidio di base. Nel Ragusano con un terzo degli abitanti in meno, di ospedali ne sono previsti 3 ma sempre di 1° livello. Dunque un bacino di oltre 700 mila abitanti e sprovvisto di alte specialità».

Che tipo di ospedale occorre per Siracusa?«Un esempio: per chirurgia senologica è fissato a 100 il numero dei ricoveri necessari a giustificare una autonoma struttura. Da Siracusa 165 tumori della mammella nell’ultimo anno sono stati trattati all’Humanitas di Catania. Una sana programmazione, preso atto delle deficienze attuali, dovrebbe invece prevedere l’apertura di reparti specialistici oggi non presenti e il miglioramento della attrattività delle specialità che determinano la “fuga” e la “spesa fuori provincia” con un nuovo ospedale della provincia con tutte le specialità oggi non presenti e il potenziamento di tecnologie, di competenze e di comfort alberghiero adeguato alle esigenze attuali».

Come interpretare il documento di rete ospedaliera?«Non può e non deve essere inteso come una rigida classificazione dell’esistente ma come uno strumento di realizzazione nel tempo di un virtuoso percorso che colmi le carenze di sistema e adegui l’offerta sanitaria, non solo a standard quantitativi, ma anche a criteri di accessibilità e di equità per la popolazione di un territorio. Invece l’attuale progetto si muove nella direzione opposta, diventata ormai la solita direzione che vuol far diventare Siracusa un quartiere di Catania, una periferia da cui trarre denaro e potere da concentrare a Catania. E’ accaduto con la Camera di Commercio, è stato tentato con l’autorità portuale di Augusta, si sta definitivamente riconfermando con la sanità».

Cosa rimane da fare?«Voglio lanciare un appello a tutta la classe dirigente siracusana, dai parlamentari nazionali e regionali di tutti gli schieramenti, al sindaco Italia, ai sindaci tutti del nostro territorio, ai consigli comunali, alle forze sociali, sindacati in primo luogo, per far fronte comune a sostegno della qualità e della quantità dell’assistenza sanitaria pubblica siracusana. Il livello dell’assistenza sanitaria è uno dei parametri fondamentali per la qualificazione anche economica del territorio. Io non cerco primogeniture né prime file in questa battaglia, chiedo solo coesione per una mobilitazione che sia di tutti e per tutti, anche a costo di scendere pacificamente in piazza per difendere la sanità siracusana».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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