Un avamposto militare a poche decine di metri dal centro di quella “Netum ingeniosa urbs numquam vi capta”. Una scoperta che se confermata dai prossimi approfondimenti rafforzerebbe ancor di più il messaggio storico dell’epigrafe marmorea sulla principale porta d’accesso alla vecchia Noto. Quella costruita sul monte Alveria e che il terribile terremoto dell’11 gennaio 1693 distrusse. Una città che, traducendo dal latino quanto riporta l’epigrafe non fu “mai conquistata con la forza”. Perché a quanto pare gli avi netini potevano godere di una posizione privilegiata, una zona circondata da cave sulla cui sommità svettava il monte Alveria e quindi chiese, palazzi e castello (aragonese) della Noto di un tempo. Avevano anche una strategia di difesa rodata: oltre alle mura di cinta, alcuni avamposti militari permettevano a soldati di guardia di osservare qualsiasi movimento accadesse sotto il loro sguardo. La vecchia Netum era inespugnabile. Il resto è storia di quasi 3 secoli fa, più o meno conosciuta: una scossa con magnitudo 7.3 della scala Richter colpisce il Val di Noto, provoca quasi 60mila morti e distrugge intere città.
Tra queste c’è la Noto costruita sul monte Alveria. Passeranno alcuni decenni e Noto rinascerà da zero più a sud, sul colle Meti, grazie all’impegno dei sopravvissuti e alla forza economica delle famiglie nobiliari di quel tempo. Noto rinasce bella, in stile tardo Barocco, ma nel corso dei secoli non sono mai state dimenticate le sue origini. Sul monte Alveria è rimasto poco rispetto a quanto c’era ma da un paio di anni a questa parte l’amministrazione comunale ha rilanciato l’idea di istituire un vero e proprio parco archeologico al suo interno. E per farlo ha coinvolto Soprintendenza, istituti scolastici e università, oltre all’Isvna, l’Istituto per gli studi e la valorizzazione di Noto Antica.
In questi giorni sono partiti i primi scavi, condotti dagli studenti e che hanno portato a una interessante scoperta. Alcune pietre ritrovate lontane dal centro di quella che era una città con impianto urbanistico tipico del Medioevo, lasciano pensare che per la difesa di Noto oltre alle mura di cinta risalenti alla dominazione araba, ci fossero degli avamposti militari da cui le vedette controllavano cosa succedeva fuori dalla città. Questa mattina a Palazzo Ducezio gli studenti coinvolti nel progetto, il sindaco Corrado Bonfanti, il dirigente scolastico dell’istituto superiore Matteo Raeli di Noto Concetto Veneziano e il presidente dell’Isvna Francesco Balsamo, presenteranno i risultati degli scavi e relazioneranno davanti a Rosalba Panvini, soprintendente di Siracusa.
L’appuntamento è forse la miglior opportunità per accendere i riflettori su Noto Antica. A fine 2016 erano stati presentati i risultati della ricostruzione virtuale della vecchia Noto avvenuta attraverso il progetto Efian: indossando occhiali multimediali si possono rivedere in 3d la chiesa maggiore, la piazza maggiore e le chiese del Carmine. Ulteriori scavi, invece, permetteranno di indagare ancora più a fondo e portare magari a galla altre novità sulla vecchia Noto, città ingegnosa e mai conquistata con la forza.