CATANIA – «Non si può mettere in mezzo una Istituzione così importante per l’Italia per una vicenda che presto sarà chiarita grazie all’intervento della magistratura». Lo ha detto all’ANSA Irene Pivetti, indagata per l’importazione dalla Cina di mascherine che non sarebbero a norma, a proposito dell’acquisizione di documenti da parte della Gdf nella sede della Protezione civile, tra i destinatari dei dispositivi. «Blocco dei conti della Only Italia Logistics? Lo apprendo da lei. Ancora non mi è stato notificato niente», aggiunge.
Raggiunta al telefono l’ex presidente della Camera sottolinea che “ben vengano le indagini” delle Procure, perché, spiega, «serviranno a stabilire la verità, mettendo fine alla cagnara sollevata, a un ‘can can’ che imploderà su se stesso». Ribadisce di «essere una persona seria, alla guida di un’azienda seria», che ha milioni di mascherine ferme in Cina che venderà «in altri Paesi, visto le richieste che ho e che in Italia non le fanno arrivare». Secondo Irene Pivetti in questa vicenda ci «sono problemi di burocrazia mal raccontata» che «fanno del male all’Italia». Ma lei si dice «tranquilla perché ho agito nel pieno rispetto della legge». E contesta le affermazioni di chi dice che le «sue” mascherine sono «false» e auspica che «si possa ristabilire al più presto una visione equilibrata» della vicenda che «coinvolge persone che si sono spese e si stanno spendendo per l’Italia».
«Se dovesse essere ‘invalido o falsò il certificato emesso dalla società polacca che attesta la conformità delle mascherine è chiaro e evidente che io e la società saremmo parte lesa nell’inchiesta». Nel decreto di perquisizione eseguito dalla guardia di finanza su disposizione della Procura di Siracusa si sottolinea che i dispositivi erano “accompagnati da una certificazione di conformità di un ‘organismo notificatò polacco, la Icr Polska, ma da una ricerca effettuata sul date base pubblico della società il codice relativo al certificato in questione è risultato disconosciuto perché ‘invalido o falsò».