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Lukoil, si profila una soluzione per l’impianto di Priolo: in 10mila con il fiato sospeso

Al vaglio una strada da percorrere, tra le altre, e che già domani potrebbe essere presentata in Consiglio dei ministri 

Di Redazione |

In un primo tempo si sarebbe profilata la nazionalizzazione sul "modello" tedesco per la Raffineria Lukoil di Priolo o in alternativa un rafforzamento delle garanzie alle banche da parte dello Stato, che avrebbe già messo in campo Sace, per sbloccare i finanziamenti senza i quali l’azienda non potrà comprare il greggio necessario a mantenere gli impianti in produzione.

Ma la strada da percorrere, che al momento sembra la più accreditata, sarebbe quella dell'amministrazione fiduciaria. Una norma generale per inserire le raffinerie fra le infrastrutture critiche di rilevanza strategica nazionale, con la possibilità per lo Stato di porle in amministrazione fiduciaria temporaneamente per garantire la continuità degli approvvigionamenti energetici: fra le varie  soluzioni allo studio, questa, a quanto si apprende, è infatti quella su cui si sta concentrando il governo per salvare la raffineria. Non è escluso che la misura sia presentata in Consiglio dei ministri domani. 

Tra cinque giorni lo stabilimento, in provincia di Siracusa, non potrà più raffinare il petrolio proveniente dalla Russia per via dell’embargo dovuto alle sanzioni dell’Occidente per la guerra all’Ucraina. Una corsa contro il tempo che sta tenendo col fiato sospeso 10mila lavoratori (tre mila diretti e 7 mila dell’indotto) e un intero territorio industriale che rischia il tracollo. Scartata, l'altra «via» su cui ha ragionato in questi giorni il governo Meloni: una deroga all’embargo russo come avvenuto per Bulgaria e Croazia. Anche il ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, ammette che «in attesa che si possa arrivare a un compratore e una proprietà non più russa una soluzione potrebbe essere un’ipotesi di intervento dello Stato, con garanzie, se sono sufficienti, o, al limite estremo, con un’operazione di quasi nazionalizzazione».

Per il segretario generale Fiom Cgil, Michele De Palma, «la situazione della Lukoil non è comparabile all’ex Ilva». «Per la Lukoil abbiamo un problema enorme perché entro dicembre non avrà più il greggio per poter fare la trasformazione – afferma – La scelta fatta in Germania in un caso analogo è stata quella di nazionalizzare l’azienda per tutelare la continuità occupazionale e produttiva. Nella vicenda ex Ilva abbiamo messo le risorse pubbliche in mano di soggetti privati che massimizzano i risultati in termini di profitto, guadagnano fette di mercato ma non restituiscono nulla».

In Germania, il governo del cancelliere Olaf Scholz ha assunto il controllo del gruppo petrolifero russo Rosneft attraverso l’amministrazione fiduciaria dell’Agenzia nazionale. Ma sul dossier Lukoil, pesa un altro problema rilevante che riguarda però anche altre società che producono nell’area industriale, come l’Eni, i sudafricani della Sasol e gli indiani della Sonatrach: quello del depuratore. L’impianto, controllato a maggioranza da istituzioni pubbliche e in quota minore dai privati, è stato sequestrato lo scorso giugno su disposizione della Procura di Siracusa che da quattro anni indaga su un presunto disastro ambientale per via di sversamenti inquinanti in mare e nell’atmosfera. Secondo i periti incaricati dai magistrati, sarebbero stati immessi scarti e agenti inquinanti nel depuratore che in realtà da 40 anni non funzionerebbe. Una vicenda nota da tempo, ma solo adesso – dopo che Report ha rilanciato il caso – il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, «alla luce delle notizie di stampa sul presunto disastro ambientale causato dal depuratore di Priolo» ieri ha convocato per venerdì prossimo, alle 16, un tavolo tecnico a Palazzo d’Orléans con tutti i dipartimenti regionali competenti. "Tenuto conto dei gravi danni ambientali e delle ripercussioni al livello produttivo per l’intero comprensorio – afferma Schifani – affronterò immediatamente il problema, valutando le conseguenti azioni da porre in essere con la massima urgenza». 

Quello russo è l’unico petrolio al momento utilizzato nello stabilimento siciliano, che non può rifornirsi sui mercati internazionali a seguito del taglio delle linee di credito da parte delle banche per timore di sanzioni per la guerra in Ucraina, seppure la raffineria non sia soggetta a misure restrittive da parte dell’Ue. La soluzione allo studio sarebbe mutuata da un emendamento al dl Aiuti quater, in via di definizione, elaborato del senatore del Pd Antonio Nicita, che nei giorni scorsi ha anticipato la proposta al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. L’emendamento di Nicita, con la proposta di amministrazione fiduciaria per sei mesi, prorogabile di altri sei, a sua volta si ispira all’iter con cui il governo tedesco (senza obiezioni dall’Ue) ha messo in sicurezza gestionale la raffineria di Schwedt in Brandeburgo, prendendo il controllo delle attività in Germania del gigante petrolifero russo Rosneft. Questa sorta di "commissariamento" a tempo, avrebbe lo scopo di dare maggiori garanzie di trasparenza alle banche, in un periodo di transizione verso una possibile cessione della raffineria a un operatore straniero.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA