È bastato semplicemente rimuovere il velo del tempo che tutto cancella perché la Chiesa Madre di Lentini, l’ex cattedrale dedicata a Santa Maria la Cava e Sant’Alfio, tornasse a mostrare i propri “segreti”, a svelare la sua bellezza nascosta e la ricchezza dei suoi tesori. Ieri mattina, infatti, sono state inaugurate 2 delle cripte sepolcrali utilizzate per le sepolture fino a metà del XIX secolo, in una delle quali è stata anche rinvenuta un’antica cisterna.
Opportunamente ripulite dai resti ossei e dai detriti che le coprivano quasi interamente, le due cripte, poste sotto il pavimento della navata destra della chiesa, sono state rese visitabili dopo mesi di lavori finanziati dal Rotary Club di Lentini ed eseguiti, sotto la supervisione della sovrintendenza ai beni culturali di Siracusa, dall’archeologa Eliana Contino e dall’antropologo e operatore dei beni culturali Sebastiano Lisi, con la collaborazione tecnica di Marco Randone.
LENTINI – All’inaugurazione, oltre al parroco don Maurizio Pizzo, sono intervenuti il sindaco Saverio Bosco, l’antropologo Lisi e il presidente del Rotary, Giuseppe Fuccio Sanzà. Alla cerimonia erano attese l’archeologa Eliana Contino e la sovrintendente Rosalba Panvini, bloccate in casa la prima dall’influenza, la seconda dalla neve. L’inaugurazione delle due cripte, chiuse adesso con portelli in ferro e vetro, arriva in realtà dopo un precedente intervento di valorizzazione dei sotterranei dell’ex cattedrale. Già nei mesi scorsi, infatti, fu ripulito e reso accessibile al pubblico il “putridarium” che si trova sotto il pavimento antistante il primo altare della navata di sinistra della chiesa.
Durante la cerimonia sono stati esposti al pubblico anche alcuni reperti rinvenuti nel corso dei lavori di ripulitura delle cripte, tra cui un blocco di pietra con un particolare fregio adesso all’esame degli studiosi, che starebbero tentando da un lato di circoscrivere la datazione del pezzo e dall’altro di individuare la sua possibile originaria collocazione. Durante il Regno delle Due Sicilie, è stato spiegato nel corso della breve conferenza che ha preceduto l’apertura dei “putridarium”, si diffusero particolari pratiche funerarie finalizzate alla preservazione dei corpi: la mummificazione e la scheletrizzazione. Entrambi i processi venivano messi in atto all’interno di cripte sotterranee poste sotto la pavimentazione di chiese o conventi.
Fu una consuetudine diffusa in Sicilia, dal XVI al XIX secolo, con lo scopo di privare il corpo del defunto della parte putrescibile. Nel processo di mummificazione, il corpo veniva adagiato su un colatoio orizzontale per far essiccare rapidamente i tessuti, anche grazie a particolari condizioni climatiche e ambientali. Quindi veniva rivestito ed esposto.