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Fra 007, mazzette e conventi: presa la talpa del “Sistema Siracusa”

Di Mario Barresi |

CATANIA – Nella perquisizione del suo appartamento di Roma, i finanzieri gli hanno trovato un passaporto spagnolo, falso, con le generalità di Rodrigo Martinez. Ma lui è italiano, del Foggiano. E ha molto a che fare con faccende siciliane di corruzione.Lui si chiama Loreto Francesco Sarcina, 55 anni, ex carabiniere in servizio fino al luglio scorso all’Aisi, l’Agenzia per la sicurezza interna. Ma per Piero Amara e Giuseppe Calafiore – i due avvocati ritenuti i pupari del sistema Siracusa – lui era solo «Franco». Non conoscevano la sua identità, lui si qualificava come «dipendente della Presidenza del Consiglio dei ministri». Eppure sapevano bene cosa chiedergli: le informative della guardia di finanza di Roma e di Messina – ovviamente in anteprima assoluta – sulle indagini che riguardavano proprio i due professionisti siracusani e la corruzione nei palazzi delle istituzioni e, soprattutto, della giustizia. Uno spionaggio pagato con 30mila euro, equamente suddivisi fra i due “soci”.

Amara e Calafiore hanno deciso di collaborare con i magistrati romani e messinesi. E così, dopo aver tirato dentro, fra gli altri, l’ex senatore Denis Verdini e l’ex giudice del Cga Peppino Mineo, i due “pentiti” (che a Siracusa avevano l’ex pm Giancarlo Longo come riferimento) hanno messo nei guai anche l’ex agente dei servizi segreti. Sarcina è stato arrestato dalla guardia di finanza su ordine del gip Daniele Caramico D’Auria.

L’accusa è di falso in atto pubblico, per il passaporto falso. Ma Sarcina è indagato – per favoreggiamento e concorso in violazione del segreto d’ufficio – nell’inchiesta di Roma su due associazioni a delinquere dedite a frodi fiscali e reati contro la pubblica amministrazione anche attraverso la corruzione in atti giudiziari.

Ed è in questo contesto che sono importanti le rivelazioni di Amara e Calafiore. Oltre ad aver ammesso la tangente di 30mila euro per ricevere tre informative della Gdf in formato “Word” (quella sul viaggio a Dubai di Longo, quella di Messina sui prelievi effettuati dal pm e quella più complessiva della Gdf di Roma), i due avvocati non sono riusciti a fornire ai magistrati l’identità della loro talpa. Ed è partita una caccia all’uomo degna di una spy story .

Il primo contatto fu sul social Wickr, nel quale «un ignoto interlocutore» dava appuntamento ai due in un albergo di via Marsala, a Roma. «Ci disse che ci avrebbe tolto dai guai sia per l’indagine di Messina, sia per quelle di Roma avvalendosi dei suoi uomini». Ma per scoprire chi fosse «Franco» i finanzieri sono dovuti entrare in convento. Che era il luogo di incontro fra gli avvocati e lo “007”, con lo scambio fra la chiavetta Usb e il denaro. Lì dentro, nella quiete di una congregazione di domenicane missionarie, c’era una suora che accoglieva, con «rapporti confidenziali» l’ex agente dell’Aisi con il quale «si davano del tu». Quando i finanzieri hanno, con il dovuto garbo, sbirciato nel cellulare di una religiosa (G. A., non indagata), nella rubrica telefonica c’era registrato un “Franco Marasciallo”. Con due utenze intestate a Sarcina. Bingo. «È lui», dice Calafiore senza esitazione davanti alla foto dell’ex carabiniere.

Ma la vicenda ha un’altra tonalità di giallo. Nel passaporto falso intestato a Rodrigo Martinez c’è soltanto una cosa vera: la foto. Che immortala il volto di Aurelio Voarino. Chi è costui? Il capo della sicurezza privata di Ezio Bigotti. Legato a Verdini, l’imprenditore piemontese (fra i 21 che rischiano il processo nell’inchiesta Consip in cui sono indagati anche Tiziano Renzi e Luca Lotti) è stato arrestato per bancarotta fraudolenta nella tranche romana sulle cricca degli “ammazza-sentenze”. Una vecchia conoscenza, Bigotti, per i siciliani. È l’uomo che sta dietro l’affare di Sicilia Patrimonio Immobiliare, la partecipata regionale in liquidazione della quale il privato ha il 25% con la sua Psp. L’imprenditore, inoltre, ha con la Regione un contenzioso di decine di milioni sul mancato pagamento del censimento dei beni immobili. Lo stesso servizio per cui Bigotti incassò 80 milioni solo per il lavoro svolto fra il 2007 e il 2009. Soldi andati alla F.B., che sta per Finanziaria Bigotti, a sua volta detenuta per il 45% dalla Lady Mary II con sede in Lussemburgo.

C’è un link fra Bigotti e Amara, che lo ha seguito in alcune cause amministrative. Nell’abitazione del capo della security, Voarino, non a caso, sono state trovate sentenze di Tar e Consiglio di Stato. Per i magistrati romani, Bigotti, titolare della Sti, sarebbe stato inoltre «il beneficiario di utilità promesse» al magistrato Riccardo Virgilio. Ex presidente di sezione del Consiglio di Stato e del Cga regionale. Ennesimo dettaglio di un arresto, quello di Sarcina, molto più “siciliano” di quanto non sembri.

Twitter: @MarioBarresi

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