Siracusa. «Minc… Peppe, per il tuo capriccio di fare il capolista per forza, ni facisti fari ‘na mala nuttata».Siracusa, metà maggio 2013. Fotofinish delle liste per le elezioni amministrative. Così parlò, con contestuale pacca sulla spalla, l’uomo più fidato (ora non lo è più) di colui che sarebbe diventato il sindaco: Giancarlo Garozzo, renziano della primissima ora.
Il destinatario della frase (e della pacca) è Giuseppe Patti, detto “Peppe”. Nella vita. E anche nella lista “Rinnoviamo Siracusa Adesso!”, che potrebbe aprire un altro caso politico e, forse, giudiziario. Una Firmopoli siracusana, ancor meno che presunta. Eppure con alcuni atti concreti. A partire da un esposto presentato da Patti alla Procura di Siracusa, giovedì 24, per «verificare la correttezza degli atti relativi alla presentazione di questa e di tutte le altre liste concorrenti» e in particolare per «controllare se le firme dei sottoscrittori sono depositate in originale e se corrispondono alla reale volontà dei sottoscrittori». Una denuncia firmata dopo aver avuto accesso agli atti, all’ufficio elettorale del Comune di Siracusa. Oggi alle 9 lo stesso Patti racconterà le «numerose anomalie» alla polizia giudiziaria della Procura, che l’ha convocato per approfondire il contenuto dell’esposto.
Patti, chi è costui? Architetto, 43 anni, da sempre ambientalista (ex Wwf, ora consigliere nazionale dei Verdi), si auto-candidò a sindaco con il movimento “Rivoluziona Siracusa”. Il 27 marzo 2013, in conferenza stampa, lanciò la sua lista verde-rossa. Ma, dopo le trattative seguite al pressing degli alleati di Garozzo (si ricorda un accorato appello della deputata del Pd, Sofia Amoddio), decise di fare un passo indietro. Il 10 maggio – a cinque giorni dal termine per depositare le liste – Patti convocò un’altra conferenza stampa, sempre all’hotel “Alfeo”. «Unire il centrosinistra è l’unico modo per sconfiggere i cementificatori che vogliono mettere le mani sulla città», fu la nobile ragione del ritiro dalla corsa a sindaco. Patti entrò in una lista civica, che definisce «la più garozziana, e quindi renziana, di quelle in lizza». Ma pose una condizione: fare il capolista. E fu accontentato. «I candidati erano in ordine alfabetico, ma io entrai come primo». Poi tutti gli altri: dalla “A” di Abela (Mirella) alla “V” di Vinciguerra (Maurizio).
Il resto è storia. Quella del battistrada last minute non fu una marcia trionfale: appena 82 preferenze per Patti, 19º posto in “Rinnoviamo Siracusa Adesso!”. Che, pur contribuendo alla vittoria di Garozzo (eletto al ballottaggio: 53,30% contro l’ex assessore regionale Paolo Reale), non superò lo sbarramento del 5% per entrare in consiglio: 2.955 voti, il 4,94%. Un successivo ricorso al Tar portò al riconteggio delle schede in 12 sezioni. E lì spuntarono 49 voti in più: la lista riabilitata, a gennaio 2015, sbarcò a Palazzo Vermexio. Con tre consiglieri: Santino Armaro (che poi sarebbe stato eletto presidente), Tanino Trimarchi e Loredana Spuria. Tutti confluiti nel gruppo del Pd.
Ma perché la denuncia di Patti arriva soltanto ora? Dopo la sua mancata elezione, l’archi-green restò vicino a Garozzo, dal quale fu nominato consulente gratuito per la variante del Prg. Poi qualcosa si ruppe. Per intenderci: oggi, prima ancora di essere il “pentito” delle firme, l’esponente dei Verdi è un nemico politico del sindaco. «Dopo il caso delle firme false dei grillini a Palermo – è la versione di Patti – mi risuonava in testa quella frase sulla “mala nuttata” per mettermi capolista. E così ho chiesto di accedere agli atti». Nel faldone dell’ufficio elettorale, ha visto ciò che racconterà oggi in Procura: «I moduli, contrariamente a quelli delle altre liste, sono immacolati. Senza una minima stropicciatura, né il solco delle firme. E, pure come calligrafia, è come se fossero uniformi. Non ho elementi per dire che sono false, ma c’è qualcosa di strano».
Qualcosa su cui, adesso, la Procura di Siracusa dovrà indagare. Silenzio tombale dal procuratore Francesco Paolo Giordano: «Nulla da dire. Ne riparliamo se e quando faremo qualcosa». L’unica conferma è sull’esistenza dell’esposto. Che però, rafforzato dalla testimonianza raccolta oggi, è già una notizia di reato tale da giustificare l’apertura di un fascicolo conoscitivo contro ignoti. A prescindere dalla credibilità delle accuse di Patti.
E i grillini, col dente avvelenato dopo l’inchiesta di Palermo, sono in trincea. Anche il M5s, tramite il deputato regionale Stefano Zito, ha chiesto a sua volta l’accesso agli atti, per poterli consultare con un perito grafologico. Ma c’è il rischio che non trovino nulla, se i pm decidessero di sequestrare le carte all’ufficio elettorale.
Twitter: @MarioBarresi
PUBBLICATO SU LA SICILIA DEL 29 NOVEMBRE 2016 A PAGINA 3