Siracusa. «Non sono un pentito, ma un cittadino libero che ha fatto il suo dovere». Alle 10,40 Giuseppe Patti sorseggia, sorridente, un caffè al bar di viale Santa Panagia con vista sul palazzo di giustizia di Siracusa. È appena stato ascoltato in Procura. «Sono sereno, ho detto tutto quello che c’era da dire, in un clima cordiale e di attento ascolto». Il verbale della testimonianza acquisita dalla polizia giudiziaria, ieri mattina, è stato secretato come atto d’indagine.
E così l’esposto di Patti sulle presunte «anomalie» alle Amministrative 2013 di Siracusa, nei moduli di presentazione della lista («la più renziana di tutte quelle in campo») dove si candidò a sostegno del poi eletto sindaco Giancarlo Garozzo (Pd) nel frattempo, non è un semplice foglio A4 per chiedere ai pm di «controllare se le firme dei sottoscrittori sono depositate in originale e se corrispondono alla reale volontà dei sottoscrittori». La denuncia del consigliere nazionale dei Verdi è già qualcosa di più. Confermata la notizia rivelata ieri dal nostro giornale: sulla Firmopoli di Siracusa è stato aperto un fascicolo contro ignoti. Il procuratore Francesco Paolo Giordano (che magari avrebbe preferito restare a fari spenti nei primi delicati giorni dell’indagine) si limita a dire che «l’esposto è all’esame dell’ufficio e si sta lavorando assieme alla polizia giudiziaria».
Il primo passo di questo lavoro – in attesa del sequestro degli atti all’ufficio elettorale del Comune, a questo punto sempre più probabile – è stato ascoltare, ieri mattina, per oltre un’ora, l’autore dell’esposto. Patti era candidato, come capolista, proprio con “Rinnoviamo Siracusa Adesso!” (che ha espresso tre consiglieri, tutti confluiti nel gruppo del Pd), sulla quale adesso esprime «legittimi dubbi su alcune anomalie», dopo aver visto tutto l’incartamento.
Ma di cosa si tratta? «Chi ha fatto politica – spiega l’esponente dei Verdi – avrà fatto almeno una volta un banchetto in piazza o una raccolta di firme per un’elezione. Quei moduli hanno un vissuto, una storia. I bordi consumati, l’alone delle macchie di caffè… Questi, che ho visto io, erano troppo immacolati. Sono vergini. Sin troppo».
Ma potrebbero sembrare fotocopiate? «Questo non lo so. Ma so che, non essendo un simbolo rappresentato all’Ars, si dovevano raccogliere circa 750 firme a sostegno. Probabilmente i tempi tecnici non c’erano, visto che io accettai la candidatura, a condizione di fare il capolista, a poche ore dalla scadenza del termine, quando la lista era già stata preparata con tutti i candidati in rigoroso ordine alfabetico». Patti era già in pista da marzo 2013 come sindaco con una lista ambientalista molto orientata a sinistra, ma poi fece un passo indietro e decise di appoggiare Garozzo la lista ora da lui stesso “incriminata”. Dopo la mancata elezione restò vicino all’Amministrazione, rivestendo per pochi mesi il ruolo di consulente gratuito. Poi, all’inizio del 2016, qualcosa si ruppe. «Nessun litigio: il mio è stato un allontanamento dal sindaco Garozzo, perché ha tradito il suo programma elettorale», motiva Patti. Aggiungendo: «L’essere stato consulente per la variante del Prg mi ha fatto capire la reale mancanza di volontà di procedere a una vera revisione urbanistica della città». Ma allora perché soltanto adesso, tre anni dopo le Comunali, arriva l’esposto? «La frase che mi frullava in testa – racconta Patti – è quella che mi fu detta nel momento dell’accettazione della candidatura: “Ci hai fatto fatto fare nottata”. Come diceva mia nonna: la mente è un filo di capello. Mi è scattata la molla dopo i casi dei 5stelle a Palermo e a Bologna. E ho voluto togliermi dei dubbi».
A Palazzo Vermexio, ieri, non si parlava d’altro. Ma l’inquilino più importante non fa una grinza: «È alquanto strano che Patti si ricordi di questo episodio soltanto adesso», ironizza Garozzo. Che si tira fuori dalle responsabilità dirette: «Non mi sono mai occupato della presentazione delle liste a mio sostegno e delle relative raccolte firme». Ma, quando si parla del candidato oggi accusatore, il sindaco non risparmia dettagli: «Dopo la sua mancata elezione mi chiese di tutto: un assessorato, la presidenza dell’Area marina protetta del Plemmirio, incarichi professionali. Ma non non ho potuto rispondere. Poi, un giorno, si dimise da consulente senza dirmi niente. Da quel momento è un mio nemico giurato. Se qualcuno volesse chiedermi chi è l’architetto Patti, sono pronto a spiegarglielo. In qualsiasi momento».
Ma, al di là delle ruggini fra i due, l’oggetto dell’indagine non sono le polemiche. Ma le carte. A partire dai documenti di sottoscrizione della lista renziana. Abbiamo avuto modo di consultarli, rendendoci conto che alcuni dei dubbi espressi da Patti sono plausibili. Eppure c’è anche un altro elemento che emerge, spulciando le carte. E riguarda le firme. In numerose pagine – abbiamo consultato decine di moduli diversi – la grafia, anche all’occhio di un non specialista, appare uniforme per gli autografi di tutti i sette sottoscrittori inseriti in ogni foglio. L’inclinazione, l’andatura, gli spazi, il modo di scrivere alcune lettere: sembra tutto molto simile.
Anche Stefano Zito, deputato regionale del movimento 5stelle, ha avuto un contatto ravvicinato col faldone all’ufficio elettorale. «C’era arrivata una segnalazione e dunque ho chiesto e ottenuto l’accesso agli atti, potendone fotocopiare alcuni. Ci siamo già rivolti a un perito grafologico, che ci farà una relazione». Zito resta abbottonatissimo, pur ammettendo che «già a occhio nudo, sulla matrice di quelle firme abbiamo più di un dubbio». Lo stesso che potrebbe avere qualche cittadino che non ricorda di aver firmato un modulo con Patti capolista. E che magari, rivedendo oggi il foglio con la sottoscrizione, potrebbe non riconoscere la propria firma. Come si dice: ogni cosa a suo tempo, c’è tempo per ogni cosa.
Twitter: @MarioBarresi