MILANO – «Denis mi scrive le dichiarazioni che avrei dovuto rendere nel processo a suo carico a Messina per finanziamenti illeciti». Sono le parole messe a verbale lo scorso dicembre nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano sul falso complotto-depistaggio Eni da Pietro Amara, l’ex avvocato esterno siracusano, del gruppo arrestato nel 2018 e che ha patteggiato 3 anni. Parole riportate nel decreto di perquisizione eseguito ieri dalla Gdf e che si riferiscono a un “appunto manoscritto in originale redatto” da Verdini, esponente di Ala e consegnato ai pm milanesi dal legale siciliano.
Nell’atto del procuratore aggiunto Laura Pedio e del pm Paolo Storari, si legge non solo che «nell’attività di depistaggio è stata strumentalizzata anche l’attività parlamentare», ma pure che «Amara ha aggiunto che molto di recente, attraverso Denis Verdini, gli è stato nuovamente proposto di scaricare la responsabilità del finto complotto su Massimo Mantovani», l’ex capo dell’ufficio legale del gruppo, «e Vella» (Antonio, ndr), l’ex numero due tra gli indagati per corruzione tra privati. Infatti in uno dei tre interrogatori dello scorso mese (12 dicembre) Amara ha affermato che Verdini gli avrebbe ribadito “che qualora avessi parlato della vicenda Eni avrei dovuto sostanzialmente dire che Vella e Mantovani volevano salvare Descalzi ed erano i reali ispiratori della manovre sia di quella “olio di palma” che del “complotto”».
Quanto all’ipotizzata strumentalizzazione dell’attività parlamentare il decreto riporta uno stralcio dell’interrogatorio di Amara (6 dicembre): «ho incaricato un senatore di Ala, Lucio Barani, presidente del gruppo di Ala, a depositare un’interrogazione parlamentare diretta a costituire una commissione di inchiesta per far luce sul complotto ai danni dei vertici Eni.(..) Ribadisco che l’interrogazione parlamentare», acquisita dalla magistratura, «era funzionale a far istituire una commissione di inchiesta che si occupasse delle vicende di Milano e di Siracusa».
In merito alla vicenda dell’inchiesta sul falso complotto-depistaggio, Eni interviene esprimendo la propria posizione: Eni, in merito ai provvedimenti emessi giovedì dalla Procura della Repubblica di Milano, desidera anche confermare la propria stima nei confronti degli attuali dirigenti interessati. Eni tiene a evidenziare con grande sconcerto che le accuse alla base dei provvedimenti presi sono state formulate da Piero Amara e Giuseppe Calafiore, soggetti pluripregiudicati e Vincenzo Armanna indagato sia nel procedimento relativo all’Opl245, sia in quello relativo al cosiddetto “depistaggio”. La società ricorda come, a luglio dello scorso, nell’ambito del procedimento Nigeria, sia stato depositato dal difensore di uno degli imputati un documento della Polizia giudiziaria di Torino in cui Vincenzo Armanna, in una conversazione con Piero Amara, al fine di volere estromettere alcuni manager di Eni dalla gestione delle attività nigeriane, rispetto alle quali nutriva interessi economici personali, prometteva di adoperarsi per causare l’emissione di avvisi di garanzia a loro carico da parte della Procura di Milano nell’ambito delle indagini su Opl245. È nei fatti che Armanna, immediatamente dopo, si recò alla Procura di Milano per rendere delle dichiarazioni, e tre giorni successivi alla data di tale incontro, e il giorno seguente alla deposizione di Armanna presso la Procura di Milano, furono emessi gli avvisi di garanzia nei confronti dell’AD e dell’ex AD di Eni. Fatto di estrema gravità, che conferma e va letto anche in relazione ai ripetuti tentativi di destabilizzazione della società perpetrati da Amara e Armanna, già querelati e denunciati dall’AD di Eni e dal Chief Services & Stakeholder Relations Officer della società per calunnia e diffamazione aggravata. Eni ha altresì accertato e denunciato per ogni verifica in giudizio il compimento di atti lesivi del proprio patrimonio da parte degli stessi soggetti oggi dichiaranti e di ulteriori partecipanti.
Eni è certa che gli accertamenti della magistratura inquirente, nella cui attività la società ripone assoluta ed incondizionata fiducia, consentiranno di chiarire ulteriormente l’estraneità della società e degli attuali manager interessati dal provvedimento alle ipotesi investigative avanzate allo stato. Per quanto riguarda l’ipotesi relativa al cosiddetto “depistaggio”, Eni ribadisce la fermissima convinzione di essere parte lesa e continuerà a perseguire con rinnovato vigore e determinazione nelle sedi già adite la tutela della propria reputazione nei confronti di chiunque abbia già confessato un proprio coinvolgimento o che altrimenti risulti responsabile di eventuali ulteriori condotte censurabili in danno sia alla reputazione sia al patrimonio nella assoluta convinzione che le attività di indagine in corso non potranno che convergere sugli accertamenti interni svolti e sulle azioni di Eni già in essere.