Siracusa
Ex Provincia di Siracusa, adesso si va verso lo sciopero generale
SIRACUSA – Il dovere e la necessità. E’ tra questi due estremi che si dibatte il dramma dei 520 lavoratori dell’ex Provincia, i “fantasmi” del futuro Libero Consorzio che ieri si sono riuniti in assemblea nel ventre di una sala gremita in via Brenta, per analizzare senza giri di parole lo stato di salute dell’ente e le azioni da intraprendere per gridare il loro disagio e la paura che un futuro, forse, se arriverà arriverà sfiatato e quasi esaurito.
Hanno urlato come non accadeva da tempo, gli Rsu, hanno chiamato quasi per nome uno ad uno i presenti guardandoli negli occhi e interpellandoli su cosa si voglia fare, se lo sciopero generale che aleggia sui tetti dell’ex provincia sia un progetto fattibile o solo il colpo di coda estremo.
Perché appunto è tra dovere e necessità che ondeggia la volontà dei dipendenti, tra la voglia di fare esplodere la prossima settimana una manifestazione oceanica a Palermo, sotto il palazzo del Governo, fregandosene delle possibili accuse di interruzione di pubblico servizio e le conseguenze di una ribellione che potrebbe costare loro posto e futuro.
Lo sapeva ieri Letizia Ragazzi, Rsu Cisl, in piedi sul palco a sbraitare che chi si lamenta e non agisce andrebbe preso a calci nel sedere fino al cuore del capoluogo siciliano «anche perché l’ultima volta che siamo andati in 120 a Palermo, un sacco di persone hanno chiesto le ferie» ha stigmatizzato «e per questo devono vergognarsi a chiamarsi colleghi». La frase fatidica, che fa venire il mal di pancia a chi non vuole essere licenziato ma eppure vuole gridare la propria ribellione per 3 mesi di stipendio arretrato è “blocco dei servizi”, l’estrema ratio di una battaglia che rischia davvero di aprire una falla nel futuro lavorativo di tutti.
Una trasferta di fuoco fin sotto il palazzo dei Normanni per spingere a che la Finanziaria regionale tenga conto anche di loro, i 520 diretti e i 104 della partecipata Siracusa Risorse. Una giornata di protesta rumorosissima che però dovrà passare al vaglio della legge «perché siamo pubblici dipendenti e abbiamo responsabilità» si sono disperati in tanti «e non possiamo farlo senza le dovute tutele. Le leggi sono sempre più stringenti, e rischiamo davvero il posto di lavoro». E’ così che ieri si è consumata la mattinata, tra la spinta ad agire e il timore di compiere un passo falso. «L’anno scorso siamo rimasti 5 mesi senza stipendio – ricorda Ragazzi – e le cose si sono sbloccate soltanto grazie ad un intervento straordinario della Regione. Adesso i mesi sono già 3, e il timore è che il primo stipendio possa arrivare tra giugno e luglio».
Da qui lo sciopero generale da far esplodere forse già la prossima settimana «potremmo addirittura bloccare i servizi dell’Ente – prevede Ragazzi – e stazionare con le tende sotto il palazzo del Governo regionale fino a quando non capiremo cosa c’è in ballo per noi nella Finanziaria». Non solo: «Depositeremo alla Corte dei Conti atti amministrativi dell’ex Provincia Regionale, che attestino usi e abusi. Spese pazze e allegre che non fanno giustizia all’impegno dei lavoratori dell’ente».
Armi da condurre con sé a Palermo in una possibile battaglia i cui contorni sono ancora fumosi, proprio perché i lavoratori stanno cercando la quadra tra la necessità della protesta e la liceità dei servizi da erogare «cosa che non abbiamo mai smesso di fare nonostante le difficoltà – precisa Gianni Rizzotto, Rsu Cgil – Siamo coscienti dell’incarico che ricopriamo e delle responsabilità, ma coscienti fino a un certo punto. Le nostre famiglie si stanno indebitando di nuovo. La politica usa i verbi al futuro, “faremo, vedremo, cambierà”, ma non ce la facciamo più. Le nostre necessità parlano al presente. Siamo a marzo, e ancora non abbiamo visto un solo stipendio che riguarda il 2017. Dobbiamo trovare come protestare con forza senza incorrere nell’interruzione di pubblico servizio. Ma qualcosa faremo. Fosse anche occupare di nuovo la sede di via Roma».
Intanto, mentre i lavoratori continuano a dibattersi tra i due estremi, necessità e dovere, la preoccupazione sale: «Siamo messi peggio di prima – ammette Emanuele Miceli, Rsu Uil – anche perché rispetto alle altre Provincie, noi abbiamo anche un buco di bilancio di quasi 200 milioni. Non c’è più tempo. Siamo sul baratro».
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