Emanuele Scieri, gli ex caporali della Folgore condannati pure in appello (anche se con pene ridotte): fu omicidio

Di Redazione / 11 Dicembre 2024

La Corte d’assise d’appello di Firenze ha confermato la condanna per gli ex caporali della Folgore Alessandro Panella e Luigi Zabara, accusati di omicidio volontario aggravato in concorso per la morte di Emanuele Scieri, il 26enne allievo paracadutista della brigata Folgore trovato cadavere ai piedi di una torre di prosciugamento dei paracadute il 16 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa, tre giorni dopo il decesso.

Sulla base del ricalcolo delle pene, i giudici d’appello hanno inflitto, con la sentenza emessa oggi, una condanna a 22 anni di reclusione (in primo grado erano 26) per Panella, e a 9 anni, 9 mesi e 10 giorni (anziché 18) per Zabara. La Procura generale aveva chiesto condanne in secondo grado a 24 anni per Panella e a 16 per Zabara. Confermate le provvisionali dei danni per la famiglia.

In aula alla lettura della sentenza era presente solo Zabara. I due imputati, che si sono sempre dichiarati innocenti, tramite i loro avvocati, faranno ricorso contro la nuova sentenza di condanna una volta lette le motivazioni che verranno depositate entro 90 giorni.

Il caso Scieri è stato riaperto nel 2017 dalla Procura pisana guidata allora dal procuratore capo Alessandro Crini, arrivando alla sentenza di primo grado il 13 ottobre 2023. Secondo la ricostruzione della Procura, l’allievo parà dovette prima sottostare ad atti di nonnismo da parte degli “anziani” presenti in caserma nonostante si trovassero formalmente in licenza.

I due imputati, con un terzo commilitone Andrea Antico (assolto con rito abbreviato in primo grado e poi in appello il 28 febbraio 2024), la sera del 13 agosto del 1999, dopo averlo fatto spogliare e dopo averlo picchiato, avrebbero obbligato Emanuele Scieri a salire sulla torre di asciugatura dei paracaduti e poi avrebbero fatto pressione con gli scarponi sulle nocche delle sue dita.

Di qui la caduta a terra della recluta e la fuga dei caporali, procurandogli così la morte: da qui la contestazione di omicidio volontario, perchè l’ipotesi di omicidio preterintenzionale si è prescritto nell’agosto 2017. Secondo le perizie, il giovane morì dopo qualche ora di agonia ed un soccorso immediato avrebbe potuto salvarlo.

Emanuele Scieri, nato e residente a Siracusa, laureato in giurisprudenza, aveva 26 anni quando venne chiamato sotto le armi nel luglio del 1999 e stava già svolgendo pratica in uno studio legale. Finito il Car (il centro addestramento reclute) a Firenze, Scieri venne trasferito alla caserma Gamerra con altri commilitoni il 13 agosto. Dopo aver sistemato i bagagli in camerata uscì insieme ad altri coetanei per una passeggiata nel centro di Pisa e rientrò in caserma alle 22.15, ma al contrappello delle 23.45 non rispose.
Nonostante diversi colleghi riferirono all’epoca che fosse tornato in caserma, Scieri venne dato per non rientrato: a quell’ora probabilmente era già morto o agonizzante. Il cadavere restò ai piedi della scala di una torre di asciugatura dei paracaduti – posto solitamente frequentato dagli “anziani” della caserma – per tre giorni. Solo il 16 agosto venne ritrovato il cadavere.

«Per il dolore provato in questi anni, non importa sia stata ridotta la pena ma che sia stata affermata la penale responsabilità dei due imputati», ha detto Francesco Scieri, fratello maggiore di Emanuele, presente oggi nell’aula 32 del palazzo di giustizia di Firenze.
Zabara, ha anche aggiunto Francesco Scieri, «oggi si è avvicinato non per porgere le sue scuse ma per dirmi che quella sera non era nella caserma Gamerra. Mi spiace ma non posso credere alle sue parole: la sentenza di oggi conferma che lui e Alessandro Panella, ritenuti dalle testimonianze i più violenti, erano lì».
Non è soddisfatto delle sentenza l’avvocato Andrea Di Giuliomaria, difensore di Zabara: «L’obiettivo non era la riduzione della pena, ma la sentenza di assoluzione per estraneità al fatto. Aspettiamo la motivazione e poi valuteremo ovviamente il ricorso per Cassazione. Lo ripeto: la riduzione della pena non ci interessa».

Condividi
Pubblicato da:
Fabio Russello