«Basta coi soliti canti. È tempo di cambiare, di rinnovare canto liturgico e musica sacra. Ma senza scadere in banalità». Sono parole di Papa Francesco, pronunciate ieri davanti ai partecipanti al convegno internazionale di musica sacra organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura su “Musica e Chiesa: culto e cultura a 50 anni dalla Musicam Sacram”. Parole che sono rimbombate forti in tutta Italia e soprattutto a Noto, in una delle diocesi più a Sud d’Italia e tra le più lontane dal Vaticano. Perché lì c’è il vescovo mons. Antonio Staglianò che sembra quasi aver anticipato questo pensiero di Papa Francesco: è ormai da quasi 3 anni che durante le omelie prende in prestito le parole di brani famosi e attuali per parlare di Gesù e dei problemi della società che ci circonda.
Le “cantilla”, come ha più volte spiegato lui stesso. Lo fa perché gli permettono di attirare l’attenzione, di spiegare qualcosa che magari non si prende nella giusta considerazione con parole che riecheggiano dappertutto. Tv, internet o social che siano. Certo, le frasi di Papa Francesco non dicono espressamente che bisogna prendere i brani di Sanremo e leggerli al posto del Vangelo durante la messa, ma comunque sembrano aprire le porte a qualcosa di nuovo. Sicuramente qualcosa di più attuale. «È necessario fare in modo che la musica sacra e il canto liturgico siano pienamente “inculturati” nei linguaggi artistici e musicali dell’attualità – ha detto Papa Francesco -. Che sappiano, cioè, incarnare e tradurre la Parola di Dio in canti, suoni, armonie che facciano vibrare il cuore dei nostri contemporanei, creando anche un opportuno clima emotivo, che disponga alla fede e susciti l’accoglienza e la piena partecipazione al mistero che si celebra. L’incontro con la modernità e l’introduzione delle lingue parlate nella liturgia ha sollecitato tanti problemi: di linguaggi, di forme e di generi musicali. Talvolta è prevalsa una certa mediocrità, superficialità e banalità, a scapito della bellezza e intensità delle celebrazioni liturgiche». A questo dovranno pensarci musicisti e compositori, direttori e coristi di scholae cantorum e gli animatori della liturgia.
A questo, da tempo, sta già pensando anche mons. Antonio Staglianò, che ieri ha saputo delle parole pronunciate da Papa Francesco anche da un (nostro) messaggio whatsapp, mentre raggiungeva Pachino per una tappa della visita pastorale. Era atteso dalla di parrocchie di San Giuseppe, Madonna di Pompei e Santi Pietro e Paolo. E chissà che non le abbia messe già in pratica. «Papa Francesco con questa affermazione – commenta mons. Staglianò – è stato assolutamente coerente con la sua prima esortazione apostolica (“Evangelii gaudium”), in cui parla di una Chiesa in uscita. In uscita non soltanto dai templi o dalle sagrestie, ma anche dagli schemi liturgici che stanno ingessando le iniziative ecclesiastiche. Penso che Papa Francesco voglia richiamare l’attenzione anche sulla formazione in seminario, dicendo che bisogna guardare alle nuove tendenze e ai nuovi generi musicali per avvicinarsi di più alla gente, ai fedeli». Sono passati quasi 2 anni da quell’omelia cantillata durante le cresime a Scicli, altro vicariato che appartiene alla diocesi di Noto. Quella volta mons. Staglianò (al quale piace di più farsi chiamare don Tonino) prese in prestito le parole di Noemi in “Vuoto a perdere” e di Marco Mengoni in “Essere umani”. Adesso continua a farlo affidandosi a Francesco Gabbani e Fiorella Mannoia, ma nel frattempo ha già avviato un laboratorio personale sul rapporto tra predicazione e cantillazione che lo ha portato anche a scrivere un libro dal titolo “Credo negli essere umani, la buona novella pop” e anche qualche brano, che puntualmente condivide via social, prima, e durante le omelie dopo. Sì perché don Tonino è uno di quei vescovi che a queste cose ci tiene, perché la Chiesa in uscita è anche questa. Che piaccia o meno. Intanto mancano 5 domeniche a Pasqua e come tradizione mons. Antonio Staglianò presiederà la veglia notturna nella cattedrale di Noto, pronto a prendere “in parola” le parole di Papa Francesco.