Vita da studente all’estero nel cuore degli Usa “Qui conta solo lo sport e non hanno idea dell’Europa”

Di Redazione / 16 Gennaio 2024

Per Federico Turrisi, catanese, 18 anni a ottobre, la parola per descrivere la sua attuale esperienza in una scuola degli Stati Uniti è sicuramente “shock”. «In negativo e in positivo», precisa. Studente del liceo classico Cutelli di Catania, dall’agosto 2023 si è ritrovato in una cittadina di 2000 abitanti nel cuore del Kansas chiamata “Seneca” per frequentare un anno di scuola all’estero nella Nemaha Central High School. Un’esperienza – come racconta – completamente diversa, da tutti i punti di vista, sociali, culturali, scolastici.
«Qui Seneca non sanno nemmeno chi sia – dice al telefono buttato giù dal letto – mi è stato risposto “Sì, certo che lo conosciamo, è un cantante contemporaneo…”. L’unica cosa che interessa ai ragazzi è lo sport».
Perché hai scelto gli Stati Uniti?
«Sapevo che c’era questa possibilità di frequentare una scuola all’estero durante il quarto anno ed ero propenso a farla in America perché sono interessato allo sport e qui, diversamente che in Italia lo venerano. Poi mi incuriosiva il sistema scolastico che è completamente diverso da quello italiano ed ero attratto dai film e dalle serie tv che raccontano la vita quotidiana negli Stati Uniti. Mi sono reso conto che sapevo molto poco».
Per esempio?
«Sembra una stupidaggine ma, per esempio, gli orari dei pasti. Si fa colazione alle 10, poi ancora alle 16 e poi basta, se vuoi ti prepari qualcosa da solo. Non c’è l’abitudine italiana di sedersi a tavola. Sono ritmi molto diversi ma mi sono abituato».


Uno shock proprio negativo?
«I ragazzi sono curiosi nei miei confronti, ma escono veramente poco, solo nel weekend, e io trascorro molto tempo da solo, non sono persone che coinvolgono tanto gli altri».
E l’impatto con la scuola qual è stato?
«I primi giorni sono rimasto a bocca aperta. Qui la scuola la prendono come un gioco, ragazzi e insegnanti. A loro non importa la “Cultura” per come la intendiamo noi in Europa. È un metodo di fare scuola molto semplice, io non vivo più l’ansia dell’interrogazione, ma non faccio scuola “vera” da mesi».
Meglio il metodo americano o italiano?
«Secondo me ci vorrebbe un mix fra l’uno e l’altro».
Però ti sei scoperto un campione di football americano…
«Sapevo che in questa scuola lo praticavano, ma non era nelle mie intenzioni. Il secondo giorno di scuola ho chiesto all’allenatore se potevo entrare in squadra. Ho fatto dei provini e per caso mi hanno messo nel ruolo di “kicker” (il giocatore che nel football americano calcia la palla fra i pali della meta ndr) cosa per gli americani molto difficile perché qui nessuno sa dare calci a un pallone, e mi hanno preso subito. Da lì mi sono inserito in squadra, sono diventato il miglior kicker di tutta la lega e addirittura con la mia squadra “The Thunders” abbiamo vinto il campionato nazionale del Kansas».


Com’è la vita sociale in questa cittadina di duemila anime?
«Non c’è niente. Solo i classici quartieri americani con le case una dopo l’altra, una via principale con qualche negozio di arredamento, un bar, un ristorante cinese, il McDonald’s. Non c’è una piazza, un luogo d’incontro, una pizzeria… I ragazzi fanno dei giri in macchina, che qui si guida dai 14 anni, in tondo per la città. I primi giorni mi hanno portato con loro, dopo tre giri nel quartiere ho chiesto “ma dove stiamo andando?”».
E la vita in famiglia?
«Di noi europei hanno una visione molto stereotipata. Mi hanno chiesto molte volte se in Italia esistesse il Natale e quando ho risposto di sì sono rimasti sorpresi, per loro l’Italia o l’Islanda sono la stessa cosa, la Francia e la Spagna sono l’una capitale dell’altra. Geograficamente non hanno idea».


L’arte? I Greci, i Romani, Michelangelo, Leonardo?
«Non hanno idea. Io sono uno studente senior, all’ultimo anno, e non mi sono mai imbattuto in materie tipo storia dell’arte o storia greco-romana, l’unica storia che conoscono è quella americana dalla prima guerra mondiale in poi».
La tua giornata tipo?
«Mi sveglio alle 7, faccio colazione abbondante – e in Italia non ne facevo mai – con uova, bacon etc. etc. – vado a scuola a piedi e sto lì fino alle 15. Finite le lezioni inizio a fare sport, ho fatto football fino all’autunno poi è arrivato il freddo e adesso mi dedico a basket e lotta libera».
A maggio terminerà questa esperienza, cosa ti porterai dietro?
«Mi sto rendendo conto che non ho bisogno di nessuno. Non in senso egoistico, ma nel senso che in certi momenti hai solo te stesso per andare avanti. Magari c’è il giorno in cui non ne puoi più e vuoi tornare a casa, vuoi la mamma, vuoi un abbraccio dei tuoi familiari e non lo puoi avere, ma qui non ci sono pause, non puoi fare assenze, a scuola come nello sport. Tutti i giorni sono gli stessi è un loop continuo in cui ti devi fare forza. Ecco, mi sto rendendo conto di quanto io sia forte, di quanto l’essere umano sia una “macchina da guerra”. Ovviamente questa è un’esperienza bellissima ma ciò non toglie che io viva momenti di difficoltà. In quei momenti ti dici “non ce la faccio, basta”, ma poi invece ce la fai».


Quando rientrerai a Catania ?
«A maggio-giugno 2024 per riprendere le lezioni al Cutelli. Dovrei fare una specie di test d’ammissione per l’ultimo anno di liceo e poi la maturità nel 2025».
Il cibo che ti sogni la notte?
«La pizza. Perché qui la fanno anche peggio di quella surgelata del supermercato. È un insulto chiamarla pizza, soprattutto quella che danno a scuola».
Anche qui come nei film? Il vassoio multisezioni con le gelatine colorate e il brick del latte?
«Sì uguale. A casa non è meglio, verdure in scatola e pezzi di carne grassissima. Da metà ottobre ho deciso di cucinarmi da solo a casa».
La tua specialità?
«Pasta tonno e pomodoro».
Da grande che farai?
«Non ne sono molto sicuro, mi intriga il corpo umano dal punto di vista psicologico, ma in Italia questa strada non porta a tanto, mentre qui negli Usa è un lavoro rinomato. In ogni caso mi vedo in viaggio per lavoro. Oppure chissà, grazie al football prenderò una borsa di studio e farò il College qui, vedremo. Prima dovrò completare l’ultimo anno di scuola a Catania».
c.greco@lasicilia.it

Condividi
Pubblicato da:
Carmen Greco