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Un ammiraglio siciliano a capo delle Forze Aeree della Marina italiana: «La nostra isola strategica nello scacchiere»

Giancarlo Ciappina, nell’Indo-Pacifico guida la più grande esercitazione congiunta mai eseguita in acque così lontane

Di Elena Giordano |

La Marina russa – è di ieri la notizia – effettua prove di battaglia navale nel Mar Mediterraneo, Mario Draghi, in Europa, allerta i governi affinché si dia il via nel concreto, attraverso investimenti congiunti, a una Difesa comune che plachi l’ansia sempre più dilagante nelle popolazioni delle democrazie occidentali e le Forze Armate di venti marine internazionali sono dispiegate nel mare dell’Indo-Pacifico e sono comandate da un Ammiraglio italiano – siciliano per l’esattezza – che ora sta navigando dall’Australia verso Giacarta. È la prima volta che si effettua (in esclusiva con La Sicilia, ndr) un collegamento in diretta dalla portaerei italiana Cavour e da un mare così lontano. Giancarlo Ciappina, palermitano classe 1972, capo delle Forze Aeree della Marina Militare Italiana, con il suo Career Strike Group è alla guida della più grande esercitazione congiunta mai avvenuta da quelle parti per la missione internazionale “Pitch Black”, che vede protagonista la nostra nave portaerei e 140 aerei di varie linee.

Ammiraglio, pensa che i Paesi occidentali abbiano abbastanza anticorpi per difendersi da questo senso di insicurezza cresciuto in due anni e mezzo di guerra in Ucraina?«La paura è normale quando osserviamo un sistema internazionale sempre più caratterizzato da crisi e conflitti, lo vediamo a casa nostra, l’abbiamo visto in Ucraina, quando non pensavamo mai che la guerra si potesse rimanifestare nel nostro Continente, eravamo tutti quanti convinti che fossero ricordi lontani. Guardiamo quello che sta succedendo in Medio Oriente, una continua recrudescenza di crisi ed è per questo che noi dobbiamo essere pronti a difendere i nostri spazi marittimi. Guardi, il fatto di essere già in mare, di poter intervenire in qualsiasi momento, di spostare navi da una zona all’altra del globo ai fini della sicurezza, è per noi della Marina Italiana uno dei ruoli principali. Ecco perché dobbiamo cercare di sfruttare ogni occasione utile con le marine alleate per metterci insieme e fare quello che le forze armate sono chiamate a fare, cioè difendere sempre gli interessi nazionali. Lo abbiamo sempre fatto, addestramento, training militare, la presenza di una nave e di un Carrier Strike Group, che è la massima espressione di capacità militare che la Marina può esprimere, esercita un’azione di rassicurazione e insieme di deterrenza perché dimostriamo di poter portare ovunque sia necessario una capacità militare molto spinta e avanzata».

Un’occasione anche per testare gli F35?«Tra gli obiettivi concreti della missione, uno dei principali era proprio crescere con il dispiego degli F-35B, che sono la versione a decollo corto e atterraggio verticale. La Marina Italiana adesso ne possiede sei, sono gli aerei che dovranno sostituire gli Harrier (AV-8BII Plus)».

Siamo solo in tre a possederli, l’Italia, Inghilterra e Stati Uniti, è corretto?«Sì. Adesso siamo in tre. C’è un cambio generazionale, questa campagna ci ha dato la possibilità di provare gli F-35 in un contesto multinazionale molto realistico, con dei poligoni aerei molto grandi, che sono degli scenari che in Europa è impossibile replicare, perché gli spazi aerei sono molto congestionati. Addestramenti avanzati a fianco dell’Aeronautica italiana e lavorando con le portaerei americane, la Lincoln prima che se ne andasse in Medio Oriente e con l’Eisenhower quando siamo passati dal Mar Rosso. Lo faremo nuovamente con la Marina inglese, opportunità, insomma, che ci permetteranno di crescere nell’impiego di questi aerei di quinta generazione, caratterizzati da una “bassa osservabilità”, che significa non facilmente visibile dal nemico e che permette di esercitare un vantaggio perché il pilota può dedicare la sua attenzione all’impiego del sistema d’arma del veicolo, a farlo combattere, invece che portare il mezzo».

La guerra in Ucraina ha cambiato tutto, gli scenari geopolitici, le priorità dei singoli Paesi, si sta ricreando uno scenario dei due blocchi, da guerra fredda?«Noi non ci facciamo queste domande, ci prepariamo, innanzitutto, alla cooperazione con altre forze armate, a condividere informazioni in maniera sempre più sofisticata e allo stesso tempo a rassicurare i nostri partner e i nostri alleati. Ricordiamo che la Marina Italiana ha anche un suo ruolo storico che è quello della diplomazia navale, noi supportiamo gli alleati e i partner ovunque sia necessario, ma siamo anche bravi nei rapporti di promozione della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Cosa che abbiamo fatto in questi mesi con il Giappone».

Tutto è interconnesso, soprattutto via mare.«Se lei considera la dimensione marittima, tutte le regioni sono connesse. Voglio dire che ciò che accade nel Mediterraneo, per esempio, o nel Mar Rosso dove i traffici mercantili sono minacciati dagli attacchi degli Houti, ci impone di muoverci per mantenere tutte le linee di comunicazione aperte. La libertà di navigazione per noi è fondamentale, parlo del Mediterraneo allargato, ma anche di una regione così vitale come quella dell’Indo-Pacifico, monitorando anche quello che accade nel Golfo di Guinea, dove c’è ancora un fenomeno di pirateria o nel Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano occidentale dove siamo sempre presenti con una nave. Non dimentichiamo il Baltico e il Mare del Nord, dove siamo a protezione degli spazi aerei euroatlantici».

Lei comanda tutte le forze aeree della Marina, dunque anche le basi siciliane, che sono postazioni importantissime.

Rientrando dalle scuole di volo degli Stati Uniti, mi sono addestrato a Catania, a Maristaeli, che rispetto alle altre basi delle forze aeree della Marina ha una vocazione formativa ed è la base che dedichiamo alla formazione degli equipaggi di volo. Questa base in Sicilia, che è proiettata al centro del Mediterraneo, ha ruolo strategico perché l’Isola si trova nel cuore quindi, laddove ci sono tutti i traffici vitali. Augusta è la base più avanzata per dare supporto alle navi della Marina italiana, ma anche ai nostri alleati della base di Sigonella. Lì teniamo le forze da pattugliamento costiero che include tutte le navi che vanno a fare la vigilanza e proteggere i nostri pescherecci che non vengano minacciati da altri Paesi costieri. Le forze aeree supportano questa azione insieme al distaccamento che abbiamo mantenuto a Pantelleria, che è ancora più al centro di questi traffici sensibili».

Lei è adesso ai vertici delle Forze Aeree, ma vola ancora?«Certo che sì, al ritorno dalla missione, a novembre, verrò a Catania per volare con l’elicottero SH212, al di là del piacere bisogna sempre motivare i propri uomini».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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