Tony Sperandeo: «La mafia? Deve cambiare prima la nostra mentalità»

Di Ombretta Grasso / 28 Agosto 2024

Sguardo da duro, viso spigoloso, diretto come una mitragliata, “imprigionato” nello stereotipo del mafioso – «ma sono stato poliziotto per sette stagioni de “La squadra”, magistrato, infermiere e quattro volte prete», sottolinea – alle spalle 124 film, da “I 100 passi” a “Incastrati” di Ficarra e Picone, premiatissimo, Tony Sperandeo è in cucina a preparare il pranzo. Con lo spettacolo “Con quella faccia un po’ così” sarà stasera alle 20.30 a Randazzo, a Feudo Vagliasindi, in collaborazione con cantine Al-Cantara.


Sperandeo, la chiamo per la pagina “Sicilia secondo me”…
«Allora inizio subito con un esempio – interrompe – Arancina o arancino? Palermo o Catania? Quanto mi dà fastidio! – sbuffa – perché io dico sempre che prima di essere palermitani catanesi messinesi trapanesi ragusani nisseni agrigentini siracusani ennesi noi siamo siciliani. Quando capiremo che significa essere siciliani e smetteremo di farci la guerra tra di noi, avremo una Sicilia più all’avanguardia, avremo le infrastrutture. Perché ci saremo rotti le palle di essere governati da questi politici. Perché di qualsiasi colore o componente politica sono eletti u risultatu è sempri chiddu: si attaccano il culo alla sedia e buonanotte ai suonatori. Per quanto riguarda arancina/o è una minchiata, mi scusi il termine. Non è catanese ma manco palermitano. Arancina/o è nato tra Messina e Villa San Giovanni. E nuauci ni facemu a guerra piessa pi stari appressu a sti fissaria!!!».

Perché siamo sempre in guerra tra di noi, chiusi in fazioni, in campanili?

«Perché questa regione è una puttana. Arabi, normanni, francesi, greci, saraceni, tutti sono passati da questa grande Sicilia e il popolo si è sempre adeguato, come si è adeguato alla politica. A testa chidda è. Noi vogliamo essere diretti,ni lamentamu però non vogliamo fare niente».


Interpreta Totò Riina nel film “La rieducazione” di Grimaldi, è possibile rieducare i siciliani?

«I siciliani? Sì certo. Ma ci vogliono anni luce. Ho fatto 124 film e in una settantina sono un mostro. Sperandeo muore nella finzione, i mafiosi, quando muoiono, è per sempre. Nel mio spettacolo ho scritto un pezzo su un mafioso che viene ucciso e ripercorre in un secondo tutta la sua vita di merda, si sentiva immortale e capisce che ha sbagliato tutto. Questo lo dovrebbero imparare i mafiosi e finirla. I siciliani dicono che Sperandeo “ci rappresenta benissimo”. Non sono d’accordo – s’infervora – io vorrei rappresentare la Sicilia con un’immagine positiva. Sono stato poliziotto, giudice, prete ma non su ricoidda nuddu! Si ricordano Badalamenti, Riina… ma non me ne frega niente, l’importante è essere persona per bene nella vita. Anche se mi dispiace per la Sicilia».

Si è stancato della figura stereotipata del mafioso siciliano?

«Vorrei chiudere la carriera in un altro modo. Vorrei fare una cosa con le scuole, con i social in cui si può immaginare di tutto ma senza che c’entri la mafia. Questa è l’idea da percorrere».

Da “I Cento passi” qualcosa è cambiato.

«Non lo so, non ci sono più cadaveri eccellenti, ma bisogna vedere se sotto sotto ci sono altre cose. Le autorità devono fare questo lavoro. Ma secondo me prima della mafia è la mentalità che deve cambiare perché fino a quando ci sarà un picciotteddu che non vuole andare a scuola allo Zen,iene u padre e dice “vabbé tanto c’è Toto cà u sistema” non succede niente. Quando cambierà questa mentalità ci sarà una Sicilia diversa».

Arabi, normanni, spagnoli… Gli ultimi conquistatori dell’Isola?

«I politici, e di tutti i colori. Una cosa che mi dà fastidio della politica lo sa cos’è? L’opposizione di qualunque parte. Fatta solo per bloccare le iniziative, per mettere i bastoni tra le ruote. Litigano,si futtunu ‘u stipendiu e l’Italia non cresce, specie la Sicilia. Io farei due anni di legislatura senza opposizione, poi la gente si renderà conto se quel partito ha fatto bene e se vuole lo rivota, altrimenti si cambia. Con i cinquestelle tutti abbiamo creduto nel cambiamento, ma mi pare a me il cambiamento del film “L’ora legale”. Non è cambiato niente».

Sperandeo con Tuccio Musumeci ne “Il depistaggio”


Con la regia di Grimaldi uscirà il film “Il depistaggio” sul processo Borsellino.

«Sono Arnaldo La Barbera, il presunto depistatore. Ma non mi importa, faccio l’attore, sono credente, quando morirò andrò in cielo a trovare mia mamma».

Un sogno nel cassetto?

«Mi piacerebbe la regia. Oggi la fanno tutti ed è una piaga. Prima devi avere la sicurezza che il film non se lo vanno a vedere soltanto io e i parenti da zita. Oggi prendono un buon direttore di fotografia e fanno un film, ma non è questo il cinema».

A Palermo viene spesso?

«Dopo 23 anni a Roma sono tornato da settembre a casa mia. Com’è stato tornare? Mah… certe volte me ne pento».

Carmen Consoli canta “chissà se Dio perdonerà Palermo”.

«Perché Palermo? Chissà se Dio perdonerà queste persone, ca mancu di Palermo erano perché venivano da Corleone. La Consoli non l’ho mai incontrata, ma ho conosciuto Battiato, un signore, un maestro».

Tony Sperandeo nel 2001 alla conferenza stampa di presentazione de “I Cento Passi”


Ha un luogo del cuore?

«Sì, lo stadio! Nel ‘78 feci pure l’inno del Palermo. Una volta ho detto al presidente: “ma quando morirò mi sotterrate tre metri sotto al centrocampo?”. Anche sta cosa, quando c’è Palermo e Catania si grida chi non salta catanese è… Io, se c’è Palermo-Catania, applaudo. Quando non giocano con il Palermo seguo il Catania, il Messina, tifo per loro. Questo è essere siciliani, amanti della propria terra. Bisogna spiegarlo a questa nuova generazione».

La Sicilia in un piatto, in un odore, in un suono?

«Pasta che broccoli arriminati perché in cento lire di roba ammiscata ci sono i pinoli, l’uva passa, i broccoli, la carota, la polpa, l’acciuga. L’odore? In Sicilia ne siamo pieni. Io faccio il testimonial di uno street food che si chiama La Vucciria che gira al nord ogni fine settimana. Incontro ogni volta tremila persone che vengono a farsi una foto. Si mi puttassi all’elezioni cu tutti quelli ca mi canusciunu, con tutti i film che ho fatto, diventerei presidente da repubblica. Ma sono un apolitico, da sempre odio la politica».

E’ un buon cuoco? Cosa sta cucinando?

«La pasta con le patate e il sughetto di pollo che è rimasta da ieri. A me piace farmi la pasta fritta, incaciata».

Palermo è il regno dello street food, cosa le piace di più?

«Pane cà mèusa – ride – la pasta con le sarde… Vabbè m’è venuta fame, vado a friggere la pasta».

In uscita due film di Grimaldi, stasera one man show a Randazzo

Palermitano, 71 anni, attore iconico di cinema e tv, Tony Sperandeo ha iniziato con il cabaret. Sul grande schermo esordisce nel 1984 in “Kaos” dei Taviani (che lo richiamano per “Il sole anche di notte”), poi diretto da Florestano Vancini entra a far parte della serie tv “La piovra 2” e ottiene subito successo. Recita in “Pizza Connection” di Damiano Damiani e “Il pentito” di Pasquale Squitieri. Poi con Marco Risi in “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori”. Nel 2001 vince il David di Donatello come miglior attore non protagonista per la straordinaria interpretazione di Tano Badalamenti ne “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Ha lavorato con Benigni, Tornatore, Ficarra e Picone, Mazzacurati, Ricky Tognazzi, Vanzina, Pieraccioni. In tv, oltre a La Piovra, è stato in Distretto di polizia, La squadra, Ultimo, Boris Giuliano, Incastrati, I leoni di Sicilia. Ha in uscita i film di Aurelio Grimaldi “La rieducazione” e “Il depistaggio”, mentre “Una preghiera per Giuda” a settembre sarà sulle piattaforme.


Con lo spettacolo “Con quella faccia un po’ così” (e come poteva titolarsi diversamente?) sarà stasera, mercoledì 28 agosto, alle 20.30 a Randazzo, a Feudo Vagliasindi, in collaborazione con cantine Al-Cantara. Un one man show autoironico in cui alterna risate e ricordi, cabaret, aneddoti, immagini di film, battute e pezzi recitati. Chiude con un monologo su Falcone e Borsellino che non vogliono essere essere più commemorati: la tragedia è diventata una farsa, dopo 32 anni. «Fino a quando non si saprà che tipo di mafia ci ha ucciso – dicono – lasciateci riposare in pace. A noi, a Francesca Morvillo e ai ragazzi della scorta».

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Ombretta Grasso