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Salvatore Passalaqua, il “mago” dei formaggi a pasta molle che ritrovò la Tuma persa

Di Maria Ausilia Boemi |

Castronovo di Sicilia (Palermo) – Passione e caparbietà, sacrifici e amore sconfinato per la sua terra: forte di queste “armi”, ha abbandonato il panificio di famiglia, scontrandosi con il padre, per realizzare il suo sogno. Il 55enne Salvatore Passalacqua, di Castronovo di Sicilia, con l’omonimo caseificio (8 dipendenti) dove produce i suoi formaggi, in particolare la Tuma persa ma anche il Fior di Garofalo (entrambi sue “invenzioni”), è stato l’antesignano dei formaggi a pasta molle in Sicilia. E tuttora, anche se combatte con le follie burocratiche di un’Isola talvolta “matrigna”, continua con la medesima passione a mettere – letteralmente – le mani in pasta. Con la soddisfazione delle due figlie, Maria Teresa e Francesca, che ne seguono le orme.

Studi di istituto tecnico commerciale, si definisce «la pecora nera della famiglia» perché, contro il volere paterno, abbandonò l’azienda familiare. «Il mestiere di panettiere – racconta – mi stava stretto. Iniziai così giovanissimo a fare il commerciante di animali: in un viaggio in Austria per comprare delle pezzate rosse, ne acquistai 4 – apposta genealogicamente scarse – per fare loro mangiare il pascolo nella terra di famiglia. Ma queste poi partorirono e producevano tanto latte. E siccome io sono da sempre un appassionato consumatore di formaggi, una mattina mi misi a giocare: mi chiedevo infatti perché in Sicilia non riuscivamo a fare i formaggi molli come al Nord. Questo gioco – iniziato nel 1988-89 – mi sfuggì di mano, perché era complicato consumare anche tutto il formaggio che, dopo prove ed esperimenti, avevo standardizzato. Regalai allora a un distributore sulla Palermo-Agrigento che vende prodotti gourmet alcune formette e lui le vendette. Mi chiese quindi di rifornirlo stabilmente: da lì è partita l’avventura. Ho realizzato una stalla e sono arrivato ad avere un centinaio di animali nel 1990. Nel 1993 abbandonai il panificio di famiglia e questo diventò il mio lavoro principale. Allora il mio Fior di Garofalo era la prima e unica produzione di formaggio a pasta molle e crosta fiorita della Sicilia». Cominciò così la notorietà e il ritorno economico, tanto che nel 1998 il Fior di Garofalo fu inserito nell’elenco dei formaggi storici con il nome di Fiore Sicano. «Iniziò così la tradizione dei formaggi a pasta molle in Sicilia: io sono stato il primo a realizzarne uno, tanto che sono l’unico a potere chiamare questo formaggio sia Fior di Garofalo (marchio registrato) che Fiore Sicano».

Una decina di anni dopo, l’altro salto di qualità con la Tuma persa: «Roberto Rubino, massima autorità nel campo caseario, nel 1998-99 mi telefonò dall’Istituto sperimentale di Torino dove aveva trovato un opuscoletto che era un primo elenco di formaggi siciliani, redatto dal prof. Romolotti, direttore alla fine dell’Ottocento dell’Istituto sperimentale di Palermo. Nell’opuscolo si parlava di un formaggio che nessuno dei contemporanei conosceva, chiamato Cacio Bufalo nel Trapanese, Tuma perduta nell’entroterra e Cacioturc nell’area orientale. Io non ne sapevo nulla, mi chiede di indagare, ma non c’erano più testimonianze di questo formaggio. Allora Rubino mi propose di rifarlo. Così una mattina, ispirato da quello che c’era scritto nell’opuscolo, realizzai una forma di quello che poi si sarebbe chiamato Tuma persa. Ci eravamo prefissi di aprirla dopo almeno 6 mesi, ma ai 4 mesi non abbiamo resistito alla curiosità: il risultato è stato folgorante, talmente eccezionale che nel tempo – abbandonate le vacche – abbiamo realizzato lo stabilimento nuovo quasi solo per la Tuma persa. Oggi riusciamo a produrne 7-8.000 forme all’anno». La Tuma persa – prodotta rigorosamente con latte sicano («Il nostro conferitore più lontano è a 20 km: la nostra zona è il secondo polo di produzione di latte della Sicilia, con pascoli eccellenti») – ha un gusto a sé, una sintesi tra quello del canestrato e quello delle paste filate, un prodotto che al primo impatto potrebbe sembrare piccante, ma masticandolo si rivela dolce. Un formaggio che ha conquistato i mercati locali, nazionali e internazionali (Usa, Inghilterra, Belgio) tramite i canali della ristorazione gourmet e, da alcuni anni, anche della grande distribuzione.

Formaggi gourmet che rischiano però di perdersi nuovamente: dopo l’alluvione del novembre 2018, l’azienda è infatti rimasta isolata da una frana sulla provinciale 48. «L’unico modo per arrivare in azienda era un giro di 45 km, ammesso peraltro che non nevicasse». Grazie alla virale campagna online organizzata da Fud, #Savetumapersa, «la Regione, col governatore Nello Musumeci, ha fatto intervenire la Protezione civile e, il 3 gennaio scorso, ha stanziato 1.680.000 euro per risolvere il problema. Ma un paio di mesi fa ho scoperto che la Provincia, per mancanza di soldi, non aveva provveduto a redigere il progetto tecnico. Allora la Protezione civile – che durante l’inverno ci ha permesso di passare mettendo un’impresa a servizio h24 sulla frana – si è incaricata di redigere il progetto. Ma pare che ora, invece del ponte a sbalzo sulla frana, vogliano stabilizzarla». Per farla breve, ancora si valuta di chi sia la competenza e, nonostante i soldi stanziati, non è stato ancora fatto nulla. E nei guai, oltre all’azienda Passalacqua e alla sua Tuma persa, restano altre 6-7 aziende e 5 famiglie di residenti.

Nonostante ciò, Salvatore Passalacqua resta un imprenditore innamorato dell’Isola: «Mi arrabbio quando qualcuno dice che in Sicilia non si può lavorare: si può e si deve lavorare. Io ho due figlie ed entrambe hanno deciso – Maria Teresa dopo 18 materie superate all’università e Francesca dopo il diploma – di lavorare in azienda. Io sono la dimostrazione che si può fare imprenditoria in Sicilia: ho iniziato da solo con 4 vacche. Eppure, qualcosa l’ho realizzata. Ovviamente, un merito particolare va a mia moglie che ha saputo sopportarmi e supportarmi pure nei momenti in cui non c’erano neanche i soldi per la spesa. Certo, probabilmente al Nord avrei fatto meglio e prima… Certo, è difficile rispondere a mia figlia che, sottolineando che paghiamo le tasse come tutti, mi chiede perché le provinciali al Nord funzionino e qui no». Nonostante tutto, Salvatore Passalacqua, senza rimpianti, resta innamorato perso del suo lavoro: «Faccio parte di una categoria di fortunati: la mattina quando mi alzo alle 4 sorrido perché sto andando a fare ciò che mi piace». D’altronde, l’azienda è situata in un piccolo eden siciliano, che insieme con il latte e la passione nel fare i formaggi, è il terzo ingrediente che rende speciali i prodotti: «Io vivo in un pezzo di Svizzera siciliana: da ottobre a giugno qui è tutto verde, a maggio i fiori ti abbagliano con distese di cento colori».

Il progetto ora è realizzare una struttura più grande, a una decina di chilometri, sulla strada scorrimento veloce, in modo da risolvere i problemi logistici. L’azienda attuale, invece, verrà convertita in struttura dove realizzare corsi per i bambini di scuola elementare, per consentire loro mettere le mani in pasta. Perché anche delle fattorie didattiche, oggi molto diffuse, Salvatore Passalacqua è stato un antesignano, un quarto di secolo fa, convincendo con la sua accoglienza dei piccoli un recalcitrante provveditore in incognito. Anche quello un frutto dell’amore per la sua terra, che talvolta è però “matrigna” e che forse, per dirla con una battuta, per diventare madre dovrebbe «essere liberata dai siciliani».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA