Provate a osservare la vostra lavatrice. Fatto? Ora sappiate che ogni qualvolta il ciclo di lavaggio è esattamente corrispondente a quello che gli avete indicato girando una manopola o schiacciando dei tasti il merito è (anche) di un ingegnere agrigentino giramondo che, prima di diventare il capo del personale di una multinazionale americana per il mercato asiatico, ha cominciato una ventina di anni fa come ingegnere elettronico alla Whirlpool occupandosi proprio dei circuiti elettrici che collegano i comandi delle lavatrici al motore. Lui è Rosario Ciancimino e ha 51 anni. Nella sua vita tante tappe ma pure chiare: adolescenza tra San Girolamo e San Michele, quartieri del centro storico agrigentino, poi il liceo Leonardo ad Agrigento, le passeggiate al Viale della Vittoria, poi l’università al Politecnico di Milano e poi Germania, Usa, Giappone (per otto anni) e ancora Germania. Un cervello insomma fuori dal comune e una carriera costruita accettando il rischio di cambiare azienda, città (anzi, continente) e ambito professionale.
«Sì, ma lo scriva – spiega compiaciuto Rosario – che io resto legato ad Agrigento e ai luoghi dove sono cresciuto e dove ho vissuto fino a 18 anni». Scriverlo è stato un obbligo. Anche perché poi è da qui che si parte: dal legame per una terra che, soprattutto quando è lontana, ha un richiamo fortissimo verso chiunque ci sia nato. «Ora – ha poi raccontato Rosario Ciancimino – mi occupo delle risorse umane di Amway, una multinazionale Usa, e sono il responsabile per i mercati asiatici, che comprende anche l’area del Pacifico e l’India. Amway si occupa di detergenti per la pulizia, cosmetici e integratori. Ha 15 mila dipendenti in tutto il mondo, è presente in 100 paesi e ha un fatturato annuo di circa 8 miliardi di dollari. Ci lavoro da quattro anni e mezzo ma ho davvero girato il mondo». Un giro iniziato quando ancora studiava ingegneria elettronica al Politecnico di Milano. «Sono giurgintano ma posso dire – ha raccontato Rosario – che pure a Milano mi sono trovato benissimo nonostante gli stereotipi che si sentivano su quelli del Nord e sui milanesi. Io sono stato accolto benissimo, ma va detto che ognuno deve essere capace di adattarsi senza però cambiare». Filosofia, direte voi. E invece Rosario Ciancimino fa un esempio semplicissimo: «Io da ragazzo avrò visto la neve forse un paio di volte, ma i miei amici milanesi amavano andare a sciare e quindi mi sentivo escluso. Sono stati loro a insegnarmi e sono andati col mio passo fino a quando non ho imparato. Ora è una delle mie passioni e vi posso dire che la montagna vale quanto il mare».
Solo che, alla fine degli anni Ottanta, c’era un problema comune a molti ragazzi: la ricerca della propria strada fermata dall’obbligo del servizio militare. Una possibile “scappatoia” era provare a fare un’esperienza di studio all’estero: «E infatti prima ancora di laurearmi sono andato per sei mesi a Chicago, University of Illinois per una specie di master in business administration. Io studiavo roba tecnica, ma lì si studiava business. Sta di fatto che mentre ero ancora a Chicago, la Whirlpool mi aveva offerto un lavoro con la possibilità di tornare in Italia, nella sede europea a Varese. Però rimanendo negli Usa avrei potuto evitare di fare servizio militare e quindi rimasi». Ed è qui che si ritorna all’aneddoto della lavatrice e della manopola: «Ho iniziato a lavorare nel ramo della ricerca e dello sviluppo anche perché la mia tesi era relativa all’azionamento di congegni meccanici che poi facevano funzionare congegni elettronici, e quindi ebbi la possibilità di applicare i miei studi alla pratica». Progetti messi a punto a Stoccarda perché nel frattempo Whirlpool aveva rilevato il settore elettrodomestici della Philips: «Ho lavorato in un team molto globale perché c’erano americani, tedeschi, italiani, e poi lì ho conosciuto Melodie, mia moglie». Una donna che più internazionale di così non si può: americana, nata in Libano ma cresciuta tra Argentina e Cile perché i suoi genitori erano missionari americani.
Ma se uno è giramondo, si sceglie la moglie giramondo, ma soprattutto resta un giramondo. «Dopo due anni di progetti a Stoccarda sono tornato a Chicago e l’azienda decise di impiegarmi nel settore della business administration attraverso un master vero e proprio e quindi da ingegnere sono finito nel settore del marketing». Finita qui? No, di certo. La Tetrapak, l’azienda che ha inventato i contenitori di cartone per conservare latte, vino e qualunque cosa liquida e commestibile, gli chiese di diventare il direttore generale per l’Europa, con sede a Modena, per la gestione del prodotto. «Non vendevamo solo i contenitori in sé, ma anche i macchinari per realizzarli e che davamo alle grandi aziende alimentari. Siamo rimasti tre anni prima di tornare negli Stati Uniti». E qui c’è una delle prima grandi scelte di Rosario Ciancimino: «Mia moglie ha fatto carriera in Amway in Usa e Tetrapak mi chiese di guidare l’azienda in Asia con la sede a Tokyo. Avevamo comprato casa in Usa, Melodie era incinta e così decisi di andare da solo in Giappone facendo avanti e indietro con l’America. Sacrifici fino a quando mia moglie non ha ottenuto il trasferimento anche lei in Giappone. Siamo rimasti per otto anni là fino a quando Amway non mi offrì di lavorare ancora con loro per gestire le risorse umane in Asia». Ora Melodie è il direttore di Amway per l’Europa, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, Rosario per l’Asia. I due hanno anche due figli: Sofia di 14 anni e Leonardo di 8.
Talento, caparbietà e coraggio non mancano insomma a Rosario. «In tutte le cose che riesci a fare nella vita – ha detto – la fortuna ha un peso altissimo perché devi essere al posto giusto nel momento giusto. Il punto è come si reagisce alla sfortuna. Spero che i miei figli abbiamo questa consapevolezza e che abbiano la capacità di reagire alla sfortuna e alla fortuna. Quando stavo per andare a Chicago, prima ancora della laurea quando nemmeno pensavo potessero scegliere proprio me, era luglio, ebbi ad Agrigento un incidente in moto dieci giorni prima di partire. Il mio amico finì in coma, io era ferito a un ginocchio. Vedevo lui a terra immobile e io come paralizzato senza sapere che fare e come aiutarlo. Lui per fortuna si è ripreso, ma ho capito che anche se hai grandi speranze per il futuro basta un nulla per cambiarti la vita. E io non fui capace di aiutare il mio amico, non ebbi la capacità di reagire. Arrivato a Chicago decisi di vincere questa paura e mi iscrissi a un corso di pronto soccorso, feci il volontario con le ambulanze per cinque anni».
L’ufficio di Rosario Ciancimino è a Monaco di Baviera, ma – fatto salvo il 2020 caratterizzato dalla pandemia – è una base virtuale perché viaggiare, incontrare, organizzare e coordinare, si fa di presenza e quindi è continuamente in viaggio. E Agrigento? E la Sicilia? «Rientro una volta l’anno – spiega sospirando Rosario –, più spesso a Natale ma se posso anche d’estate. I miei figli sono legatissimi ai cugini agrigentini e poi c’è anche mia madre».