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Raffaele Gintoli, il sarto ragusano “ambasciatore” del made in Italy all’estero
Ragusa – Tra forbici e spilli, gessi e cartamodelli, Raffaele Gintoli c’è cresciuto come fossero i suoi giocattoli. Li osservava silenzioso e riflessivo quand’era ancora piccolo, tra le mani di suo padre Orazio che li destreggiava con naturalezza ed eleganza e pensava che tra quegli strani oggetti sarebbe cresciuto, imparando piano piano a considerarli anche lui oggetti consueti, gli strumenti del suo futuro mestiere. Ma all’improvviso, quando lui era appena un ragazzo, Orazio è morto e la sua storica sartoria di famiglia a Modica ha chiuso, Raffaele ha preso un’altra strada, ha studiato, si è sposato, ha aperto con la moglie un’altra attività e forbici e spilli, gessi e cartamodelli, sono rimasti ad abitare, fermi, solo vicino alla macchina da cucito dei suoi ricordi, quelli che per sempre lo hanno tenuto legato al “supereroe” della sua infanzia: suo padre, il sarto.
Ma spesso è proprio vero che molti di noi nascono con un destino segnato – un istinto e nel migliore dei casi un talento – e la storia di Raffaele lo dimostra, se è vero com’è vero che oggi il suo lavoro è viaggiare nel mondo per fare consulenze d’alta sartoria made in Italy dalla Svizzera alla Cina, dalla Francia al Giappone, e che solo la pandemia lo ha costretto a rallentare i suoi viaggi e a meditare di tornare ad aprire una piccola sartoria a Ragusa, dove oggi vive con la sua famiglia, per continuare da qui a lavorare non solo per la clientela locale ma soprattutto per quella internazionale.
A fargli cambiare strada all’improvviso, tornando ad obbedire al “richiamo” delle sue origini, è stata molti anni fa una circostanza del tutto casuale: “È stato per il matrimonio di mia sorella – racconta -, quando mi misi in testa che, dovendo fare le veci di mio padre, sarebbe stato bello cucirmi da solo la giacca della cerimonia. Provai e riprovai coi soli ricordi che avevo: all’inizio venne bruttissima, poi brutta, poi giusta, infine riuscii a farla bellissima. A quel punto mi decisi: non potevo più rimandare, era quello il lavoro che davvero volevo fare”. Dopo tanti anni di scuole di specializzazione nel taglio, nel cucito, nella modellistica e dopo tanti anni di autoperfezionamento – “guidato sempre dai ricordi di ciò che vedevo fare a papà” – frequentando i grandi maestri, mentre aveva accumulato anche una lunga esperienza all’interno di un’azienda tessile siciliana, per Raffaele è iniziata l’avventura di ambasciatore dello stile italiano all’estero: “Sono stato contattato da un intermediario che mi ha proposto di andare in Cina a lavorare come maestro sarto. Mi sono messo a studiare l’inglese del settore e sono partito. Dalla Cina, la consulenza si è presto estesa ad altri paesi asiatici, principalmente la Corea e il Giappone, dove i clienti più facoltosi apprezzano e amano la qualità dell’artigianato italiano. Per molti anni ho passato lì gran parte del mio tempo, magari fermandomi per più di un mese e tornando in Sicilia solo un paio di settimane per stare coi miei figli prima di ripartire”.
Il Covid-19 ha fermato anche lui, che peraltro nel 2020 aveva vinto la selezione regionale del concorso “Forbici d’Oro” e si preparava a rappresentare tutta la Sicilia alla finale nazionale: tutto rinviato al 2021. “Così ho deciso di aprire un laboratorio a Ragusa, vicino casa, per continuare il mio lavoro”, racconta: “Quand’ero piccolo, mio padre mi diceva che mai avrebbe voluto che io facessi il sarto, considerandolo un lavoro molto umile. Oggi i tempi ne hanno fatto un lavoro di lusso”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA