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Quelle “fragoline di mare” che mi hanno cambiato la vita

Di Carmen Greco |

Donnalucata (Ragusa). Il frutto del cambiamento. Così le chiama Giovanni Pisana le sue fragoline “di bosco”. Quelle che l’hanno riportato in Sicilia dopo una serie di esperienze in giro per il mondo in cerca della sua strada. Una ricerca che non si è ancora esaurita perché la sua vera vocazione è “cambiare”, anzi mettersi sempre di fronte a delle sfide. Come quando vent’anni fa prese in mano la piccola azienda di florovivaismo della mamma per “convertire” la coltivazione di garofani in quella di fragoline. Oggi “Giovanni fragolino”, come lo chiamano da queste parti, è l’unico a produrre questi frutti nel Ragusano. Più che fragoline di bosco, “fragoline di mare” – siamo a Donnalucata il borgo marinaro di Scicli – come amava definirle Franco Ruta il papà della cioccolata di Modica.

Una delle serre con la coltivazione di fragoline

L’azienda è tornata al padre di Giovanni, Luigi, ma la “creatura” è sempre la sua. «Per me queste fragoline rappresentano il cambiamento, il mio cambiamento. A 17 anni non ero così – racconta – avevo preso una brutta strada, in tasca avevo sempre un sacco di soldi, nel garage potevo scegliere fra quattro scooter e pesavo 120 kg. Fino a 18 anni sono cresciuto da solo, i miei genitori lavoravano entrambi, mio padre faceva il carpentiere, mia mamma la casalinga e lavorava anche nelle rosticcerie, sono cresciuto con i miei nonni, ero spregiudicato al massimo, fortunatamente sono stato preso per i capelli da persone che mi hanno saputo indirizzare. Sono stato mandato a Rimini, ho cominciato a lavorare nel settore della ristorazione, ho fatto il pasticciere, il pizzaiolo alle Canarie, ho lavorato in un’azienda che commercializzava prodotti ittici, ho fatto insaccati in un salumificio, ho partecipato ad un progetto di bonifica del territorio in Guinea Bissau, sono stato per un mese e mezzo a girovagare per il Brasile perché sono appassionato di piante tropicali. Poi sono tornato in Sicilia, a casa mia, perché per quanto possa essere affascinante il Brasile, la Sicilia offre un richiamo maggiore a livello di qualità della vita e di storia, il concentrato delle bellezze del mondo per me si trova qui».

Giovanni Pisana non si definisce un “imprenditore”. Se gli si chiede cosa vuole fare da grande risponde con uno spiazzante “vivere la vita”. Realizza un progetto, lo fa crescere, poi si butta su un altro. C’è da dire che tutto quello che fa, funziona. L’ultima sua fatica era la trattoria aperta nel 2009 a Donnalucata, adesso ha deciso che era tempo di voltare pagina ed è pronto a dedicarsi ad altro. Si occuperà di portare in produzione un orto di 10mila metri quadrati, un progetto che gli permetterà, per la prima volta di lavorare sotto contratto.

«Farò il custode di una villa in cui si pensa di realizzare una sorta di “polo” per lezioni di cucina, di musica, di orticoltura per i turisti. Il mio obiettivo è creare questo orto scegliendo il metodo di coltura integrata per eliminare la linea di concimazioni industriali che da queste parti hanno impoverito la terra. Il pomodoro, vanto di questa zona, ormai viene coltivato sulla fibra di cocco, perché il terreno è diventato improduttivo a via di concimazioni chimiche. Per esempio, vede questa cipolla vicina alle fragoline? L’apparato radicale della cipolla – spiega Pisana – rilascia componenti che regolarizzano l’equilibrio organico del terreno aiutando la crescita delle fragoline».

Per quanti progetti abbia in mente, la fragolina ce l’ha tatuata sulla pelle e nel cuore, come la sua famiglia, la moglie Margherita e la piccola Bianca, 7 anni. Da “grande”, infatti vorrebbe tornare ad occuparsi delle “sue” fragoline, collegando la produzione di questi 3.500 metri di serre riciclate dalla coltivazione dei garofani ad un laboratorio per la trasformazione dei frutti, per la produzione di torte, cremolate, gelati.

«È l’unico modo per valorizzare il prodotto – dice -. Quando nel 2009 mi sono buttato nella ristorazione è stato proprio per dare alle fragoline il loro giusto “peso”, cosa che non accadeva soltanto con la vendita. Me le pagavano troppo poco, così mi sono deciso a fare tutto da me aprendo la trattoria».

Normalmente in questo periodo si vendevano fra i 25 ai 40 chili di fragoline a settimana, il Covid adesso ha bloccato tutto per due mesi. «Il momento è difficile – ammette – mio padre da due mesi non ha uno stato economico attivo, e l’instabilità ti spinge a riflettere sull’aspetto pratico della presenza dello Stato. Voglio dire che apparteniamo tutti al “sistema Italia”, ma è come se la Costituzione italiana i nostri governanti non l’abbiano mai letta. Io penso che un politico, un sindaco, un assessore un amministratore pubblico, debba essere come un imprenditore, uno che ha “cura” della sua azienda. Se io non m’impegno nella mia azienda non riesco ad andare avanti, per un politico l’azienda è l’istituzione che rappresenta. Il punto è che per lui se l’azienda va bene o no, lo stipendio è comunque assicurato e non ha l’interesse ad impegnarsi. Finché il loro operato non sarà legato ad un “impegno”, nessuno lo farà. Parlo di Sicilia, ma è così dappertutto».

«La testa mi ha portato alla ristorazione perché ho visto che dove mettevo piede riuscivo a cavarmela, ma io nasco contadino e per un approccio in cucina questo è fantastico, di sicuro non mi possono fregare vendendomi prodotti che non valgono. Da piccolino andavo a pescare, mi hanno insegnato a “capire” il pesce, e mi sono appassionato anche lì. Io sono uno che si butta anima e corpo in tutto quello che fa e lo faccio con passione. Ho avuto una friggitoria a Modica, l’ho lanciata e l’ho venduta, facevo il “coppo” con la frittura di paranza in carta paglia. Ora la fanno tutti. I nuovi proprietari ancora mi chiamano per ringraziarmi e questo mi rende orgoglioso, ma all’inizio, così come per le fragoline, mi prendevano tutti per pazzo. Ho imparato con il tempo che, se me lo dicono, sono certo che la cosa funzionerà. Fare soldi non mi interessa, i soldi a me fanno paura. A 13 anni avevo un milione e mezzo in tasca, ma non era la mia felicità. Oggi la mia felicità e fare una passeggiata al mare, conoscere la natura andare a raccogliere le erbe spontanee. A casa mangiamo solo pasta e pane fatti da me, queste sono le bellezze della vita e oggi, a 39 anni, posso dire di essere felice. Ad un ragazzo nella mia stessa situazione di allora, gli direi di andare a fare una passeggiata al mare e rendersi conto che il bello gli appartiene. Tante volte si fa leva solo sul brutto della vita senza pensare al bello che ti circonda e che, invece, è accessibile a tutti».

twitter: @carmengreco612

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