Ha gli occhi lucidi per l’emozione ma il sorriso di chi sa che quel paese, anche se oggi distante più di un Oceano, è casa. Ma anche vita, storia, famiglia e ricordi di un tempo che fu e che ritorna prepotentemente d’attualità. Specie oggi che Paul Pirrotta, fra i canicattinesi d’America più illustri, è tornato nel proprio paese d’origine per tenere vivo un legame che non si è mai spezzato. «E come potrebbe – dice in occasione di una delle diverse feste che il Comune ha organizzato per gli emigrati in queste sere d’estate – qui c’è casa mia, la mia famiglia, i miei amici e tanti ricordi. Oggi vivo in America, è vero, ma il mio cuore è anche e soprattutto qui”. E lo dimostra non solo con gli occhi lucidi mentre racconta aneddoti e un passato legato agli anni scolastici («ho fatto la Ragioneria, conoscevo già bene l’inglese e decisi di andare a cercare fortuna altrove…») e a quelli sportivi («giocavo nella San Francesco a Canicattini ed è lì che ho conosciuto i miei amici di sempre, quelli con cui ci vediamo o sentiamo tutt’oggi…»).
Ma anche postando continuamente storie e immagini legate “o Paisi”, la chiesa Madre, il cimitero dove riposano i familiari e tanti scorci di uno spaccato di vita canicattinese che lo riporta indietro negli anni: la casa d’origine in via Manzoni, i tramonti in piazza XX Settembre e le cene con Joe Sipala, Salvina Pirrotta, Joe Mioli (altro illustre concittadino d’America) e Santo Sipala. E poi l’omaggio della Società Canicattinese in America, nel Connecticut che da sempre supporta il lavoro di ricerca, documentazione e conservazione della memoria sul fenomeno migratorio. Nella Contea di Hartford, infatti, è numerosa la comunità di origine canicattinese e Paul Pirrotta con gli altri soci tra cui appunto Joe Mioli, hanno da sempre mostrato un profondo legame con Canicattini e il Museo che in questi giorni li ha accolti, ente definito una risorsa indispensabile per mantenere in vita e far conoscere alle future generazioni i costumi, gli usi e le tradizioni del passato. Una struttura, insomma, che faccia da ponte fra i numerosi emigrati e il paese natio. Un lavoro di ricerca, approfondimento, documentazione e conservazione insomma, condotto in questi anni dall’etnoantropologo Paolino Uccello. «E io ringrazio molto il comitato – ha detto Pirrotta – e il Museo per il loro impegno e la calorosa accoglienza oltre che opera di ricerca. Questo è un primo passo che resterà nella storia come base solida sulla quale continuare a rafforzare i nostri legami».
Comitato presieduto da Emanuele Gozzo con il vice Corrado Perna e poi ancora Salvatore Uccello, Salvatore Petruzzelli, Cetty Cassarino, Caterina Genovese, Carla Gozzo, Giuseppe Ficara (il regista de “A Paisana”, pellicola che ha rappresentato uno spaccato di vita locale e ha riscosso un grande successo), Giuseppe Carpinteri e l’artista Paolo Golino. Tutti presenti, la scorsa sera alla Villa comunale, per una storica serata-evento (con i prodotti tipici del territorio offerti dalla Coop Miceli), che ha visto lo stesso Pirrotta emozionato, al fianco del sindaco Paolo Amenta, il quale ha ringraziato l’illustre concittadino per la volontà di mantenere un legame così forte e vivo. «Ma sono io che ringrazio tutti voi – ha detto ancora Pirrotta – perché rimettere piede qui ogni volta è un tuffo al cuore. Partì nel 1970 dopo il diploma alla Ragioneria, raggiunsi i miei genitori negli Stati Uniti. Loro si preoccupavano che se non avessi avuto fortuna lì potevo tornare a casa ma poi negli Stati Uniti ho conosciuto anche mia moglie, che è figlia di canicattinesi ma si sente americana. Insomma la nostra vita è lì, mi sono ambientato subito e iniziai a lavorare in banca prima e all’Ufficio Affari Esteri. Sono andato in pensione nel 2005 e da allora vengo una volta all’anno. E’ importante questo legame col Museo Tempo perché cerco di documentare l’esperienza dei canicattinesi e floridiani, insieme circa 20mila emigrati, più di tante altre comunità, negli Stati Uniti. Ho un legame speciale con parenti, ex giocatori come me e compagni di scuola.
Avevamo la migliore squadra, la San Francesco e nel 1966 facemmo i play off del campionato, io avevo 16 anni e giocavo in porta. Che tafferugli a Floridia durante una partita discussa per colpa dell’arbitro… Era una squadra formata dalla chiesa ma non eravamo tanto… ecclesiastici (sorride, ndr), ci allenava Michele Mozzicato e ci seguiva molto. Che bello rivedere Pippo Di Domenico, Nuccio Bùccheri, Emanuele Lombardo e tanti altri che rivedo in foto. Anche in America giocavo con l’Università, poi iniziai a lavorare e smisi. Allenai anche i giovani e vincemmo pure dei campionati. Ho un figlio e due nipoti e hanno visto le origini di famiglia lo scorso anno, così come la casa dove nacqui. Una bella emozione e Canicattini resta il luogo del cuore. Quannu si lassa o paisi è sempre difficile e ogni volta spero sempre ri tunnare… quella è la speranza».