Un sodalizio, un rapporto di straordinaria intimità. Descrive così Salvatore Martorana la sua amicizia speciale con papa Ratzinger per cui ha realizzato camice e maglie di cachemire. Con il suo marchio “Gregory”, dagli anni Novanta ai giorni nostri partendo da Valgualnera nell’Ennese, è emblema dell’artigianalità e della creatività tipica della sartoria siciliana. Cravatte, sciarpe, foulard, abiti da sposo e da cerimonia curati nel minimo dettaglio su misura. «Con Papa Ratzinger – racconta emozionato a La Sicilia – abbiamo avuto un rapporto di straordinaria intimità. Un lungo sodalizio con lui e con il suo “figlio adottivo” padre George (Gänswein, il fidato assistente ndr). Qualcosa che è andato oltre l’ordinarietà. Non ne ho mai voluto parlare…».
Com’erano i vostri incontri?
«Non erano muti (ride, ndr) e avevamo anche uno scambio epistolare. Io non sempre potevo raggiungerlo a Roma e ogni volta che facevo qualcosa per lui attraverso il suo segretario mi scriveva per ringraziarmi. Lui beveva ogni mattina spremuta di arance rosse siciliane che gli spedivo io due-tre volte l’anno. Gli portavo anche i cannoli, prima della sua glicemia, perchè sapevo che gli piacevano. E poi ero a conoscenza del suo stato termico. Sentiva freddo in inverno e caldo in estate. E allora un giorno gli dissi che quando si affacciava per la benedizione Urbi et orbi e c’era freddo poteva utilizzare delle belle maglie di cachemire bianche. E così è stato. Per realizzare queste maglie abbiamo dovuto fare delle ricerche importanti perchè il cachemire bianco non nasce e è quasi impossibile farlo, perchè i pettini che lavorano i filati sono tutti colorati. Con il Santo Padre è stato un lungo processo di condivisione, di complicità e di affetto. Sono stato a pranzo e a cena con lui, non è solo una storia di confezionare le sue camicie…».
Com’è che entra in contatto con Papa Ratzinger?
«Il Padre eterno decide della nostra sorte. E io tutto avrei immaginato, ma mai di vestire il Papa. “Gregory”, la nostra azienda esporta in varie parti del mondo. E chiesi al mio amico monsignor Michele Pennisi, vescovo di Monreale, come potere esportare nello Stato Vaticano. Lui era rettore dell’Almo Collegio Capranica di Roma, quello per intenderci da cui sono usciti due o tre papi e mi invitò a Roma. Posso raccontarle un aneddoto?».
Prego, faccia pure…
«Quando Benedetto XVI è diventato Papa, nell’affacciarsi al balcone per presentarsi al mondo gli misero una veste che non era quella della sua taglia. Normalmente se ne preparano tre: una lunga, una larga e una piccola, non sapendo la statura fisica del Papa. Gli hanno fatto indossare una veste più piccola e si vedeva la maglia nera che aveva sotto e le calze nere. Insomma, gli hanno dato una veste che secondo me era destinata al cardinale Dionigi Tettamanzi, vescovo di Milano che si pensava venisse eletto Papa. Ne parlò tutta la stampa e lui, Ratzinger, che era un Papa molto sensibile quasi quasi ci rimase male. E non volle più sentire di tutti questi che volevano vestirlo. Si rivolse come faceva prima di diventare Papa all’Euroclero, il negozio di abiti e accessori sacerdotali difronte al Santa Marta».
Torniamo alla sua visita a Roma.
«Mentre monsignor Pennisi mi spiegava dov’era la finestra del Papa, dissi a mia moglie “Perché non dovremmo essere noi i sarti di sua Santità?”. Lei cercò di zittirmi e io mi rivolsi al vescovo Pennisi facendogli la stessa domanda. Anche lui non se l’aspettava…».
La prima volta che lo ha incontrato?
«Un’emozione. Avevo ricevuto in anteprima una camicia del Papa, non sapevo come fosse fatta, era diversa da quelle tradizionali. E abbiamo scelto i tessuti più belli, i cotoni più pregiati e così iniziai a coccolarlo. Abbiamo anche realizzato un’etichetta personalizzata facendo firmare alla ditta una lettera di riservatezza. Inizio così. Ne ho fatta una, gliel’ho portata, gliel’hanno fatta provare, poi mi hanno detto che andava bene e ho iniziato con un lotto di 12 camicie. Un giorno mi chiamarono e mi dissero il Papa vuole incontrarla con la sua famiglia. E fummo ricevuti. Io avevo portato le camice e lui me ne restituì una che voleva consegnata l’indomani durante l’udienza generale. Pubblicava la sua prima enciclica nell’Aula Nervi. Quando gli donai la camicia che lui già indossava, mi sussurrò all’orecchio “Grazie, è molto bella”. Quella camicia la mostrò al mondo e io non lo capii in quel momento, ma è come se avesse detto a tutti “Gregory” Salvatore Martorana è il mio sarto…».
È quel rapporto di intimità di cui parlava prima…
«Un rapporto che ci ha accompagnato per tutta la sua vita. Fino a quando lui è stato male. Io chiedevo a padre George e lui mi rispondeva “No, grazie Salvatore. Non ha più l’esigenza di indossare le sue creazioni”. Quando andavo a trovare Papa Ratzinger, mi riceveva nel suo ufficio che è molto piccolo. Prima però di arrivare c’era un salone immenso e lì c’è un crocifisso. In quei minuti di attesa mi chiedevo ogni volta il perchè mi trovavo lì, in quel momento. Lui a quella domanda non ha mai risposto…Non è che capita tutti i giorni…».
Andrà a Roma a rendergli omaggio?
«Sì. Sono stato vicino al Papa per tanti e tanti anni e oggi è un grande dolore, un lutto. Ho ricevuto un grande riconoscimento, inaspettato e forse non meritato. Mi hanno insignito del titolo dell’ordine di San Silvestro Papa, in Sicilia ce ne saranno uno o due e mia moglie quello di donna di commenda. Un ordine tra i più alti della Santa Sede. Questo è il regalo che il Papa mi ha fatto, oltre a un abbraccio, stretto, come quando due amici si abbracciano, che porterò per sempre nel mio cuore…».