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Londra, così lo chef siciliano Pino supera il lockdown: «Lezioni social di polpette e arancini»

Di Redazione |

Con il suo tipico carattere a dir poco vulcanico è riuscito a conquistare, impresa di certo non facile presso un popolo riconosciuto nel mondo per la sua indifferenza, l’amicizia e la stima degli inglesi, tanto da essere diventato, dopo tantissimi sacrifici, un punto di riferimento dell’enogastronomia italiana a Londra. Il suo ristorante “Giovanni’s” è un piccolo locale di non più di 50 posti che si trova in una viuzza settecentesca del quartiere chic di Covent Garden, a due passi dalla zona dei teatri. Ogni giorno è meta di politici, di esponenti della finanza, di giornalisti, di personaggi dello spettacolo e della televisione, che si mettono tutti rigorosamente in fila per entrare e gustare così le prelibatezze della cucina siciliana. La carta vincente giocata dal suo proprietario Pino Ragona, infatti, è stata proprio quella di catturare i palati degli anglosassoni, e non solo, con quei piatti cosiddetti “poveri” della tradizione nostrana, ovvero quelli che preparavano le nostre nonne o le nostre madri nel periodo del secondo dopoguerra. Così facendo Pino Ragona, 68 anni, originario di San Michele di Ganzaria, piccolo centro del Calatino, tiene ancora vivi i legami con la sua terra natia, da cui partì mezzo secolo fa con i fratelli Roberto e Daniele.

La loro è una di quelle tante storie di emigrati che ce l’hanno fatta, raggiungendo notorietà e successo, perché hanno saputo mettere in campo sacrificio, competenza, umiltà e anche un pizzico di genialità. La stessa che sta muovendo in questi ultimi giorni Pino, che, dopo avere chiuso il locale il 14 marzo per il Lockdown anticoronavirus e non essendo tipo da poltrire sul divano davanti alla tv, si è inventato una sorta di programma culinario con tanto di diretta social dalla pagina ufficiale del suo ristorante. Con un immancabile sottofondo di musica siciliana, si va da “Vitti ’na Crozza” a “Ciuri Ciuri”, spiega ai suoi clienti come si preparano alcune specialità (dolci e salate) sicule che fanno leccare i baffi a chiunque: dagli arancini alle polpette, dalle colombe di Pasqua ai Purceddati.

Con tanta simpatia e con un inglese dall’immancabile accento siculo, Pino spiega dalla sua cucina in stile vittoriano, con tanto di dimostrazione pratica, i passaggi per realizzarle, sulla base delle antiche ricette di nonna Rosa e della zia Concetta. A leggere i commenti esterrefatti e entusiasti alle sue dimostrazioni, non è difficile immaginare lo stupore degli inglesi nel vedere quello chef vestito di bianco, con tanto di simbolo della Sicilia stampato sul braccio destro, impastare riso, carne e farina dolce e poi trasformarle in oggetti del desiderio. «Ho avuto questa pensata delle dirette – racconta Pino, che dalla bellissima moglie Claire ha avuto due figli, Virgilio e Azzurra – sia per non restare a casa a non far nulla e sia per continuare ad essere ambasciatore della Sicilia nel Regno Unito. Qui, a Londra, apprezzano tantissimo la nostra tradizione culinaria, perché fondata su genuinità e spontaneità. Gli inglesi, che sono un popolo molto curioso, sono attratti in modo particolare dalla bontà dei nostri ingredienti, che faccio arrivare direttamente dall’Isola, come olio d’oliva, vino, origano, broccoli, asparagi, fave e ricotta. Però non ci fermiamo solo all’aspetto gastronomico. Ogni piatto che prepariamo, infatti, diventa per noi anche occasione per parlare di storia e geografia, perché lo serviamo spiegando al cliente straniero come e dove nasce, magari associando quel momento alla recita di una poesia dialettale o alla lettura di un testo. Ho voluto fortemente che nel mio ristorante ci fossero pile enormi di libri dei più importanti scrittori e narratori siciliani: da Verga a Pirandello, da Quasimodo e Sciascia, solo per citarne alcuni. Testi anche tradotti in inglese, che affascinano coloro che, nell’attesa tra un primo e un secondo piatto, si fermano a leggerli, anche se per poco tempo. Ciò mi ha permesso di abbattere tanti luoghi comuni che gli inglesi nutrono verso noi, come quello sulla mafia».

Poi lo chef Pino ha un pensiero pure per la sua città putativa, Londra, e ci dice: «La situazione causata dal Covid-19 è tragica. I numero dei morti e dei contagi aumenta ogni giorno che passa e sono molto preoccupato per la mia salute e per quella di quanti non si curano. Mi auguro di riprendere l’attività prima possibile sia per riabbracciare i clienti, con molti dei quali è nata una vera amicizia, e i miei sette impiegati tutti italiani, che, nonostante il fermo, continuo a pagare perché padri e madri di famiglia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA