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Lo scienziato siciliano che fa “ballare” i satelliti

Di Fabio Russello |

Dalla finestra del suo ufficio a Frascati, nel compound scientifico dove c’è una delle sedi dell’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea, vede una distesa di ulivi e laggiù, in fondo, Roma, con il suo celebre Cupolone in bella vista. Ma Tommaso Parrinello, 53 anni, scienziato siciliano originario di Agrigento, ha lo sguardo quasi sempre rivolto verso il cielo, laddove sfreccia ad una quota di 720 chilometri il “suo” satellite Cryosat, del quale è mission manager.

Pochi giorni e Cryosat, con la sua supervisione, effettuerà una manovra delicatissima: modificare l’orbita di circa 900 metri per arrivare alla “risonanza” con un altro satellite, l’Icesat della Nasa.

Novecento metri su 720 chilometri possono sembrare una bazzecola, ma in una macchina perfetta qual è un satellite, quelle centinaia di metri possono essere un’enormità. Cryosat è una sorta di radar altimetrico che studia nel dettaglio le regioni polari, misurando con precisione le variazioni dello spessore dei ghiacci, una delle possibili conseguenze dell’aumento della temperatura media della Terra (0,5 °C nel corso del XX secolo) e che ha provocato un aumento del livello degli oceani di 18 centimetri.

«L’Esa – spiega subito Tommaso Parrinello, una laurea in fisica a Pavia, dopo il diploma allo Scientifico Leonardo di Agrigento e poi ancora un dottorato di ricerca in Inghilterra e figura di primo piano dell’Esa – ha la missione Cryosat, mentre gli americani della Nasa hanno Icesat. Loro misurano con un laser lo spessore del ghiaccio ma dalla superficie della neve, noi invece usiamo delle onde elettromagnetiche che penetrano la neve e che misurano esattamente lo spessore del ghiaccio galleggiante». Ma c’è un “però” grande quanto una casa perché Cryosat – per semplificare – nella sua misurazione deve tenere conto del peso della neve che, essendo variabile, può fare affondare più o meno il ghiaccio, mentre gli americani hanno il problema “inverso” e cioè il livello della neve che può variare a seconda di quanto il ghiaccio affondi.

«E quindi – ha detto Tommaso Parrinello – ci siamo chiesti: perché non uniamo le forze e incrociando i dati ottenere delle misurazioni più accurate?». Il che, detto a parole, sembra semplicissimo. Invece non lo è affatto perché gli ingegneri dell’Esa hanno dovuto fare dei calcoli complicatissimi che hanno a che fare con la fisica e la meccanica celeste.

«Icesat, il satellite della Nasa – ha spiegato Tommaso Parrinello – orbita ad una quota di 450 chilometri mentre Cryosat si trova a 720 chilometri. Più è bassa l’orbita più si “gira” velocemente ed è quindi impossibile orbitare in “tandem”. Ecco perché l’Esa ha progettato un’altra ipotesi: anziché girare in “tandem”, si orbita sfasati e ci si incontra a intervalli regolari sui poli». La manovra si chiama “risonanza” ed è nata nei laboratori coordinati da Tommaso Parrinello: «La “risonanza” prevede che i due satelliti si incontrino ai poli ogni 19 orbite nostre e quindi più o meno ogni 31 ore. Un po’ come due ballerini che durante la loro danza sembrano allontanarsi per poi ricongiungersi. E’ un progetto Esa perché è Cryosat che modificherà la sua orbita perché noi siamo lì da molti più anni, mentre Icesat c’è da meno tempo. Abbiamo più esperienza e più parametri per potere calibrare in sicurezza e con precisione la nostra orbita».

Che poi, a causa di fenomeni naturali, uno fra tutti il vento solare, i satelliti hanno bisogno ogni tanto di ricalibrare l’orbita, o meglio il ground track, ma in genere si tratta di millimetri, al massimo di centimetri. Stavolta la modifica è di 900 metri, che sarà resa possibile grazie a dei razzi alimentati con quel che resta dei 30 chili di azoto che Cryosat aveva a bordo al momento del lancio. Per questa delicatissima fase ne servirà almeno un chilo. Ma il carburante non è certo il problema dei satelliti che possono “soffrire” anche per un banalissimo guasto alle loro supersofisticate attrezzature elettroniche. Il grande giorno è fissato per il 16 luglio, quando ci sarà la finestra ottimale, per far sì che i due “ballerini” diano il via alla loro danza. Anzi, alla loro “risonanza”. E il bottone sarà premuto da Tommaso Parrinello. Poi, quando tutto si sarà compiuto, lo scienziato potrà dedicarsi alle sue vacanze, nelle campagne di Racalmuto. «Dove mi diverto con i miei telescopi» racconta rivelando sostanzialmente che il suo sarà pure un lavoro ma è soprattutto una passione. Per dire: ad Agrigento per cinque anni ha organizzato il Festival delle Scienze nella Valle dei Templi, portando astronauti e scienziati di tutto il mondo.

Ma come c’è arrivato Tommaso Parrinello a diventare mission manager e cioè responsabile della missione di un satellite? La sua è una bella storia davvero. Da giramondo sì, ma senza mai perdere il contatto con la sua terra.

«Io sono nato in Inghilterra – racconta – dove i miei genitori erano emigrati diventando imprenditori. Quando avevo dieci anni siamo tornati ad Agrigento (e i suoi hanno messo su un’attività di commercio nel settore delle calzature ancor oggi piuttosto nota in città, ndr). Ho fatto il liceo Scientifico Leonardo e poi Fisica all’Università di Pavia. Io volevo fare cosmologia e il relatore della mia tesi è stato lo scienziato Bruno Bertotti, a sua volta allievo di Schrödinger (quello del celebre paradosso del gatto, ndr). Fu Bertotti che mi suggerì una tesi sulla spazzatura spaziale perché era un tema che in quel momento interessava particolarmente l’Agenzia spaziale europea. E infatti mi hanno preso subito». E quello di Parrinello era un lavoro scientifico talmente di qualità che il modello tuttora utilizzato dall’Esa nel caso di problemi ai satelliti è ancora il suo. «Sì è vero – ha confermato Parrinello, sempre con la sua risata –. Se un satellite dovesse esplodere il modello è quello». Ma Parrinello oggi più che occuparsi dei detriti spaziali si occupa di telerilevamento, materia scientifica per il quale ha conseguito un dottorato di ricerca in Scozia. Significa saper “leggere” i dati inviati dai satelliti. Cryosat non è il primo satellite del quale Parrinello è il mission manager. Prima ancora di finire il dottorato, l’Esa, nel 1999, gli aveva affidato il controllo dell’Exmm Newton, un satellite lanciato per misurare i Raggi X delle galassie e poi ancora della piattaforma di Ers 1 e Ers 2.

A Frascati è arrivato dopo il dottorato («La mia tesi fu giudicata la migliore d’Inghilterra», racconta con giustificato orgoglio) perché con l’Esa nei laboratori italiani avrebbe potuto proseguire la carriera scientifica e di ricercatore. «Cryosat – ha detto Tommaso Parrinello – ci ha dato e ci dà un’enorme quantità di informazioni scientifiche sulla salute del nostro pianeta. Se dovessi dirne uno direi che grazie a Cryosat abbiamo scoperto che lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia negli ultimi sette o otto è più che raddoppiato rispetto ai precedenti sette o otto anni, e che grazie a Cryosat in Antartide abbiamo contribuito a migliorare le misurazioni di altri satelliti». Il suo telefono torna a squillare. Lo cercano. «Devo andare ora, ci vediamo quanto prima in Sicilia. Non vedo l’ora».

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