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Ligama, se i ruderi della Piana di Catania diventano tela
Catania – Percorrendo in auto la Piana di Catania non si possono non notare, affacciandosi dal finestrino, ruderi e case diroccate tinteggiate dei colori più accesi, che spiccano alla vista del brullo paesaggio campagnolo. L’ideatore di questo progetto artistico è Ligama, calatino classe ’86, già autore di numerosi interventi in Sicilia nonché protagonista di mostre e installazioni su e giù per lo Stivale. Si parla da tanto di riqualificazione di aree dismesse e di quartieri di città. Ma la street art, oltre che messaggio politico, sociale ed espressione di alterità, si sta rivelando anche “arte applicata” come in “Uncommissioned Landscape Manipulation”, il suo contributo per il territorio e la sua trasformazione “consapevole” attraverso la pittura.
Come è venuta l’idea di questo progetto?
«Riqualificazione, rigenerazione, gentrificazione. Sono tutte parole che sento riecheggiare molto spesso nell’aria, profumando quei discorsi che gravitano attorno ai problemi delle città. Ho l’impressione che nel vocabolario di molti siano quasi sinonimi del termine “arte urbana”. L’arte è una cosa, però, la rigenerazione un’altra. Non basta un bel dipinto per sopperire a decenni di speculazioni urbanistiche, occorre una pianificazione progettuale ben più articolata e lungimirante. La street art serve solo ad addolcire la pillola, anche se, devo ammettere, che l’arte è davvero in grado di muovere gli animi di chi la riceve. Non so di preciso come sia nato Uncommissioned Landscape Manipulation, forse era un germe che da anni incubava dentro di me, dentro la mia spiccata predisposizione a distrarmi, a guardare il paesaggio nei continui noiosi viaggi in autobus durante il periodo universitario, a rimanerne incantato e a perdermi tra gli orizzonti, i nostri orizzonti. Attraverso interventi pittorici piuttosto essenziali sto segnando questo viaggio e segnalo ogni passaggio, come a gridare “guardami, sono qui!”. I ruderi ricevono nuove informazioni che interagiscono con quelle accumulate nel tempo e diventano oggetti temporali dando vita a un tempo nuovo».
Nel 2015 ha abbandonato la carriera universitaria per dedicarsi esclusivamente alla ricerca artistica incentrata sul rapporto tra il reale e il digitale. Come mai questa scelta drastica? Di arte si può “campare?
«Non è stata una scelta drastica, ma una normale successione delle cose. Finita la formazione artistica è anche giusto che si pensi a fare sul serio. Sicuramente all’inizio non è stato facile, forse non potrò mai comprare una casa (ride ndr), ma sono davvero felice delle scelte che ho fatto. Di arte si vive, e se è proprio quello che desideri, direi che si vive proprio bene!».
La sua pittura riproduce i meccanismi di scomposizione e dissoluzione dell’immagine reale in pixel tipici del virtuale digitale. Da cosa deriva questa scelta di contaminare l’arte “canonica” con scelte più “futuristiche”?
«Più che contaminare il mio interesse è stato quello di esaminare l’arte, ispezionarla, vivisezionarla e arrivare più vicino possibile all’essenza di un’immagine. I pixel, inevitabili segnali del nostro tempo digitale e immateriale, sono gli atomi di questa nuova materia telematica. Da qui inizia la mia indagine pittorica, un modulo da ricomporre, deformare, riempire, declinare superando le convenzioni stabilite per spiegare l’arte a scuola».
Nel 2016 ha realizzato tre pale d’altare per la Chiesa del Crocifisso a Caltagirone. Che legame ha con il territorio natìo e cosa porta nelle opere di questo particolare rapporto?
«È quel sottile equilibrio tra il bisogno di restare e il desiderio di andare che vivono un po’ tutti, che ho risolto alla grande con lo stile di vita che conduco grazie alla pittura (si, non riesco a definirlo lavoro); viaggio molto e questo sicuramente mi gratifica e rende ancor più piacevole il mio ritorno a casa. Come questo legame influenzi la mia pittura direi che è evidente quanto forte; sia nella ricerca del supporto (nei ruderi) che nel continuo abbinare elementi del passato a sequenze cromatiche piuttosto futuribili».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA