La folgorazione per il vino è stata tardiva. «È stato il vino a scegliere me, e non io lui. Fino a qualche anno fa non amavo nulla che fosse alcolico». Oggi Laura Piscopo è la prima sommelier Ais di Sicilia “fresca” di conquista del titolo, la prima donna a mettere le mani su una coppa che l’anno scorso le era sfuggita per un soffio (era arrivata seconda).
Trentacinque anni, di Sciacca, più che con un bicchiere da roteare in mano, era destinata ad avere e che fare con economia e investimenti. «Lavoravo in banca a Roma, poi sono tornata a Sciacca per sposarmi e lì ho accettato di aiutare un amico che stava per aprire un ristorante occupandomi della contabilità. Mi capitava spesso di stampare i menù e la carta dei vini, così un giorno che c’era da fare l’inventario delle bottiglie mi sono offerta “lo faccio io”. Durò tre mesi, c’era di tutto, più di 1.300 etichette, ed è stata l’emozione più bella del mondo, mi ha permesso di viaggiare stando seduta in una cantina. Non conoscevo quei vini, li trattavo come se fossero dei figli appena nati. Mi sedevo, prendevo una per una le bottiglie, quasi le cullavo, per me quella da 20 euro e quella da 5.000 avevano lo stesso valore. In quei tre mesi ho imparato il rispetto per il vino, ogni vino, quella bottiglia in cui ogni agricoltore, ogni produttore crede, a prescindere poi dal suo reale valore di mercato. Per me ogni vino merita sempre lo stesso rispetto nell’assaggio, c’è sempre qualcuno dietro che ci ha lavorato, e non necessariamente una differenza di prezzo comporta una valutazione differente. Alla fine è anche questione di fortuna e di marketing se c’è chi può permettersi di far pagare un vino di più o di meno».
Della passione per il vino Laura Piscopo ha fatto un lavoro vero. È sommelier professionista nel ristorante “La lampara” a Sciacca, dove “padroneggia” le 1.300 etichette della carta dei vini e dei 400 distillati da suggerire ai clienti anche con un pizzico di psicologia. «Di solito quando capisco che la persona che ho davanti non se ne intende per nulla e magari ha ordinato una bottiglia costosissima solo per “fare colpo”, cerco di fargli cambiare idea e la prima domanda che gli faccio è “di solito cosa beve?”, più complicato è parlare con chi è convinto del fatto suo su cose che, magari, non hanno senso. In Sicilia specialmente c’è chi nel 2021 ti chiede un “bianco di quest’anno” perché il 2020 “è vecchio”. Purtroppo c’è questa forma di omologazione celebrale per cui il bianco va bevuto giovane e il rosso necessariamente “vecchio”. Ma non è così, ci sono bianchi che vanno bevuti vecchi e rossi che danno il meglio da “giovani”. Per quanto possa sembrare una cosa stupida, è la cosa più difficile da far capire ad un cliente». «Una volta una persona mi ha chiesto uno “chardonnay barricato dell’annata in corso”. Ci ho messo una buona mezz’ora per fargli capire che se lo voleva barricato questo vino avrebbe dovuto avere almeno sei mesi di affinamento in legno e quindi, con la vendemmia fatta in agosto-settembre sarebbe stato impossibile avere un vino dell’annata in corso…».
Con il titolo di miglior sommelier Ais di Sicilia in tasca, adesso Laura parteciperà assieme al migliore dell’anno scorso (Piero Giurdanella della delegazione Ais di Catania), alla finale nazionale di novembre che si terrà a Bologna. Nel 2020, infatti, non si è tenuto (causa Covid) il congresso nazionale dell’Associazione motivo per cui si ritroveranno in due nel tentativo di portare in Sicilia un alloro nazionale. Il primo bicchiere di vino che non si scorda mai? «Credo fosse uno champagne, un Laurent Perrier Rosé, il primo che ho venduto in sala, invece, è stato un Etna Rosso Riserva contrada Zottorinoto di Cottanera. Non ero ancora sommelier, mi chiamarono in sala solo perché parlavo l’inglese e c’era un cliente che voleva un vino dell’Etna. In quell’occasione ho capito che avevo delle potenzialità nascoste che avrei potuto affinare». Il lavoro di Laura Piscopo è sempre in evoluzione e richiede un continuo esercizio di curiosità e aggiornamento. Quale sia l’ultimo vino che l’ha emozionata è presto detto. «La Riserva del Conte Tasca d’Almerita 2010. A mio parere racconta veramente la storia della enologica della Sicilia enologica, con l’utilizzo dei vitigni Perricone e Nero d’Avola affinati nelle botti di castagno che oggi non vengono più utilizzate, ti riporta un po’ al gusto della sicilianità. Poi uno dei miei vini preferiti di sempre il Faro Palari e credo che la zona del messinese fra qualche anno potrà avere un grande successo con vini in grado di competere sul mercato internazionale, un po’ come la zona dell’Etna che dal punto di vista enologico è “esplosa”. Sono convinta che il Messinese potrà regalarci grandi vini».
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