«Angiò sono io, e ci metto tutto me stesso: i miei valori, gli insegnamenti che ho raccolto nel mondo e nella mia terra, la Sicilia». Alberto Angiolucci, 25 anni chef e imprenditore siciliano, studia cucina da Boscolo e lavora in cucine stellate d’Italia e d’Europa, per poi far ritorno nella sua tanto cara mamma Etna. A Catania, apre “Angiò”, una macelleria di mare che difende le tecniche di pesca sostenibile, attenta alle materie prime a km0, che lavora solo con prodotti locali e di stagione. Ma soprattutto aperta ai giovani appassionati che hanno voglia di imparare, mettersi in gioco e perché no di rimanere in Sicilia o di farvi ritorno.
Come Andrea, 27 anni Chef e braccio destro di Alberto, che dopo aver studiato e lavorato in cucine prestigiose è tornato nella sua terra a causa della pandemia, ha conosciuto Alberto proprio quando “Angiò” stava prendendo forma. Il suo progetto lo ha stimolato e affascinato e così ha riposto la valigia in uno sgabuzzino ed è rimasto in quel luogo in cui tanti e troppi giovani scappano perché non ci sono opportunità, non c’è futuro, non ci sono possibilità di crescere professionalmente. Eppure ci sono anche giovanissimi come Alberto che quelle possibilità le sognano per poi crearle, un po’ come quelle ricette sperimentate nella cucina di sua nonna con Andrea, prima che “Angiò” aprisse. Una cucina, quella della nonna, che era diventata un laboratorio di idee creative, di abbinamenti insoliti, di frollatura di mare, di obiettivi divenuti una realtà concreta il 14 giugno 2022, data di apertura di Angiò. Un luogo dove creatività, autenticità e genuinità convivono in un tripudio di sapori, odori e abbinamenti insoliti che solo Alberto con la passione che lo contraddistingue per la cucina e per la sua Sicilia, sa raccontare. Una passione, quella per la cucina, trasmessa dal padre che lui stesso definisce un cuoco mancato.
«Mio papà la domenica mattina si sveglia prestissimo, va a pescare o compra un maialino intero e fa i salumi, va a funghi. Così mi sono avvicinato al mondo della cucina. La versione più romanzata è che ho iniziato a cucinare al liceo, per far colpo sulle ragazze. Organizzavo pranzi e cene, i miei amici erano davvero fortunatissimi». Così a soli 16 anni capisce che quella passione sarà il suo lavoro. Dopo aver conseguito il diploma liceale, studia cucina ed entra a far parte di un settore prettamente gerarchico, lavora al fianco di illustri Chef con brigate di trenta persone, in cui però non ci sono abbastanza giovani. Fa esperienza, da Milano a Londra per poi tornare nella sua terra, la Sicilia. La pandemia gli dà la folle idea di creare qualcosa di suo e per i giovani, come lui. Nella sua cucina si respira un’aria di famiglia e di squadra. Andrea si occupa della preparazione del pane con farina Maiorca, grano antico siciliano e un pizzico di miele (l’ingrediente segreto) e Alberto di sezionare una zucca di stagione, utilizzando ogni elemento della stessa, dalla polpa, ai semi, alla buccia che diventerà una gustosissima salsa: «Utilizziamo solo ingredienti stagionali e locali, li svisceriamo al cento per cento e non buttiamo nulla. La base dell’azienda è il “no waste” cioè “nessuno spreco”. Con la zucca farò delle sfogliatelle, i semi li tosterò e riutilizzerò le bucce, la parte più saporita della zucca, per una salsa».
Tra una risata e un confronto sul menù serale, la mattinata prosegue serenamente in cucina perché «Angiò è un luogo di lavoro in cui si deve stare bene, trascorriamo la maggior parte del tempo insieme, ci supportiamo e sopportiamo per crescere insieme» afferma Alberto e aggiunge Andrea: «Un anno fa, prima che il progetto prendesse forma, abbiamo fatto il colloquio. Io cercavo proprio questo, un ragazzo giovane che si mettesse in gioco. E sicuramente degli stimoli nuovi. Nelle cucine in cui ho lavorato i responsabili non erano mai giovani. Il progetto di Alberto mi ha affascinato e stimolato. Lui mi da l’opportunità di crescere qui dentro, qui ho delle responsabilità che non avevo altrove, qui sono in prima linea dopo Alberto chiaramente».
Perché hai deciso di investire sul tuo territorio?
Il covid mi ha dato questa folle idea di aprire a casa mia. Nasco da una famiglia di imprenditori, quindi ho avuto sempre l’idea di voler investire sul mio territorio. E non solo, sull’ospitalità, sull’agricoltura. Angiò è un progetto che nasce per creare rete con i produttori e ristoratori, per fare squadra per far crescere il territorio.
Qual è il progetto a medio termine dell’azienda?
Iniziare a lavorare “be to be”. Mi spiego meglio, diventare produttore e fornitore dell’alta ristorazione, ci sono delle aziende che lo fanno per la carne, come Motta in Piemonte. Non esiste questo lavoro che riguardi il mare.
Raccontami com’è nata l’idea di aprire una macelleria di mare.
Erano circa le tre del mattino, in quel periodo vivevo ancora a Milano e non mangiavo abbastanza pesce (per mancanza di tempo). Così ho pensato che se ci fosse stato un posto di preparati di mare di alta qualità, sicuramente li avrei comprati. Così ho pensato e se l’aprissi io, nella mia città? A quei tempi seguivo uno Chef australiano specializzato nella frollatura di mare così mi sono appassionato e ho iniziato a studiare, sono un nerd della cucina. Inizialmente ho pensato di aprire a Milano, poi ho deciso di tornare a casa mia.
Come definiresti “Angiò”?
Non siamo un ristorante, una macelleria con banco, cucina e posti a sedere. Pochi posti a sedere per pochi intimi. Abbiamo poi la deformazione professionale di servire i piatti da stellato.
Sei un giovane che investe sui giovani, perché un ragazzo dovrebbe lavorate per te?
È un posto sano che può essere una palestra, facciamo tanta ricerca, studiamo tanto. E soprattutto facciamo squadra. Andiamo dai produttori insieme, organizzo cene di staff in posti di un certo livello per imparare e scoprire nuove cose. È importante che qui si cresca professionalmente e anche a livello di responsabilità.
Cerchi personale da formare o che sia già formato?
Cerco giovani che siano appassionati, che abbiamo voglia di mettersi in gioco e d’imparare nuove tecniche. Non m’importa che abbiano esperienza, i nuovi arrivati li formo io, qui utilizziamo tecniche diverse da quelle che si imparano nei ristoranti. Faccio in media due colloqui al giorno, ho difficoltà a trovare giovani da formare. Penso e credo che la tv e i social abbiano un po’ distorto l’essenza di questo lavoro. La cucina è uno stile di vita, è sacrificio. Se ti appassiona è una vera figata.
Un appello ai giovani?
Venite a lavorare da “Angiò”, vi aspettiamo!