Ha creato un cuore di Sicilia, che pulsa di passione per la sua terra natia, nel centro di Milano: la messinese Stefania Quagliata Vender, 55 anni, dopo un ventennio da imprenditrice in Sicilia nel settore delle forniture per ufficio e un matrimonio finito, per amore del nuovo consorte ha venduto l’azienda e si è trasferita a Milano.
«Sono arrivata a Milano – racconta – e per un paio di anni mi sono dedicata ad aiutare i miei tre figli (oggi uno è medico, un altro lavora nell’impresa del padre in Sicilia e uno, Gianluca, lavora con me) ad inserirsi nel nuovo contesto. Ma mi mancava il contatto con il pubblico. Mi sarebbe piaciuto aprire un negozio e volevo che avesse a che fare con la Sicilia, ma non avevo ancora un’idea precisa. Ho allora preso un aereo, sono venuta in Sicilia, sono salita in auto e in 5 giorni ho percorso più di mille chilometri. E mi si è aperto un mondo: scoprendo tante piccole realtà artigianali di eccellenza, ho compreso che l’ideale sarebbe stato portare a Milano le loro creazioni nei più vari settori (dalle ceramiche ai gioielli, dai tessuti alle essenze e ai profumi, dalle borse ai complementi di arredo, dal food dolce e salato ai liquori e all’olio). Da soli, infatti, non avrebbero mai avuto la forza di uscire dal loro territorio». Esportare quindi la Sicilia come valore in sé, ma anche valorizzare questi artigiani «un po’ come una mecenate moderna». E così Stefania Quagliata Vender ha iniziato la sua avventura con Zagara Milano “Bottega Sicula” con 7 artigiani siciliani, che ora sono diventati più di 50, che rappresentano quattro macro-categorie: food, interior design, ceramiche e gioielli. «In questi 6 anni ho selezionato quelli più bravi che fanno le teste o le pigne o i piatti, i migliori nella confezione delle borse, le eccellenze nella creazione di tavoli di pietra lavica, quelli al top nei dolci o nelle conserve o nella pasta, come pure nei liquori o nell’olio, quelli più bravi nella creazione dei gioielli e così via. C’è una selezione a monte fatta da me: ai clienti spiego che da noi possono trovare tutto quello che potrebbero trovare solo in Sicilia… se sapessero dove andare a cercare».
Eccellenze siciliane – scelte in base alla qualità del prodotto – nei campi più vari, con un fiuto indiscutibile nello scovarle, tanto da riuscire a vendere ai milanesi nientepopodimeno che… gli «apprezzatissimi» panettoni artigianali siciliani: come vendere i ghiaccioli agli esquimesi… «La cosa bella è che inizialmente ero io che andavo a cercare gli artigiani, adesso sono loro che mi chiedono di dare uno spazio anche a loro».
Perché la Sicilia – in tutti i campi, non solo nel forse più scontato food – tira moltissimo (tanto è vero che non c’è una macro-categoria delle 4 che prevale sull’altra): «La nostra Isola negli ultimi anni ha avuto un exploit a livello mondiale. Tutti identificano i nostri prodotti come made in Sicily e li apprezzano molto, tanto che spediamo in tutte le parti del mondo: in Russia, in Australia, a New York, in Germania, oltre che ovunque in Italia». Un mercato globale al quale Zagara si affaccia ora anche con l’e-commerce sul sito «anche se il nostro – sottolinea Quagliata Vender – è un prodotto che secondo me la gente vuole vedere dal vivo e toccare». Forte di tanti anni da imprenditrice in Sicilia, Stefania Quagliata Vender non ha trovato particolari difficoltà in questa avventura siculo-meneghina: «Al milanese quello che interessa è la serietà per cui, al di là delle belle parole che potevo usare, alla fine la pubblicità vera è stata il passaparola da un cliente all’altro. Quando ho aperto il mio primo negozio, un giorno ho trovato due persone davanti alla vetrina e, siccome sono curiosa, mi sono messa dietro di loro. A un certo punto una delle due ha detto all’altra: “Ma questo è un negozio siciliano, chissà cosa c’è dietro”. Al che io ho replicato: “Scusi signora, involontariamente l’ho ascoltata. Dietro questo negozio c’è solo tanta passione e tanto amore per la Sicilia, la prego di accomodarsi che le offro un caffè”. E queste due signore da allora sono diventate mie clienti. Devo dire che ho incontrato poche difficoltà, forse un po’ di diffidenza iniziale, ma neanche più di tanto, perché comunque Milano è una città molto aperta. Certo, mi sono dovuta fare conoscere, aggiungendo quotidianamente piccoli tasselli col mio lavoro e la mia passione: e alla fine comincio adesso a raccogliere i frutti».
Una bella soddisfazione è stata invece quella che «nello stesso giorno sono entrate 5 persone mai venute prima e tutte mi hanno detto: “Signora, complimenti, questo è il più bel negozio di Milano”. Ovviamente si riferivano ai prodotti in vendita che hanno apprezzato». Apprezzamento per la Sicilia, terra con la quale la messinese ha un rapporto «assolutamente simbiotico da sempre, che non si spezzerà mai. Anzi, forse andando via si è ancora di più accentuato, come se non volessi perdere le mie radici». Un legame simbiotico anche con i conterranei il cui «più grande pregio è la creatività ma soprattutto il grande cuore». Senza nasconderne tuttavia i difetti: «Spesso il siciliano non fa e non vuole che gli altri facciano. E poi, forse, siamo un po’ permalosi, anche se ciò è forse più una espressione di orgoglio e fierezza delle nostre origini». La Sicilia, però, non riesce a fare il salto di qualità: e questo, per l’imprenditrice messinese, è dovuto al fatto che «manca la visione politica di chi ci governa. Noi potremmo essere – e non è un luogo comune – anzi, dovremmo essere la Florida del Mediterraneo, perché non ci manca nulla. L’80% ce l’hanno dato la natura e la storia. Dovremmo fare un piccolo sforzo per il rimanente 20%, ma spesso abbiamo difficoltà a realizzarlo, nonostante l’80% sia già pronto sul piatto. Faccio un esempio: all’Expo del 2015 e la Sicilia aveva lo stand più grande e tra i più visitati di tutti. Io non sono riuscita a trovare un interlocutore a Palermo che fosse capace di dirmi cosa fare per entrare nello stand siciliano. Alla fine, mi ha dato modo di entrare la Confartigianato di Milano». Solo l’ennesimo esempio di come sia più difficile fare imprenditoria in Sicilia che al Nord Italia: «Ho fatto impresa in Sicilia per anni e il mondo mi sembrava una prateria. Qui, a partire dalla semplice richiesta per una licenza, è tutto molto più facile, più efficiente, non perdi giornate negli uffici, spesso fai tutto telematicamente. E se vai in un ufficio pubblico, hai davanti un interlocutore che risolve il problema. Cosa che purtroppo in Sicilia non accade. Eppure siamo sempre nello stesso Stato… Ci sono purtroppo due Italie: e io amo talmente tanto la mia Sicilia che mi posso permettere di dirlo».
Nonostante ciò, la Sicilia ha un fascino irresistibile: «Certo, io dico sempre che abbiamo tre chilometri di Stretto, ma tremila anni di storia che ci differenziano da tutti gli altri. Devo dire però che negli ultimi anni ho visto migliorare molto la Sicilia: spesso i miei interlocutori sono giovani che recuperano i mestieri e le arti dei nonni abbandonate dai padri. E questo è bello. Si tratta tuttavia sempre di singole realtà: è la visione globale che dovrebbe essere diversa». Ecco che allora ai giovani siciliani questa donna innamorata dell’Isola non può che consigliare «di fare tesoro delle arti di cui dispongono in famiglia e di credere nei loro progetti. La caparbietà alla fine viene premiata. Secondo me i ragazzi dovrebbero credere anzitutto di più in loro stessi, non abbandonare la loro terra, ma investire lì – anche se in Sicilia è più difficile – le loro idee, il loro sapere, la loro professionalità, tutto ciò per cui hanno studiato».
Sempre senza rimpianti: «La mia filosofia è meglio vivere di rimorsi che di rimpianti». E con tanti progetti: «Assolutamente sì, chi si ferma è perduto. Io ho aperto questo Zagara Milano e chissà se un giorno riuscirò a essere a Londra, a New York, a Parigi. Per ora, sto lavorando su Zagara Roma».