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La favola di Francesco da Catania a Hollywood

Di Ombretta Grasso |

Francesco studia pianoforte da quando aveva 4 anni, poi a 12 anni è passato alla batteria, quindi al basso elettrico. «La musica è la mia passione da sempre – racconta al telefono – ho studiato pianoforte con mio fratello che ha due anni di più, quando siamo cresciuti era lui che mi passava i cd». Il fratello studia da avvocato, la favola di Francesco è rischio e determinazione. Con la sue note e l’inglese scolastico arriva a Boston. «Un’avventura, ero terrorizzato», dice ora con un sorriso. «E ancora di più a Los Angeles, una città così grande, così competitiva». Nel 2011 lascia l’Italia per la Berklee College of Music grazie a una borsa di studio «e lì ho frequentato i corsi di film scoring, volevo scrivere la musica, non solo suonarla». Il primo tirocinio è stato con Jason Graves che realizza le musiche per i videogiochi «ho imparato le tecniche, come fare 10 anni di college in tre mesi». Poi, «il 7 agosto 2015», ricorda, l’incontro che gli cambia la vita con Joseph Trapanese, compositore di musiche per la tv e il cinema. «Dopo i 4 mesi di tirocinio avevo guadagnato la sua fiducia e mi ha fatto lavorare con lui a The Divergent Series: Allegiant, gli sarò eternamente grato: la prima esperienza in un team in gambissima in un film ad alto budget». Quindi il colloquio con il compositore Dustin O’Halloran che con il pianista tedesco Hauschka firma la colonna sonora di Lion e il ruolo di score music editor. «Ho cominciato occupandomi dello studio, degli strumenti – racconta – poi Dustin ha scoperto che scrivevo musiche e mi ha fatto salire a bordo. Il lavoro si svolge a film finito, scegliendo le registrazioni migliori, le versioni approvate dal regista, le musiche più adatte alle scene che magari sono state tagliate o spostate. E mi è stata data la possibilità di scrivere un pezzetto degli archi».

Il film lo avrà visto almeno venti volte, «così tanto e così concentrato sulle musiche da non riuscire più a valutarlo, troppo dentro. L’emozione è stata vederlo sul grande schermo con gli amici, con il pubblico. La storia è bellissima e piangevano tutti. E’ stato incredibile». Così come la nomination all’Oscar. «Per chi lavora in un film è una gratificazione enorme».

A diventare compositore non aveva pensato prima, «avevo composto solo un brano per la sigla della onlus Baco di rame». Ora, in abito scuro e ciuffo in aria fa un selfie sul tappeto rosso dei Golden Globe. «Un’esperienza surreale: ero lì, circondato dai divi. Sul red carpet l’atmosfera è elettrizzante».

In Italia non sa se tornerà, «sono andato via a 20 anni, mi sembra che ci siano delle cerchie che si tengono stretto il lavoro. Negli Stati Uniti chi si impegna viene premiato». Con O’Halloran lavorerà nel film, Chappaquiddick, di John Curran, sullo scandalo che costò la carriera a Ted Kenendy, e sta preparando un album da solista.

Mai avuto crisi, dubbi, voglia di tornare a casa? «Qualche volta – ammette – A casa sono tornato poche settimane fa dopo quasi tre anni. I sacrifici sono stati tanti, ho resistito grazie alla mia famiglia che mi ha aiutato parecchio. Con Trapanese facevo turni di notte, senza orari, senza interruzioni. Los Angeles è una città dove ci sono tante opportunità e pure tanta concorrenza, tutti quelli che sono qui lavorano nell’industria dell’intrattenimento. Bisogna avere molto chiaro l’obiettivo da raggiungere e correre rischi. È una sfida tutti i giorni».

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