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La chef che ha trovato l’America in Sicilia

Di Maria Ausilia Boemi |

La sua America l’ha trovata in Sicilia: tra la metropoli statunitense New York, perennemente di corsa, e il piccolo paese siciliano di Scicli, la chef 44enne Rita Russotto, diplomata ragioniera, ha scelto la bellezza e la quiete isolana per mettere radici, dopo una vita, non semplice, di continui avanti e indietro tra l’originaria Vittoria e gli Stati Uniti.

Rita Russotto è italo-americana: i genitori sono di Vittoria (ma già la bisnonna materna sin dal 1911 si era trasferita in America, inseguendo il sogno americano, con una famiglia che da allora si è alternata tra le due sponde dell’Oceano Atlantico), lei è nata – figlia di emigrati – a Brooklyn-New York, dove ha vissuto fino all’età di 6 anni, quando si è trasferita a Vittoria per un anno, per poi alternare, fino all’età di 10 anni, un anno di vita in America e uno in Sicilia. A partire dai 10 anni, finalmente, un po’ di stabilità: la piccola Rita Russotto da allora ha vissuto in Sicilia, andando in America, dove in seguito si è trasferita parte della famiglia (la mamma, una sorella e un fratello), soltanto in visita: «Gli anni della mia infanzia sono stati difficili: appena cominciavo ad adattarmi agli Usa, dovevo tornare in Sicilia e viceversa. No, non è stato semplice», racconta.

A 25 anni, in realtà, la giovane Rita Russotto ha fatto la prova di trasferirsi in via definitiva in America: «Per un periodo di tempo ho pensato di tornare negli Usa e infatti feci una prova di due mesi. Ero sposata all’epoca col mio primo marito, uno chef siciliano con un ristorante a Ibla: avevamo già nostra figlia Carola e, prima di mettere radici, decidemmo di fare questa prova. Ma già al terzo giorno ero in crisi e volevo tornare». Dopo due mesi, Rita Russotto ha deciso infatti di rientrare definitivamente in Sicilia e 10 anni fa si è infine separata dal marito: «Una parte del mio cuore sta negli Stati Uniti, ma una buona parte sta in Sicilia. Io sono nata in America, ma i miei avi sono siciliani e nelle mie vene scorre sangue siciliano». Un cuore diviso ancora di più, visto che 15 anni fa la mamma, la sorella e un fratello si sono definitivamente trasferiti in America, mentre il papà è rimasto in Sicilia.

 Una vita a ostacoli, quindi, quella di Rita Russotto, con una   scelta controcorrente anche rispetto agli studi fatti – ha il   diploma di ragioneria – dal punto di vista lavorativo, con la   decisione di entrare in cucina. Ma perché si è messa a   cucinare? «È una bella domanda e non c’è una risposta ben   precisa. È stata una volontà mia, una passione, è il cuore che   mi ha portato alla cucina, con una attrazione che non si può   frenare». Il tutto rigorosamente da autodidatta: «La mia   passione è nata dalla cucina tradizionale, dalle ricette antiche,   dal desiderio di riscoprire sapori che erano quasi dimenticati   sulla tavola dei siciliani». Certo, a influenzare la piccola Rita,   anche nei periodi statunitensi, la cucina della mamma e   soprattutto della nonna materna, che «cucinava sempre   ricette siciliane: dalle cose più semplici, come il   biancomangiare, al sugo di maiale, si era portata con sé i suoi   ricordi culinari».

 Una cucina siciliana ma rivisitata perché, come spiega   Rita Russotto, «mi piace ideare piatti nuovi: a lungo andare,   infatti, preparare le pietanze sempre nello stesso modo mi   annoia. Cerco di essere curiosa ed è la curiosità che porta a   creare piatti nuovi e a proporre pietanze diverse. Così, in ogni   mio piatto c’è un dettaglio diverso».

 Ecco che allora l’uovo croccante, piatto tradizionale   vittoriese che è in sostanza l’uovo sodo panato e fritto e   accompagnato da una salsa di pomodoro, con Rita Russotto   diventa «un uovo farcito all’interno con una salsa alla menta,   con caciocavallo, lardellato con maiale nero dei Nebrodi e poi   panato e fritto e accompagnato con una purea di pomodori e   patate». Una goduria per il palato, così come il classico   pasticcio di gallina (una gallina tradizionalmente farcita con   spezie, aromi, capperi, mandorle, aglio, prezzemolo e poi   coperta di pane che viene spennellato di uovo e infornato nel   forno a pietra), nella versione della chef italo-americana   diventa «un gallo ruspante condito con limone, timo, prezzemolo, mandorle, capperi, chiuso in una focaccina leggera di pasta al vino e accompagnato su un letto di crema di formaggio ennese con lamelle di carciofi».

Piatti siciliani rivisitati, ma rigorosamente nulla dalla cucina americana: «Non esiste una cucina americana, la cucina statunitense è multietnica e molto fusion».

 La particolarità che Rita Russotto si attribuisce è «l’utilizzo di materie   prime di ottima qualità. Sono molto maniacale nella preparazione: mi   accerto che la pasta fresca sia fatta con farina biologica proveniente da un   buon mulino e prodotta da grani antichi siciliani; la panificazione la   realizzo soltanto con lievito madre; non sottovaluto nemmeno il sale, ma   utilizzo quello di Motia proveniente delle saline di Trapani; uso solo olio   ibleo. Questa è la mia particolarità: sono molto maniacale nella scelta   delle materie prime». Inseguendo una filosofia che predilige «una cucina   schietta: tutto quello che si trova sul mio piatto è sincero, senza troppe   elaborazioni e il commensale riesce ad avvertire ogni sapore che presento   sul piatto. Sì, se dovessi definire la mia cucina, direi proprio che è   schietta, sincera».

 Il regno di Rita Russotto è il ristorante “Satra”, “timo” in dialetto: «Dal   timo si produce un ottimo miele, è un’erba aromatica molto apprezzata sin   dall’antichità e menzionata anche da Virgilio come panacea di tutti i mali.   Ho scelto questo nome perché è la mia erba preferita. Amo l’odore della   satra, è inebriante». E probabilmente è la panacea che ha guarito un po’   un cuore che comunque resta diviso tra Sicilia e America: «Qualche volta   penso di tornare in America, ma la Sicilia su di me esercita un forte   richiamo, un’attrazione irresistibile e, anche se ho forti affetti e bei ricordi   negli Usa, non riesco a vivere senza questa Isola».

 Una emigrata alla rovescia, quindi: «Magari molti vedono dall’esterno   tutto bello degli Usa, si soffermano sul progresso, sull’economia, sulla   ricchezza che c’è e su quanto può offrire. Però, per quanto riguarda i   rapporti umani, il clima, il cibo, il paesaggio non ci sono paragoni: la Sicilia   è insuperabile. Chissà, magari un giorno potrei avere la fortuna di   trascorrere sei mesi qui e sei mesi in America: mi farebbe piacere, soprattutto per potere stare accanto ai miei familiari».

L’unica forse che potrebbe fare cambiare idea a Rita Russotto, facendole fare subito le valigie per gli Stati Uniti, è la figlia Carola, 20enne parrucchiera in un atelier, che per ora, tuttavia, sta bene in Sicilia: «E se si è felici in un posto, non importa che ciò accada a Ragusa o a New York. Certo, in America magari i risultati si possono ottenere subito, mentre qui in Sicilia si deve sudare per tre volte. Ma l’importante è essere sereni e felici. Se però mia figlia decidesse di andare in America, la seguirei».

Certo, dovrebbe fare i conti col marito Enrico, titolare dell’azienda di erbe aromatiche “Gli Aromi”, con cui il ristorante opera in stretta sinergia: «Ora abbiamo grandi progetti. Gli Aromi è diventata anche casa comunale, quindi vi si potranno celebrare i matrimoni civili. Voglio poi creare un piccolo resort in azienda con casette dove ospitare in stile b&b le persone. Poi intendo creare il mio orto, per cucinare con i nostri prodotti».

La chef comincia oggi a raccogliere i frutti di tanti sacrifici: nel ristorante lavorano 6 persone (4 in cucina, compresa la stessa Rita Russotto e 2 in sala), ma gli inizi non sono stati facili: «Nei primi tempi gli sciclitani non mi hanno capita. La mia cucina è stata apprezzata soprattutto da chi veniva da fuori, non tanto dalle persone del luogo. Adesso, però, la diffidenza è passata».

E la maggiore soddisfazione per la chef italo-americana è «vedere i miei clienti felici, i miei commensali che tornano: molti clienti vengono da fuori e hanno casa a Scicli e mi dicono che, quando tornano, la prima tappa obbligatoria è venire a mangiare da me. Nel mio ristorante si sentono bene, si sentono come a casa: la più grande soddisfazione è vederli sorridere». Bandita dal suo locale la parola “chic”: «A me piace che la gente faccia la scarpetta sul piatto e si lecchi le dita».

 Ma alla fine, cosa ha dato alla migrante al contrario Rita   Russotto la Sicilia che l’America non riusciva a darle? «Un po’   di serenità: la vita in America è troppo frenetica, qui regnano   serenità e calma. La maggior parte delle persone qui sono   educate, solidali, generose, sorridenti, in America la gente   non ha neanche il tempo di essere così: corre, corre, corre e   basta». Ciò a riprova del fatto che l’America si può trovare   anche in Sicilia: «Sicuramente. Purtroppo la Sicilia e l’Italia in   generale scontano tanti problemi nei servizi, nel lavoro, il   sistema politico è completamente sbagliato e questo si   ripercuote su tante cose. Però il Belpaese ha tanti lati   positivi». Un po’ un monito per i tanti che vogliono scappare:   «A me dispiace tanto quando sento i giovani dire che vogliono   andare all’estero: è veramente un peccato, perché noi   abbiamo risorse immense in Sicilia e la nostra terra è così   generosa che ci offre tanto, tutto direi. Ma viene sfruttata male. Ci sono tanti ragazzi con tanto talento, tanta voglia di fare che però, anziché mettersi in gioco in Sicilia, donano le loro capacità ad altri Paesi: questo mi rattrista». Ecco, allora, il consiglio ai giovani: «Di credere sempre nelle proprie capacità, di non arrendersi mai se falliscono e di essere perseveranti, andando sempre avanti senza guardarsi mai indietro. E soprattutto di amare questa terra meravigliosa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA