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L'INTERVISTA

José Rallo di Donnafugata, la signora del vino che Mattarella voleva ministro: «La mamma, i vigneti, l’Etna… Vi racconto la mia Sicilia»

Appena premiata come Ambassador della cultura d’impresa familiare italiana, è stata inserita da Forbes tra le 100 donne più influenti d'Italia

Di Ombretta Grasso |

Il ritmo del samba muove i suoi bilanci. La sensualità del Ben Ryé «è una bossanova», il rosso «dal bouquet vellutato “Mille e una notte” è puro jazz». La passione per la musica disegna la signora del vino siciliano che ha fatto dell’eleganza la sua cifra. Tenace e solare, radici profonde con cinque generazioni di esperienza nel vino in 170 anni, occhi al futuro, José Rallo, amministratrice delegata e co-titolare di Donnafugata, una delle 100 donne più influenti secondo Forbes Italia, è stata appena insignita del premio Aidaf.

«Ho avuto un sacco di fortuna nella mia vita – racconta con la sua voce ridente – Ho conosciuto mio marito, un siciliano che amava la musica e il jazz, e abbiamo creato le prime band: lui suonava e io cantavo. Ho cercato una formula che unisse musica e vino, le mie due passioni, e ho abbinato la singola bottiglia a un brano che potesse accompagnarne la degustazione. E’ stato subito un successo».

E’ stata premiata come azienda familiare e in Sicilia la famiglia è tutto.

«Una grandissima emozione, un premio importante, accanto ad aziende come Lavazza o Illy. L’impresa familiare ha lati positivi, ha maturato know-how, lavora per le generazioni future, ha un maggiore legame con l’azienda. E’ dificile parlare in maniera generica, perché tra la seconda e la quinta generazione i cda cambiano. Le scelte però non sono uguali per tutti. Noi abbiamo deciso di fare ricorso  a consulenti esterni. Abbiamo imparato ad allargare la visione e a stemperare le passioni forti».

Tutto inizia da mamma Gabriella.

«Una rivoluzionaria, nel ’74 eredita la vigna a Contessa Entellina e comincia ad occuparsene in un mondo di soli uomini che non hanno la minima fiducia in una donna. Una “donna-fugata” che abbandona il suo lavoro di insegnante e diventa pioniera della viticoltura di qualità. Molto è dovuto alla sua sensibilità. E’ lei a dar vita a una comunicazione innovativa, a far realizzare le etichette d’artista a Stefano Vitale».

L’acqua e il vino: la Sicilia deve affrontare il cambiamento climatico.

«Un cambiamento che innanzitutto bisogna riconoscere e che va affrontato. Ha due facce: quest’anno la siccità, l’anno scorso tanta pioggia. Ma contro il clima asciutto ci si può organizzare, raccogliere la poca acqua piovana che abbiamo, riempire i bacini e collegarli con reti che non siano colabrodo. Serve una visione di lungo termine, lavorare in sintonia privati e pubblico. A Pantelleria abbiamo sofferto, abbiamo avuto un 50% in meno di produzione, sull’Etna, su quella montagna meravigliosa, ci sono piogge e temperature invernali, il vigneto ce la fa».

Sull’Etna per anni c’è stato un grande silenzio, ora c’è un coro enorme. Finirà per stonare?

«Rappresenta solo l’1% della superficie del vigneto siciliano, ma questo territorio vulcanico, montano e allo stesso tempo mediterraneo, ha generato una curiosità pazzesca e traina anche la Sicilia perché fa parte del continente vitinicolo dell’Isola. Noi siamo arrivati nel 2016 con grande prudenza, oggi pensiamo di esprimere al meglio il carattere del territorio».

Troppe cantine, troppo vino?

«Ognuno porta il proprio contributo, ogni azienda sperimenta soluzioni produttive. Vedrei il lato positivo, si nasce piccoli. Abbiamo consorzi di tutela, denominazioni di origine che sono strumenti importanti di scambio. Si gioca come una squadra e in questo la Sicilia è stata all’avanguardia, le altre regioni ci guardano».

Il vino è un esempio della Sicilia che “fa” e che che “fa squadra” , come contagiare altri settori?

«Siamo stati fortunati, il territorio aveva grandi potenzialità e in più abbiamo avuto persone, come mio padre Giacomo Rallo, Diego Planeta, Lucio Tasca, che hanno trainato le piccole imprese e hanno fondato Assovini che ha permesso di promuovere il vino siciliano in tutto il mondo. E’ un modello che si potrebbe replicare, bisogna fare rete tutti insieme. Io dedico molta attenzione al trend positivo del turismo, in particolare di alta gamma. Gli hotel esclusivi stanno nascendo a Taormina, che è tornata agli antichi fasti, a Palermo, Noto, Sciacca. Un settore che genera indotto, perché ha un gran bisogno di manodopera, bisogna investire nella formazione di alto livello. Il vino è collegato a questo flusso, ospitiamo i turisti nelle nostre cantine cercando di creare una full immersion nel territorio, nell’arte e nell’enogastronomia siciliana».

I siciliani non ci credono fino in fondo?

«Un amico mi ha ricordato che la lingua siciliana non ha il futuro, si parla al presente. Probabilmente abbiamo degli aspetti culturali che vanno superati però non possiamo non dire che negli ultimi 40 anni ci siano stati progressi incredibili dal punto di vista imprenditoriale, culturale, di mentalità».

Sommersi dai rifiuti e con infrastrutture carenti, la Sicilia reale sembra lontana dal turismo di alta gamma.

«Anche i cittadini dovrebbero pensarci, se non si pagano le tasse e si lascia il sacchettino dei rifiuti dove viene prima, le cose non si potranno sistemare mai, la pubblica amministrazione ha le sue responsabilità, e se sbaglia è giusto farsi sentire, protestare, però cerchiamo di condividere questa visione di una città, di un paesaggio puliti. Le infrastrutture? Siamo indietrissimo, è una tragedia. Noi impieghiamo 5 ore per arrivare ad Acate e altrettante per Randazzo, nel 2016 erano 4. Ma questi ostacoli ci rendono imprenditori più forti, dobbiamo dare il meglio di noi, usare la creatività per inventare soluzioni. Andiamo avanti».

Il presidente Mattarella nel 2018 la voleva ministro dell’Agricoltura.

«Io tifavo contro – dice ridendo – non pensavo assolutamente di essere all’altezza di un compito così importante. Però, ovviamente, a Mattarella non avrei mai potuto dire di no e quindi sono stata in ballo per un paio di giorni. Sono andata subito a Roma con mio fratello Antonio e abbiamo cominciato a mettere insieme una squadra. Poi, Cottarelli mi ha richiamato: si era trovata un’intesa politica e noi tecnici abbiamo fatto un passo indietro. Sono stata orgogliosa, felice di essere stata chiamata ma anche felice di non aver fatto questa esperienza».

Il difetto dei siciliani?

«Ci vuole più ambizione, che non è una parola brutta. E’ un tendere alla qualità estrema, all’organizzazione aziendale più efficiente e più efficace possibile, uno sguardo alla cultura, alla creatività. Ambizione è fare propri tanti spunti che sono attorno a noi e non limitarci sempre a dire “la politica potrebbe, dovrebbe, fare prima di noi”. Io dico partiamo noi, facciamo uno, due, dieci passi e poi la politica ci verrà incontro. Siamo noi cittadini, noi imprenditori a dover avere una visione».

Come vede il futuro del vino?

«Nelle aziende familiari ci sono già le nuove generazioni, tantissimi under 40. Mia figlia ha fatto quattro anni di esperienza tra Loacker e Bauli e da due è in azienda, mio figlio lavora da quando aveva 19 anni e andrà negli Usa a lavorare per un importatore di vini italiani per fare esperienza su un mercato importante. Una volta mi hanno chiesto quali consigli dare alla next generation, ma sono i giovani che devono dirmi come vedono il futuro, qual è la loro visione del vino, dell’impresa, della società. Abbiamo ragazzi che sono cittadini del mondo, ascoltiamoli».

Il luogo del cuore?

«Ne ho due: Erice, perché lì mi sono sposata nello stesso giorno dei miei genitori con l’abito di nozze di mia madre. E poi Pantelleria, un luogo unico dove serve tanto coraggio per coltivare la vigna».

Un posto da scoprire?

«Mi piacerebbe salire sui Nebrodi, sulle Madonie, che non conosco bene. E vorrei moltissimo vedere il teatro di Andromeda, ha qualcosa di magico. Essenziale nella sua bellezza».

Come definirebbe la Sicilia?

«Per fortuna è stratificazione culturale. Da Federico II, che ha conciliato ebrei, musulmani, cristiani, la Sicilia ha sempre rappresentato lo stare insieme di culture diverse, un tema all’ordine del giorno».

Come dovrebbe essere l’Isola del futuro?

«Sempre più solare, positiva, ottimista: sono le parole chiave. La Sicilia è destinazione di un turismo sempre più ampio, culturale, naturalistico, enogastronomico. Il turismo è importante perché implica la tutela del paesaggio, dobbiamo preservare i nostri tesori, non sfregiare l’ambiente. E poi coltivare sapori, odori, profumi, abbiamo vini e piatti meravigliosi».

Sicilia madre o matrigna?

«Madre. Ho vissuto sette anni lontana dalla Sicilia ed era ogni giorno nei miei sogni. Sono una donna di mare, amo la barca, le vele, la luce dell’Isola. Noi che abbiamo la fortuna di vivere qui consideriamoci cittadini di serie A, cerchiamo di essere un po’ più ambiziosi e mettiamo a frutto i nostri talenti».

E’ stata inserita tra le 100 donne più potenti d’Italia.

«A volte esagerano!».

E sorride ancora una volta.


Ambassador dell’impresa di famiglia

José Rallo è stata appena premiata dall’Aidaf, l’Associazione delle aziende familiari che in Italia rappresenta 300 imprese, come Ambassador della cultura d’impresa familiare italiana: “La sua sensibilità l’ha portata a comunicare una Sicilia innovativa e l’eccellenza del Made in Italy, nel dialogo tra arte, vino e sostenibilità” (foto).

Laureata in Economia e Commercio con lode e menzione d’onore alla Scuola Superiore di S. Anna di Pisa, dopo un’esperienza in società internazionali, nei primi anni ’90 José Rallo è entrata a Donnafugata, l’azienda vitivinicola di famiglia fondata nel 1983 dai genitori Giacomo e Gabriella. Con il fratello Antonio, è oggi amministratrice delegata di Donnafugata; l’azienda ha le cantine storiche a Marsala e quattro tenute per 488 ettari, tra Contessa Entellina, Pantelleria, l’Etna e Vittoria. Volto e voce dell’azienda, José Rallo si è impegnata per lo sviluppo eco-sostenibile e culturale del territorio e ha innovato la comunicazione del vino con il “Donnafugata Music & Wine Live”. Prima donna membro del CdA del Banco di Sicilia su nomina di Unicredit e Presidente del Comitato Territoriale Sicilia (2008-2010), è membro dell’Associazione Donne del Vino e consigliere di Assovini Sicilia. Ha ricevuto importanti premi: Mela d’Oro dalla Fondazione Bellisario nel 2002, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2009, Premio Firenze Donna nel 2010, Accademico dei Georgofili nel 2017, e nel 2018 Premio “L’Italia che comunica con Arte”. E’ nel Consiglio di amministrazione dell’Ice e Consigliere di amministrazione del Fai.

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