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Gloria Giorgianni: «Voglio raccontare la Sicilia che non è solo boss e poliziotti»

La produttrice palermitana è la nipote di Elvira Sellerio. La sua storia, dalla gavetta alla nascita della sua casa di produzione, Anele. In progetto una serie tv su Biagio Conte scritta da Stefano Rulli

Di Ombretta Grasso |

La sua gavetta è stata caffè e fotocopie per il capo, il produttore della Palomar Carlo degli Esposti, che ha portato Montalbano e Makari in tv e fatto scappare più di una segretaria. Quasi come Andy, ricordate?, l’assistente personale della potente (e terribile) Miranda Priestly ne “Il diavolo veste Prada”. Ora Gloria Giorgianni, palermitana di razza normanna, bella, raffinata e in gambissima, guida con tenacia e passione Anele, la casa di produzione da lei fondata che racconta storie di donne, vite quotidiane e straordinarie.«Rivendico il primo anno e mezzo di caffè e fotocopie – sorride adesso – Carlo degli Esposti mi disse: “non so insegnare nulla, non so spiegare, ma se vuoi fare questo lavoro, guardando e ascoltando con curiosità, potrai impararlo”. I ragazzi oggi forse non hanno la voglia di aspettare, ma il percorso è più interessante, a volte più importante dell’obiettivo. Pian piano sono passata ad altri ruoli, story editor, produttore delegato della serie di Montalbano».

Com’è diventata produttrice?

«Sono stata alla Palomar 12 anni, ma negli ultimi tempi sentivo l’esigenza di raccontare il reale. Ne ho parlato con Degli Esposti ma non era interessato in quel momento. Bisogna anche riconoscersi nelle cose che si fanno, trovare un senso. Ero stanca di seguire lo stesso tipo di fiction, volevo raccontare storie di donne, di riscatto, di impegno, figure note ma non solo».

Come c’è riuscita?

«Mia mamma nel frattempo si era ammalata di Sla. Dopo la sua morte ho visto il mondo in un’altra prospettiva. Anele è il suo nome letto al contrario, ho voluto tenerla accanto a me, con la sua forza, con quello che mi ha insegnato nell’affrontare questa malattia terribile. Ho preso coraggio per fare un salto nel vuoto. Quando mi sono dimessa avevo solo un computer e i soldi della liquidazione».

Il momento più difficile?

«L’inizio. Quando mi sono licenziata dalla Palomar tutti mi guardavano come se fossi impazzita, nessuno mi ha detto brava, nessuno ci credeva. Avevo poco più di 30 anni ed ero una donna, che volevo fare? Avevo perso mia madre da poco e le persone pensavano che fosse per quello, che era “un periodo”».

Come ha trovato le risorse?

«Si trovano vendendo il prodotto, bisogna avere idee, storie. Ho iniziato con un documentario su Camilleri con i miei cugini Sellerio. Ero legatissima a mia zia Elvira, una figura importante per me. Poi ho proposto a Rai fiction, a Tinny Andreatta, un nuovo formato: 10 film da 10 minuti tratti da “Donne” di Camilleri. Un lavoro difficilissimo, fatto con pochissime risorse grazie a tanti che ci hanno creduto. Giancarlo Leone, allora direttore di Rai1, lo mandò in onda dopo il Tg1. Una scommessa, abbiamo fatto il 22% di ascolto».

Lavora in un mondo tipicamente maschile.

«Una donna deve continuamente conquistarsi la credibilità ed è sempre soggetta a chiacchiere e atteggiamenti misogini. Mi hanno pure rimproverato i tacchi! Ma alla fine contano i risultati, la qualità di quello che fai».

Cos’è cambiato negli anni?

«La situazione sta migliorando. Con Anele sono nel direttivo dell’Associazione produttori audiovisivi e c’è un grande aumento di sceneggiatrici, di autrici, meno di registe e produttrici. Ma siamo lontani da una parità di salari, di budget. Con le donne cambia il modo di fare squadra, lo sguardo, è importante avere racconti differenziati».

Cos’è oggi il suo racconto?

«Voglio portare avanti un percorso sulla Sicilia. Nel cinema, nella tv generalista l’Isola è un po’ soffocata tra mafia e antimafia. Temi importanti, necessari, ma non possiamo sempre essere rappresentati come mafiosi o come magistrati e poliziotti. Abbiamo bisogno di un racconto un po’ più realistico delle eccellenze contemporanee. Oggi, in giro per il mondo, nessuno mi sa indicare una storia imprenditoriale del Sud. E poi vorrei fare di più per incrementare una vera industria dell’audiovisivo che la Sicilia non ha, al contrario di altre regioni del Meridione».

Cosa manca?

«Manca proprio l’industria. La Regione dovrebbe sostenere questo settore, investire, vedere le potenzialità che offre come sta ampiamente accadendo in Campania, Puglia e anche in Calabria. Il nostro mondo non è soltanto legato all’indotto turistico, importantissimo, ma porta occupazione. Non bisogna soltanto accogliere le produzioni, ma creare infrastrutture, fare formazione, anche per frenare la fuga delle nuove generazioni. Chi arriva porta l’80% delle persone da fuori».

Cosa fare, secondo lei?

«Creare una vera industria dell’audiovisivo, studi, service post produzione, maestranze di alto livello. Far girare qui serie e film anche non siciliani, ma che trovano strutture, maestranze, servizi e spendono qui».

C’è una Film Commission, cosa non funziona abbastanza?

«Ci sono già tanti “pezzi” di questo progetto, Nicola Tantino della Film Commission ha lavorato bene, a Palermo c’è la sede del Centro sperimentale di cinematografia. Manca però un approccio industriale a questo settore, non c’è la volontà. Le risorse non sono sufficienti e sono sempre di meno. Serve una visione industriale più a lungo a termine che porterebbe benefici economici alla Sicilia».

A cosa sta lavorando?

«A una serie su Biagio Conte, un personaggio che ha colpito il cuore di tutti noi, una miniserie in 4 puntate da 50 minuti scritta da Stefano Rulli che prende spunto dalla sua autobiografia scritta con Giacomo Pilati. Il 2026 sarà l’anniversario della morte di San Francesco e vorrei raccontare un San Francesco moderno. Un racconto che fa bene alla nostra terra, su cui mi piacerebbe che la Regione avesse attenzione. Una figura che nasce e opera a Palermo, che ha lasciato una Missione che offre sostegno a chi resta indietro, una storia che sottolinea la forza di comunità e solidarietà che parte dalla Sicilia. Vorrei coinvolgere Alessio Vassallo che somiglia molto al giovane Biagio».

Cosa le piace dei siciliani e cosa vorrebbe cambiare?

«Abbiamo una genialità, una umanità vera. L’unione di creatività e accoglienza è molto rara. Il lato negativo che io sento, però io credo di aver ingoiato una tedesca! – confessa ridendo – è che c’è una certa indolenza, una sorta di fatalismo, le cose della vita vengono subite invece di cercare di fare qualcosa per cambiarle. Eppure tante persone hanno cambiato la storia di questa terra, mia zia Elvira ha cambiato la storia culturale e imprenditoriale, ammiro la figura di Piersanti Mattarella, una mente politica raffinata. Ho realizzato con Minoli la docuserie “Donne di Calabria”, poi “Donne di Campania”… mi piacerebbe raccontare ritratti femminili siciliani».

Luogo del cuore?

«La mia famiglia ha una villa sotto Monreale, una collina che vede il golfo. Sono molto legata a Monreale, dove da piccola sentivo messa. E sono legatissima allo Spasimo, dove andavo da ragazzina quando volevo stare a pensare, un luogo magico».

Cosa farebbe se avesse una bacchetta magica?

«Mi piacerebbe poter mettere insieme le eccellenze, le genialità di questa terra che sento un po’ disperse. Poter dare la capacità di mettere le cose a sistema, costruire qualcosa che rimanga per le future generazioni. Dobbiamo regalarci la possibilità di essere un po’ più moderni restando ancorati alle nostre radici».

Dalla Palomar alla casa di produzione Anele

Gloria Giorgianni, nata e cresciuta a Palermo, dalla zia Elvira Sellerio ha assorbito la libertà intellettuale e la voglia di realizzarsi da sola. Il suo sogno è sempre stato quello di raccontare storie del nostro Paese attraverso il cinema e la tv. A 20 anni si è trasferita a Roma e ha iniziato a lavorare alla casa di produzione Palomar, prima come redattrice di un programma di Deaglio “Così va il mondo”, poi come assistente di Carlo degli Esposti, diventando poi producer e braccio destro del fondatore. Nel 2013 ha fondato la sua casa di produzione indipendente Anele, il nome della mamma, Elena Battaglia Giorgianni (cognata di Elvira Giorgianni Sellerio) letto al contrario, con una squadra in gran parte al femminile.

Michele Placido è Arnoldo Mondadori nella docu-fiction “Arnoldo Mondadori”, prodotta da Gloria Giorgianni per Anele in collaborazione con Rai Fiction. Foto Kash Gabriele Torsello

In poco più di 10 anni ha firmato oltre 30 prodotti audiovisivi per i principali broadcaster italiani e per il cinema, che hanno vinto premi, ottenuto record di ascolti e ottime critiche. Con le sue produzioni racconta il Paese, le sue storie e i suoi personaggi esemplari con un linguaggio originale e un’attenzione costante alla sperimentazione, spaziando tra formati e generi diversi, dai documentari ai film, dalle serie tv alle webseries: da Arnoldo Mondadori (con Michele Placido, nella foto sopra) a Nilde Iotti, da Carla Fracci a Francesco Baracca. Ha raccontato i presidenti della Repubblica, Calvino, le donne di Pasolini, la storia del Milite Ignoto e le vite dei Corazzieri. La serie “Illuminate”, prodotta con Rai Cultura, racconta italiane che si sono affermate in diversi settori. Il legame con il territorio è fondamentale nella sua produzione, come ne “La stoccata vincente”, il film tv dedicato al campione di scherma catanese Paolo Pizzo. Sono iniziate le riprese di “L’altro ispettore”, serie tv sulla cultura della sicurezza, con Alessio Vassallo (nella foto sotto).

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