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Giovanni Nicolosi: «Il mio pellegrinaggio laico sull’Himalaya»

Di Giulio Giallombardo |

La bandiera del Parco delle Madonie tra le vette dell’Himalaya. È adagiata su una panchina in cima al mondo, lì dove le montagne sono riflessi del sacro: le case degli dei. A portarla lassù in alto, spinto da una passione diventata lavoro e stile di vita, è stato Giovanni Nicolosi, madonita doc, guida ambientale escursionistica che da anni si occupa di turismo naturalistico. Quasi un pellegrinaggio laico, che dal massiccio montuoso a due passi da Palermo, con un balzo attraverso i continenti, lo ha portato fino alle cime del Nepal. Una storia d’amore per la montagna, percorsa con la bandiera delle Madonie sulla schiena, un pezzetto di Sicilia che adesso, forse, contempla ancora l’Annapurna, il decimo monte più alto della Terra, con i suoi 8.091 metri. «Ho percorso in quattro giorni 80 chilometri, 15mila gradini, con circa 8mila metri di dislivello, tra salite e discese», racconta Nicolosi, che durante il suo viaggio, quando riusciva ad agganciarsi a una rete wi-fi, ha riempito la bacheca del suo profilo Facebook di foto e post come un diario di viaggio.

Atterrato a Katmandu, dopo una giornata di rafting a Pokhara, attraversando il fiume in gommone, il 42enne escursionista originario di San Mauro Castelverde inizia il suo cammino che lo porterà a Poon Hill, a 3.200 metri d’altezza. Un percorso tra villaggi gurung con vista su cime innevate, tra cui il Dhaulagiri e l’Annapurna, entrambe vette che superano gli ottomila metri. Un cammino lento, quasi fuori dal tempo, «sempre con la mia terra nel cuore», racconta Nicolosi, che proprio in quella terra è tornato dieci anni fa, dopo averla lasciata a 19 anni, per trasferirsi a Bologna, dove si è laureato in semiotica e in arte. «Questo viaggio incredibile mi ha fatto capire come basterebbe poco per rilanciare il turismo naturalistico anche nelle nostre montagne, a partire proprio dalle Madonie, dove è impossibile fare un trekking di più giorni in alta quota, perché mancano strutture e rifugi adeguati per trascorrere la notte”, spiega Nicolosi, responsabile del Centro di educazione ambientale “Il Grifone”, realizzato a Piano Battaglia da Legambiente.

«I nepalesi puntano molto sul turismo e sono ben attrezzati – prosegue la guida – in quattro giorni di cammino ho incontrato tanti villaggi e ho visto solo tre case abbandonate. Quel poco che hanno sanno valorizzarlo, in ogni villaggio ci sono bar, alloggi dove trascorrere la notte, piccoli negozi. Ogni pezzo di terra viene sfruttato al massimo, nonostante le pendenze siano in più punti proibitive, e sono gli stessi abitanti dei villaggi a occuparsi della manutenzione dei gradini e dei sentieri. In Nepal, le montagne sono abitate, da noi invece c’è un progressivo spopolamento che sta fa male al territorio». Parole che rigirano il coltello nelle piaghe di un territorio, quello madonita (come altre zone interne della Sicilia), che si va progressivamente svuotando, con i giovani che sono i primi a fare le valigie, perché non vedono futuro lì dove sono nati. «Anch’io sono scappato – ammette Nicolosi – ma, dopo essermi laureato, ho deciso di tornare perché credo fortemente nel rilancio del mio territorio». Così Giovanni, con due lauree magistrali in tasca, adesso è diventato una guida dell’Aigae, l’associazione professionale di categoria, e da qualche anno ormai si occupa a tempo pieno di turismo naturalistico e culturale con l’Associazione Madonie Outdoor, di cui è socio fondatore.

«La mia esperienza in Nepal ha reso ancora più evidente che, nonostante siano stati fatti passi avanti verso la valorizzazione delle nostre terre – puntualizza la guida – dobbiamo ancora fare il salto di qualità. Bisognerebbe essere lungimiranti e capire che il futuro sta proprio nella sostenibilità del turismo, e non servono necessariamente grandi investimenti economici o infrastrutture all’avanguardia, basterebbe rimettere in sesto i tanti rifugi abbandonati delle nostre montagne, e dove non ci sono costruirli per garantire una rete di ricettività che in questo momento è pressoché assente». Così, Himalaya e Madonie – ma potremmo anche dire Sicilia – con la loro sconfinata diversità, diventano due opposte visioni del mondo a confronto, in cui la prima potrebbe fare da modello alla seconda. «Ho incontrato un popolo che non sembra conoscere ansia o stress, ho conosciuto una natura che ti fa sentire piccolissimo, un cielo stellato limpidissimo, e una cultura millenaria legata alla terra e ai suoi cicli. Ma la bandiera delle Madonie l’ho portata sempre con me, lasciandola su quei monti durante un trekking fatto all’alba. Brividi che resteranno nel mio cuore per sempre».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA