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Giovanna, signora della lana d’Angora: «Da Catania alle Dolomiti, la mia vita agreste tra conigli e malghe»

Di Redazione |

Conegliano (Treviso) – Nelle mani, la memoria di gesti antichi, nella testa la consapevolezza di aver ripreso una produzione ormai scomparsa in Italia, nel cuore la passione per gli animali e per la lana, in tasca una laurea in economia e commercio presa a Catania. Giovanna Giuffrida, 45 anni, catanese, trapiantata per amore ai piedi delle Dolomiti bellunesi, produce lana da conigli d’Angora. Una piccola produzione che “racconta” nelle fiere della sua zona, mentre fila a mano con l’arcolaio il pelo “maturo” di un coniglio che le sta tranquillo sulle gambe. Di questi conigli “giganti” che servono proprio per il loro vello Giovanna ne ha una decina. «Ho sempre avuto la passione per gli animali – dice – ed avrei voluto da subito le pecore, ma per farlo ci vuole spazio ed io non l’avevo, così ho iniziato con i conigli Angora che potevo allevare nel giardino di casa». Poi, con gli anni, quel desiderio di allevare animali più grandi si è realizzato ed oggi Giovanna Giuffrida si divide fra la sua casa in provincia di Treviso, sulle colline di Conegliano e una malga che gestisce nel periodo estivo con un socio nel territorio di Belluno, ai piedi del monte Pelmo (in Cadore) dove alleva vacche, galline, pecore merinos (in un’altra sede della società in Val di Zoldo). Oltre al fiore all’occhiello della lana d’Angora produce latte, formaggio, e cucina per gli ospiti dell’agriturismo. «I miei studi in Economia e commercio mi sono venuti incontro per capire che un’azienda agricola, oggi non si regge solo con un genere di produzione – spiega -. Ad un certo punto la lana d’Angora non bastava più».

La capacità di filare la lana l’ha ereditata, quasi inconsapevolmente, dalle nonne, Sarina, di Acireale, che le ha insegnato a lavorare a maglia e nonna Giovanna, originaria di Modica, che era la creativa della famiglia. «Questa abilità, l’ho sempre avuta – le mani hanno una memoria, le mie hanno ereditato questa capacità quasi istintivamente. Mia madre è una metalmeccanica, una “tosta”. Quando mi sono laureata a Catania vivevo già qui – ricorda – ed ho provato per un periodo a fare la commercialista. Ho capito, però, che non era il lavoro che desideravo fare. Non ci dormivo la notte, perché comunque lo facevo con grande senso di responsabilità nei confronti dei miei clienti, ma non ero serena nell’affrontare il sistema contabile fiscale che in Italia, peraltro, fa schifo. Così mi sono detta “la prossima contabilità che voglio tenere sarà la mia”. Nel 2013-2014, ho detto basta ed ho cominciato da quello che sapevo fare bene, cioè la lana di cui ho una profonda conoscenza».Il passaggio da commercialista ad allevatrice-casara-contadina-produttrice di lana non è stato così facile come si potrebbe credere, a dispetto della moda del “mollo tutto e cambio vita”. «È chiaro – avverte Giovanna Giuffrida – che non è facile, tanto più dovendo conciliare il tutto con due figli, ancora in età scolare. Detto questo, è bellissimo che oggi in Italia si rivaluti il “primario” come settore produttivo. Credo che i giovani debbano rivalutare questo settore, però avendo chiaro che comporta tanti sacrifici. Gli animali hanno la necessità di essere puliti, curati, gestiti sull’alimentazione anche sabato, domenica, Natale e Capodanno. La scelta di passare a questo stile di vita dev’essere fatta sempre con grande consapevolezza. Se è vero che arrivano dei contributi (ed io non ho potuto accedervi perché avevo superato l’età) è vero anche che bisogna mettere giù un business plan molto accurato prima di impiantarsi come azienda, perché all’inizio c’è sempre grande curiosità, le persone vengono a trovarti, ma se poi il riscontro non è supportato da un prodotto valido, la gente non viene più a comprare e ci si ritrova nel momento in cui devi pagare le rate dei mutui a non avere entrate. Ne ho viste, in questi anni, di aziende che si sono trovate in grande difficoltà ed hanno dovuto valutare la chiusura con grandissimi problemi perché poi bisogna restituire i finanziamenti ricevuti».

Quest’anno per la prima volta, lei e il suo socio, hanno deciso di far lavorare una piccola quantità di lana d’Angora ad una ditta. «Il problema oggi di chi fila la lana in Italia – spiega – è che si parte da quantitativi minimi molto importanti per noi. Parliamo da 150 kg in su, ma la nostra produzione è di appena, 5 kg. Io l’ho sempre filato da me, non abbiamo mai fatto pubblicità, abbiamo sempre tenuto un profilo basso anche sulla comunicazione. Ci piace che la gente scopra questa realtà per esperienza diretta, magari venendo nella nostra malga, non ci autocelebriamo. Io sapevo che i miei conigli d’Angora facessero un filo speciale, però finché lo dico io che sono la loro “mamma” è un conto, quando invece senza far troppa pubblicità lo metto lì e vedo che c’è un riscontro, vuol dire che siamo sulla strada giusta».

La vita in malga va da giugno a settembre. «Ci trasferiremo tra poco – annuncia Giuffrida – e lì facciamo anche da mangiare. Con gli agrichef bellunesi sto seguendo un corso per arricchire il mio menù tipico della zona, sebbene ci siano delle “contaminazioni” siciliane. Utilizzo menta e finocchietto selvatico che qui non si usano. Oppure, faccio la mia ricotta un po’ salata e friggo due melanzane. Non è propria la Norma “a norma” ma sono cresciuta con questi gusti che mi porto dentro ed è inevitabile che passino nella mia cucina bellunese».Twitter: @carmengreco612

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