Catania
Giovani migranti ciceroni per un giorno
Hanno fatto da guida ai catanesi raccontando le leggende cittadine grazie a un laboratorio ideato e realizzato da Isola Quassùd
Quando sono arrivati a Catania, dopo un lungo viaggio attraverso l’Africa e dopo avere sfidato il mare su barconi insicuri, mai avrebbero pensato che un giorno avrebbero fatto da guida ai catanesi raccontando le leggende della città. E, invece, eccoli a piazza Università, insieme ai soci della cooperativa di guide Guiding Sicily che li hanno accompagnati in un percorso di apprendimento, un laboratorio di narrazione ideato e realizzato da Isola Quassùd nell’ambito del progetto “La bellezza dell’integrazione” di cui è partner. Progetto che si è svolto anche a Milano, Roma e Lecce, con capofila il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) e con il sostegno del fondo europeo Fami 2014-20 (Fondo asilo migrazione integrazione).
Eccoli i ragazzi che sono arrivati dal mare, che con fatica hanno studiato l’italiano e poi si sono dati da fare per qualificarsi e trovare un lavoro, chi come cuoco, chi alla reception di un albergo e chi proseguendo il percorso di studi fino all’Università. Proprio per questo, per impegni di lavoro, alcuni non hanno potuto partecipare all’appuntamento finale di lunedì pomeriggio, ma chi c’è è felice e fiero di illustrare la città a chi come loro la abita, magari da sempre, eppure la conosce poco. Le “guide” per un giorno – Oumar Zaid Cissè che arriva dalla Guinea, Koumbuna del Mali, e Jamal Abdi Ahmed della Somalia – sono consapevoli dell’importanza di conoscere la storia del luogo in cui si vive, sanno bene che «vedere e conoscere sono cose diverse». Anche loro, come tanti catanesi, vedevano i lampioni di piazza Università e tanti monumenti, ma non ne conoscevano la storia, il significato e le tante leggende che vi sono legate. E poi conoscere significa gustare quello che si vede, significa valorizzarne la bellezza e per loro «Catania è bellissima», si sono trovati bene e hanno deciso di restarvi, «se Dio ci aiuta».
E il bello è che nell’apprendere delle leggende e delle storie catanesi hanno scoperto che alcune sono simili a quelle del loro Paese, segno che fanno riferimento ad antichissime credenze e a valori condivisi da popoli diversi. E anche questa è integrazione. La leggenda dei Fratelli Pii, per esempio, parla dell’amore filiare di due giovani che, durante un’eruzione dell’Etna, cercano di mettere in salvo i genitori caricandoseli sulle spalle, a rischio della propria vita, tant’è che non riescono a sfuggire all’avanzata della lava che però, commossa, si apre in due bracci risparmiandoli. Anche in Guinea – racconta Zaid – c’è una storia analoga. Un ragazzo che si dà da fare per sfamare la madre rimasta sola che, consapevole di essere alla fine dei suoi giorni, lo benedice prima che esca di casa a cercare ancora cibo e aiuto. La donna morirà comunque, ma la sua benedizione farà in modo che il giovane incontri una ragazza ricchissima che si innamora di lui cambiandone la vita. Una storia che ha una morale. «Per noi i genitori sono fondamentali come la loro benedizione, li consideriamo sacri, vengono sempre obbediti e hanno sempre ragione». E i genitori italiani li invitano a parlarne con i propri figli.
C’è poi la leggenda di Gammazzita, la ragazza che, molestata da un soldato francese, sceglie di salvare il proprio onore gettandosi nel pozzo che da allora prenderà il suo nome. Una storia che farà insorgere la popolazione contro i dominatori angioini, al tempo dei Vespri siciliani nel 1282. Anche nei Paesi africani ci sono storie di donne coraggiose che si difendono da violenze e soprusi. In Mali, racconta, Koumbuna, ce n’è una simile a questa e alla leggenda di San Giorgio e il drago descritta su una tela antica esposta nella cattedrale di Catania. Anche in questo caso c’è una ragazza da immolare per il bene del villaggio, ma il suo fidanzato, come San Giorgio, si ribella e uccide il capo. Riesce a salvare la vita alla giovane, ma non ad evitare che sia violentata e torturata e allora fa sollevare la popolazione contro il re che tollera queste violenze e ne prende il posto per acclamazione.
Un’altra storia di una donna somala ribelle e combattiva la racconta Jamal, quella di una ragazza che non accetta il fatto che le donne stanno in casa a pensare alla famiglia e tutte le attività pubbliche sono riservate agli uomini. Decide allora di sobillare le altre donne e di convincere i maschi a stare ognuno nella propria casa solo per un giorno ed è proprio quel giorno che organizza il colpo di mano uccidendone molti. Le donne prendono il loro posto nella vita pubblica e la eleggono loro capo. Sarà lei a decidere che i giovani maschi vengano castrati. Ma finisce male, per una debolezza del cuore. Uno degli uomini scampati al massacro si fidanza con sua figlia e genera un bambino che la spodesterà.
E poi ci sono le storie tipicamente catanesi, come quella dell’elefante di piazza Duomo e dell’acqua a lenzuolo, storie che evocano gli elefanti dei paesi africani e storie di fiumi, come quello bianco e quello nero e dell’ippopotamo che faceva attraversare le persone sulla sua groppa. E tante altre storie e leggende, come quella di Colapesce e del paladino Uzeda, raccontate in una lunga passeggiata che si conclude con una visita al pozzo di Gammazita, al castello Ursino e in piazza S. Francesco, davanti alla statua del beato Dusmet, che predicava l’accoglienza dei poveri. Ed è qui che i ragazzi migranti hanno deciso di concludere questa prima presentazione guidata. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA