Francesco Foti, l’attore gentiluomo che recita ne “Il Cacciatore”

Di Leonardo Lodato / 21 Novembre 2020

Il mestiere dell’attore è come quello del surfista. Cavalchi l’onda e tutti ti applaudono. Ma la prova più difficile è attraversare indenne la pipeline, quel tunnel d’acqua dal quale, ad ogni prova, non sai mai se uscirai vivo, morto o X. Francesco Foti, catanese, classe ’65, è tornato da poco sul set della serie tv “Il Cacciatore”, tratta dal libro dell’ex pm del pool antimafia, Alfonso Sabella, dove recita al fianco di Francesco Montanari. «Alla fine della seconda stagione, Carlo Mazza, che sarei io – racconta Foti, che l’onda la cavalca con maestria – lascia la Procura, mentre Saverio Barone (Montanari, ndr) si va a “nascondere”. Procediamo su due linee diverse ma vivremo degli incroci che rappresentano gli snodi fondamentali per il suo personaggio che ritrova, oltre che l’amico, una possibilità diversa rispetto a quel continuo macerarsi».

Nel frattempo, oltre alla miccia innescata da Beppe Fiorello “contro” le Medical fictions (con risposta elegantemente stupita di Luca Argentero), non possiamo non prendere atto che, da “Romanzo criminale” passando per “Gomorra”, da “Diavoli” a “Doc” e allo stesso “Cacciatore”, l’Italia sta dimostrando di avere tutte le carte in regola per conquistare una fetta di mercato di assoluto valore. «Certo, si sta andando avanti, c’è una maggiore attenzione fin dalla scrittura con punte di diamante proprio come “Il Cacciatore”, e non lo dico perché sono nel cast, ma basti pensare che non è costata come “Diavoli” ma regge il confronto perché è scritta benissimo, prodotta benissimo, con un sacco di esterni, mentre oggi si punta a girare il più possibile al chiuso. Tutto fatto prestando grande attenzione alla qualità e alla spesa. Se stai attento a queste due cose, riesci a tirare fuori un prodotto interessante. Ma non ti nascondo che a vedere certe cose in tv penso proprio che si potrebbe fare molto di più».

Soprattutto perché causa Covid-19, il pubblico si è spostato dalle sale cinematografiche alla poltrona di casa…

«Non vorrei che si approfittasse di questa situazione, La Rai tiene d’occhio un pubblico âgée. Ma non puoi sempre e solo pensare a fare audience. Se in una fiction che attira un pubblico anziano metti dentro la pubblicità delle auto, stai sbagliando strada. Ci vorrebbe qualcosa in grado di scardinare il meccanismo dell’Auditel, pensando di più alla qualità e meno alla popolarità. Quando sento dire che “questa cosa è bellissima” o “questo tizio è bravissimo”, io rispondo: forse è popolare. Certo, c’è anche chi è popolare e bravissimo, mi viene in mente Favino, per restare su un campo inattaccabile. Oggi le produzioni hanno meno soldi in partenza, ma sono costrette a spendere di più, basti pensare ai tamponi e a tutte le precauzioni di carattere sanitario, ma mi dispiace se tutto questo dovesse andare a scapito della qualità. E a volte ho un po’ questa sensazione».

Francesco, lei è più bravo o popolare?

«Molto più bravo che popolare».

Perché?

«Molto bravo perché ho studiato tantissimo e continuo a studiare tantissimo, tra seminari, lezioni anche online con i coach. Da qualche anno sono decisamente pronto per ruoli da protagonista. E non sono abbastanza popolare perché… non sono abbastanza popolare».

Più che meno popolare direi molto riservato…

«Anche. La mia vita privata è mia e basta».

Non paga i paparazzi?

«Io sono negato a fare le Pr. Non riesco a chiamare un giornalista o un fotografo. Che se poi mi dici di andare a pranzo con questo o quel tipo, o di vedermi con quest’altra persona, beh, io voglio essere libero di scegliere cosa fare e chi vedere nel mio tempo libero. Sì, comunque mi sento fuori da quel meccanismo perverso che crea popolarità e quindi, ahimè, occasioni di lavoro».

Facciamo un tuffo indietro nel tempo, molto indietro. Quando ha deciso che sarebbe diventato un attore?

«E’ nato tutto quasi per caso. Da ragazzino andavo al Teatro Stabile con i miei, ma non avevo questa passione. Sì, facevo il cretino al villaggio ma non da animatore ma da fruitore del villaggio turistico alla Tonnara di Oliveri. Finita la scuola mi sono iscritto a Economia e Commercio senza alcuna passione ma solo perché lì aveva studiato già mio fratello e, quindi, potevo risparmiare sui libri. Appena ho cominciato a studiare ho subito pensato di dover necessariamente trovare un modo per sfogarmi, tirare fuori il mio lato artistico. Ho preso in considerazione corsi di fotografia, design, musica, qualsiasi cosa che potesse avere a che fare con il mondo dell’arte. Poi, ho trovato un corso teatrale e ho cominciato a frequentare la famosa Bottega di Padre Ubu, con Rita e Edo Gari ed Ezio Donato, era l ’85. Ho seguito i corsi per due anni e mi è sembrato di avere delle qualità da sviluppare, così mi sono messo a lavoricchiare, e a 25 anni ho detto: proviamo a farne un mestiere. A Milano ho frequentato la Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi” e ho ricominciato da zero. Ho fatto le cose più diverse cercando di mantenere un livello qualitativo il più alto possibile, dal musical ai Cavalli Marci, dalla Radio alla Sit Com, un po’ per voglia di confrontarmi soprattutto con le cose che credevo di non sapere fare».

E nei giorni scorsi è arrivata anche la “chiamata” dello Stabile etneo…

«Hanno chiesto ad alcuni attori di leggere online poesie di autori del Novecento. Mi sono cimentato in una cosa nuova e credo di esserci riuscito abbastanza bene».

Ma il core della sua attività, in questo momento, è la tv con “Il Cacciatore”. Come vive questo confronto con un personaggio “ingombrante” come Francesco Montanari?

«Ci conoscevamo da tempo ma avevamo rapporto di solo “ciao”, sia con lui che con Vinicio Marchioni, per restare in tema “Romanzo Criminale”. Se giri per strada con Francesco, ti rendi conto che, nel cuore della gente, è ancora il “Libanese”. Un personaggio iconico di una serie tv che sdoganato la qualità del prodotto italiano. Sul set abbiamo approfondito la nostra conoscenza. E’ un buon collega e una brava persona. Tra noi è nata una bellissima amicizia. Anche sul set c’è un rapporto che trascende dal personaggio che stai interpretando. Ma per “Il Cacciatore” è così un po’ con tutti».

Quanto ha influito il teatro nella sua carriera?

«Se hai una preparazione anche teatrale sicuramente ti aiuta a gestire il corpo, la voce. Sicuramente mi ha aiutato a capire le differenze tra teatro, tv e cinema, E se le hai fatte tutte, senza affrontarle con lo stesso approccio, vuol dire che hai imparato molto».

Suo cavallo di battaglia sui legni è “Niuiorc Niuiorc”. Se mister Foti fosse americano, per chi avrebbe votato alle ultime presidenziali?

«Avrei votato Biden. Trump, come Salvini e come tanti altri, oltre ad avere idee diverse dalle mie, ha un atteggiamento davvero fastidioso, una cosa che mi disgusta».

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: attore beppe fiorello catania francesco foti il cacciatore teatro stabile