È catanese il Mago Merlino della musica che realizza chitarre e piatti per i big

Di Leonardo Lodato / 05 Giugno 2019

Catania – Narra la legenda che la spada di Re Artù fu forgiata da Mago Merlino con il fuoco dell’Etna. Della presenza di Artù tra le lave della nostra “Montagna”, oltre ai tanti racconti che, dal 1200 ad oggi, si rincorrono, c’è anche la bellissima testimonianza musicale lasciata dal compianto Giuseppe Leopizzi, fondatore degli Aes Dana (la prima band di folk anglo-scoto-irlandese nata a Palermo nel 1982). Fin qui, la legenda. Il resto, ai giorni nostri, è realtà. E il nuovo Mago Merlino risponde al nome di Massimiliano Arrigoni, catanese con una grande passione per la musica. Il fuoco dell’Etna, lui, se lo porta dentro fin dall’infanzia. «Da ragazzino – racconta – suonavo tanto e ascoltavo tanta musica, non sono mai stato un vero talento della chitarra ma quello strumento era sempre con me, mi piaceva suonare ma anche studiarne le specifiche, ero molto curioso, leggevo molto e facevo molte domande. La produzione, invece, non era nei miei pensieri. Pensa che, tra l’altro, sognavo di diventare un marinaio».

Insomma, preso dalla mania dei luoghi comuni che vorrebbe gli italiani (e i siciliani) popolo di santi, poeti e navigatori, Massimiliano le prova tutte. Si laurea in Economia, ottiene un master in Management e punta tutto sull’internazionalizzazione. Anche in campo musicale. «Nella mia vita, ho sempre lavorato, nel tempo libero studiavo. Da ragazzino preferivo pagarmi gli strumenti vendendo enciclopedie e dicevano pure che ero anche bravo a venderle! Poi, lasciai la mia città per lavorare in Toscana e lì feci il venditore di bibite e panini sui treni, hai presente il carrellino con il conducente che urla “caffè!” e suona il campanello? Ecco, ho fatto anche quello. Poi, trovai lavoro per qualche tempo come tecnico in un’azienda di progettazione e fu lì che imparai a disegnare con Autocad. E così, nel tempo libero, disegnavo le mie prime chitarre. La prima in assoluto suonava in toscano e si chiamava Morgan».

Alla fine, dunque, trionfa la musica. Ma il percorso è ancora molto lungo e c’è tanto da raccontare.

«Sono tornato a Catania dopo qualche anno – riprende Massimiliano – cominciando a fare l’agente. Ho venduto di tutto, dalle fotocopiatrici alle medicine ai videogames. Ma presto anche questa attività mi ha portato a trasferirmi nuovamente, stavolta a Milano come Sales Manager di un’azienda italiana prima ed una giapponese dopo. Milano ha stimolato in me l’interesse per i mercati esteri e proprio in quegli anni fui folgorato da un’armonica a bocca trovata occasionalmente in un mercatino. Portava un marchio che mi ricordava fino a quel momento soltanto auto, moto e motori nautici: Suzuki. Così, mi venne in mente di contattare la sede in Nagoja e nacque la mia collaborazione con un’altra azienda giapponese, la Suzuki Corporation, nella qualità di presidente per il mercato italiano. Vivevo ancora a Milano, Parabiago per l’esattezza, e fu da Pusiano, in provincia di Como, che lanciai la distribuzione delle armoniche Suzuki».

Un vero e proprio trampolino di lancio.

«Sì, dalle armoniche alle chitarre il tragitto fu brevissimo ma la scommessa è stata un’altra, quella di ritornare a Catania e di continuare dalla mia città ciò che avevo iniziato a Milano: provare a far rinascere la liuteria siciliana che, negli anni, non era più alimentata e sostenuta ed è stata lasciata morire, e riprendere da ciò che aveva lasciato mio papà Attilio, che aveva collaborato con uno dei più importanti distributori in Italia, il tutto dal garage di casa mia».

Tutto questo sempre da solo?

«No, ho sempre creduto nel gruppo e nel lavoro di squadra, e così ho provato con grandi difficoltà ad aggregare i liutai siciliani e realizzare una sede adeguata, sensibilizzare la politica locale e la nostra Camera di Commercio ma ben presto mi sono accorto che tutto era inutile, sembrava di scalare l’Everest e così ho intrapreso un percorso “solitario” che mi ha portato a dove sono adesso. Ho iniziato la produzione, alcuni modelli in Italia e alcuni in Corea, oggi anche in Indonesia».

Le chitarre realizzate da Massimiliano Arrigoni conquistano il mondo, e oggi le troviamo tra le mani di artisti di tutto rispetto, da Steve Morse (Deep Purple) a Dodi Battaglia (Pooh), fino a Hiram Bullock, scomparso nel 2008.

Stessa cosa accade con i piatti. Mi spieghi la differenza tra “Etna” e “Vulcan”?

«Vulcan è il marchio, il logo riporta l’Etna stilizzata all’interno di un piatto stilizzato a rafforzare l’origine. Mentre Etna è il nome di una delle serie, quella che ha scelto Mel Gaynor (il batterista dei Simple Minds. Ndr) e che riflette maggiormente l’anima rock di Vulcan».

Mel Gaynor, batterista dei Simple Minds

Dove vengono prodotti i vostri piatti?

«I piatti sono interamente progettati in Italia e realizzati artigianalmente a Istanbul».

Perché proprio Istanbul? Ovviamente mi vengono subito in mente aziende come Istanbul Mehmet Cymbals e Bosphorus…

«Ho scelto Istanbul proprio per la tradizione e la sapienza dei maestri artigiani che, unita alla creatività italiana, ci ha permesso di apportare innovazione in un settore qual è quello del piatto».

Quali sono le caratteristiche che li distinguono dalle produzioni di altre aziende?

«Innovazione e design, è una ricerca continua del nuovo, sia per stile che per sound, inseguiamo le reali necessità del batterista odierno senza mai tralasciare chi preferisce la tipicità del piatto turco come nel Jazz tradizionale».

Come è nata la collaborazione con artisti del calibro di Mel Gaynor e Robert Brian che, ricordiamo, ha lavorato per Laura Pausini, Loreena McKennitt, Goldfrapp e Siouxie?

«Per 14 anni sono stato consulente e distributore per un noto marchio di piatti turco, in Italia e Germania. Ho visto nascere quel marchio contribuendo nella scelta dei materiali e nella scelta degli artisti. Robert Brian proviene da questo marchio, quest’anno ha vinto il Grammy in America Latina con la realizzazione del disco di Laura Pausini e suona con molti artisti di carattere internazionale come Peter Gabriel, Loreena McKennitt, Siouxsie Sioux. È uno dei turnisti più ricercati. Con Mel Gaynor c’è un amicizia di vecchia data, suonava con un marchio di batterie americane che importavo prima di far nascere Dr.Beat».

Massimiliano Arrigoni e Mel Gaynor

Quali altri artisti utilizzano i tuoi strumenti?

«In Italia sono molti. In Vulcan la rosa degli artisti cresce con soddisfazione. Considera che Vulcan nasce un anno e mezzo fa, ed in Italia vantiamo circa 20 batteristi, al momento, tra cui Nico Lippolis (Malika Ayane), Enzo di Vita, Antonio Di Lorenzo, Pierluigi Villani. Ma anche tanti giovani come i nostri Ivan Newton e Leonardo Brucculeri. Abbiamo anche tanti giovani batteristi dall’Inghilterra, dalla Germania, Finlandia, come il promettente batterista del nuovo punk inglese, Pete Hawes. Per le chitarre, invece, Edoardo Bennato, Dodi Battaglia, Francesco Tosoni, Riccardo Fogli, Red Canzian e tanti altri. All’estero Steve Morse e Hiram Bullock sono stati i due più rappresentativi. Ultimamente abbiamo realizzato una chitarra per il chitarrista di Anastacia».

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