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Dalla Sicilia a Praga per insegnare storia dell’arte: il viaggio di Flavio

«In Italia troppo precariato». Ora fa il prof all'Università

Di Esmeralda Rizzo |

Per i giovani in Sicilia occuparsi di beni culturali è un sogno che talvolta si realizza solo all’estero. Uno di questi è Flavio Mela, di Piazza Armerina, residente a Praga da diversi anni, dove insegna Storia dell’arte italiana alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Carolina di Praga e dove collabora con l’Istituto italiano di cultura dell’ambasciata d’Italia e con la Fondazione Eleutheria. «Per quanto consideri la Repubblica Ceca e Praga come una seconda casa – afferma Mela – la Sicilia è la mia terra, dove ho le mie radici spirituali e culturali».

Dalla Villa del Casale

Mela, ha alle spalle anni di collaborazioni anche con il Parco archeologico della Villa romana del Casale, grazie a progetti approvati dal ministero della Cultura. Inoltre, ha promosso la realizzazione di varie iniziative per la fruizione, anche didattica, del sito archeologico Unesco della sua terra natale. Numerosi i titoli universitari e di specializzazioni ulteriori, legati al management del patrimonio storico-artistico, accumulati in anni di studio, con la speranza di riuscire a inserirsi in Italia in un settore, come quello dei beni culturali, che si è rivelato per svariati motivi blindato.Mela ha raccontato le esperienze che lo hanno portato dall’Italia nella Repubblica Ceca oltre all’episodio tragico come quello accaduto lo scorso dicembre della strage degli studenti all’Università Carolina di Praga, capitale che descrive tranquilla, con un basso tasso di criminalità, con un sistema di sicurezza efficiente ed efficace.

Il viaggio

«Nel 2014 collaboravo con il Parco archeologico della Villa romana del Casale di Piazza Armerina e durante una pausa delle attività progettuali ho aderito a un progetto di mobilità giovanile dell’allora programma Leonardo, che mi ha portato nella Repubblica Ceca e poi dopo alcuni anni a stabilirmi li». «La mia vita professionale – racconta Mela – è in effetti articolata, ma, ho sempre considerato la cultura come una passione e quindi è sempre stato spontaneo cimentarmi in più percorsi per avere più possibilità di crescita e di investire le mie idee. Collaboro con l’Istituto italiano di cultura dal 2017, in particolare alla gestione della biblioteca e a tutte le attività connesse, come le attività didattiche e altre operazioni di promozione della cultura italiana. Partecipo anche alla realizzazione di progetti culturali della Fondazione Eleutheria, un’organizzazione no-profit, nata nel 2008 dai fratelli parmigiani Augusto e Ottaviano Razetto, dedita alla realizzazione di eventi culturali in Repubblica Ceca, in Italia e in altre nazioni. Tra le iniziative promosse l’allestimento di mostre con grandi autori del passato o di giovani artisti, ma anche rassegne cinematografiche, di street-art, di fotografia».Infine, la docenza a Lettere e filosofia dell’Università Carolina di Praga: un’avventura per Mela nata quasi per caso «a seguito di una mia proposta accolta di introdurre una materia nuova, ovvero la Storia dell’arte italiana, all’interno del corso di Italianistica, che oggi rappresenta una delle materie più frequentate dagli studenti sia della triennale che della specialistica, affascinati dal patrimonio artistico ed architettonico italiano».

Figlio d’arte

Mela è figlio d’arte poiché il suo rapporto con la cultura parte dall’infanzia, grazie al padre Angelo, direttore della Biblioteca “Alceste e Remigio Roccella” di Piazza Armerina ed esperto di latino e greco. Un imprinting di famiglia che ha influenzato le sue scelte umanistiche legate al percorso di studi che lo hanno orientato a focalizzarsi professionalmente sulla valorizzazione del patrimonio storico-artistico.Inoltre Flavio Mela si dichiara convinto che «nonostante i percorsi formativi italiani siano eccellenti offrendo una conoscenza olistica comparabile solo ad alcuni Paesi, l’inserimento nel mondo del lavoro risulti tuttavia blindato. Il settore cultura che non sia l’insegnamento è sempre soggetto a situazioni lavorative precarie. Le politiche del lavoro, almeno nell’ambito delle risorse culturali, sono deboli e non ben strutturate da permettere un assorbimento delle competenze qualificate. Da lì la fuga, ma non di cervelli, bensì di persone che cercano di trovarsi uno spazio nel mondo, di conservare la dignità delle proprie scelte, di dare seguito ai propri desideri. Nella maggior parte dei casi si tratta di una scelta obbligata e non pienamente voluta: un esilio forzato dalla necessità di vivere e non solo di sopravvivere».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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