Dal Trentino a Vittoria inseguendo il Cerasuolo: «Così la Sicilia ci ha “colonizzato”»

Di Carmen Greco / 17 Novembre 2020

Impronta del Nord, materia prima del Sud. Cercata e trovata nella Sicilia di Sud-Est, con l’obiettivo di fare un grande Cerasuolo di Vittoria. 

Quando dieci anni fa Stefano Girelli, storica famiglia trentina del mondo del vino con un braccio produttivo anche in Toscana e negli Usa, decise di trasferire l’attività esclusivamente in Sicilia tutti lo presero per matto. Passare dal pinot grigio al frappato, sembrava un salto nel vuoto. Soprattutto lo sarebbe stato cambiare filosofia sul modo di fare il vino: ieri convenzionale, oggi biologico. Tanti cambiamenti, tanti investimenti. «Ma sa come si fa una piccola fortuna nel mondo del vino? – domanda – si parte da una grande». E una grande azienda alle spalle (il padre, Renato, tanto per dire è stato uno dei soci fondatori della Cesarini Sforza, maestri del metodo charmat per lo spumante) ce l’aveva.

In realtà l’innamoramento per la Sicilia era nato già dieci anni prima.

«Io ho sempre avuto il pallino della coltivazione bio – racconta in piazza Duomo a Catania davanti ad un piatto di Peppe Guglielmino, chef di “Gulien” – ero andato perfino a documentarmi in California e lì ho cambiato la mia concezione del biologico da vino “particolare”, come avevo pensato fino ad allora, a vino di qualità».

Il biologico in realtà era una “scusa”, la vera ricerca era sul metodo di coltivazione: aspettare invece di “forzare” le viti per rispettarne l’identità il più possibile. «Abbiamo visto che in Sicilia il numero dei trattamenti era ridicolo, uno, al massimo, a fronte dei 15-16 che facevamo in Trentino, quindi il biologico era portata di mano. La Sicilia vent’anni fa era un giardino. Qui abbiamo imparato a guardare la vigna in un’altra maniera, abbiamo dovuto fare i conti con tutta una curva di conoscenze, dall’allevamento alle potature, agli innesti, che non avevamo, e c’è voluto del tempo. Se è vero che il vino nasce in vigna, senza stressare le viti, in cantina devi fare poi poco e niente».

La zona vocata dove realizzare tutto questo è stata quella di Vittoria, patria dell’unica docg siciliana, il Cerasuolo. Qui, Girelli e la sorella Marina hanno acquistato due piccole aziende Santa Tresa e Cortese. “Santa Tresa” nel 2010 (50 ettari) e “Cortese” nel 2016 (14 ettari) dove da uve Nero d’Avola, Frappato e Grillo, si producono complessivamente 350-400mila bottiglie per 14 etichette fra Nero d’Avola in purezza, Cerasuolo docg, un rosè e due spumanti (questi “maturati” il Trentino, unico strappo alla regola ndr). Obiettivo, dare voce a quella famosa biodiversità che in Sicilia è di casa e che in Trentino s’è quasi perduta. «Diciamo che c’è una natura diversa, lì lavoriamo con la pergola, qui abbiamo scoperto cose nuove, è come quando trovi una nuova “morosa”. Non sai perché ti piace, ma ti innamori». Anche di cose “vecchie”, come il recupero di antiche tecniche di vinificazione, vedi la fermentazione nell’orcio di terracotta.

Girelli che si definisce un «gran praticone» del mondo vino è, in realtà, il responsabile del marketing con un’esperienza lunga “appena” quarant’anni. «Come fai a non innamorarti? La Sicilia è un continente, ha un potenziale incredibile qui c’è un numero enorme di vitigni autoctoni, delle differenziazioni di terroir anche in poche decine di metri e questo è bellissimo. L’Etna ha dimostrato che la Sicilia ha delle aree completamente diverse. Sarebbe bello che fra 10 anni fossero riconosciute anche dai consumatori».

La prima folgorazione sulla via di Trinacria è stata “emozionale” ed è avvenuta dalla porta occidentale dell’Isola. «Sono venuto giù in febbraio, c’era ancora la neve sulle montagne e qui era già un giorno di primavera. Marsala, le saline, Mozia, lì mi è cascata la mascella. Non avevo ancora l’intenzione di portare tutto qui, ma ho capito subito che un luogo con un clima così mite poteva essere una grande opportunità per il nostro lavoro. La Sicilia mi ha “colonizzato” – se si può dire, e non solo me ma anche l’enologo Mattia Giacomelli (trentino) e il consulente toscano Stefano Chioccioli, abbiamo sposato la stessa filosofia, aspettare, piuttosto che forzare, lasciare fare alla natura. A me, per esempio, piace tantissimo il Frappato, un’uva che ci va diventare matti, ma che mi ha conquistato per l’eleganza e la “fragola di bosco”, grazie al Frappato ho scoperto il vino rosso sul pesce».

Ma il rapporto con la Sicilia non sarà proprio tutto rose e fiori. «Culturalmente è molto diverso – conferma Girelli – la Sicilia tante volte è l’Ufficio complicazioni, è difficile dialogare con delle persone che effettivamente riescono a capire il territorio. Spesso mi chiedo perché. Le racconto un episodio secondo me emblematico. Un giorno vengo a sapere che a Santa Tresa era arrivato un pony, così all’improvviso, non si sapeva di chi fosse né come fosse capitato lì. Poiché sono amante degli animali e avevamo realizzato già un progetto per fare adottare i cani randagi che circolano nelle campagne, ci siamo adoperati per accogliere anche questo misterioso pony. Così abbiamo realizzato uno steccato tutto per lui, messo il reticolato elettrico, avvisato l’Asp (e ancora aspettiamo una risposta) e già pensavo a cosa avrei dovuto farne, magari a come portarlo su in Trentino, insomma avevo mille pensieri. Dopo una settimana il pony è andato via, così com’era venuto, senza che lo reclamasse nessuno, senza che nessuno facesse dei controlli. Ecco, fosse accaduta una cosa come questa in Trentino, avrei avuto qualche tipo di risposta, invece qui niente e nessuno sembrava sorpreso. In Sicilia mi sono abituato a dire “È così” ma, ammetto, a volte non ce la faccio».

Sul periodo covid l’incertezza non risparmia nessuno. «Noi stiamo veramente investendo tanto – afferma – e abbiamo fortunatamente il tempo di aspettare dei risultati, siamo un’azienda piccola. Oggi il consumatore cerca qualcosa di diverso e su internet trova un livello di informazioni elevatissimo, con il lockdown abbiamo avuto un aumento delle vendite, essere piccoli è un vantaggio nei momenti difficili. Certo, è saltato tutto il settore horeca. Semmai la frustrazione è che il nostro territorio (parla come un siciliano ndr) non ha ancora la percezione del livello di qualità che esprime, cosa che altri territori hanno. Basti pensare che il Cerasuolo di Vittoria l’unica docg di Sicilia produce per disciplinare meno bottiglie del Brunello di Montalcino (52 ettolitri contro 54) ma che una bottiglia di Brunello viene venduta cinque volte di più».

«Cosa ho capito finora della Sicilia? Poco. Ho tantissimo da imparare questo ho capito: quanto sono ignorante. Catania è diversa da Ragusa, Ragusa è diversa da Vittoria e Vittoria da Comiso. Qui la natura è veramente incredibile. Quello che non mi piace, se devo dire, è l’immondizia e la mancanza di rispetto del territorio, questa cosa mi fa arrabbiare. Siete seduti su una pepita d’oro e non ve ne rendete conto. Sono andato a fare un giro sull’Etna e c’erano un frigorifero e un gabinetto buttati lì, mi sono chiesto che razza di persona si prenda la briga di caricarsi in macchina due cose così per poi buttarle in strada, questo proprio non riesco a capirlo».

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Pubblicato da:
Redazione
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