L’Etna, le sue grotte, i sentieri, i movimenti, i tremori, la fotografia, lo sport, le stelle. Nelle tante vite di Rosario Catania c’è non solo la passione per la bellezza che ci circonda ma anche la condivisione e soprattutto l’educazione ambientale.
Da anni si occupa in modo amatoriale di esplorare e raccontare la natura con il solo obiettivo di aumentare la consapevolezza sul tema del rispetto e della salvaguardia dell’ambiente.
Cinquantadue anni, perito informatico, da trent’anni alla produzione dei wafer di silicio alla St Microelectronics, quella per la Scienza è stata una folgorazione infantile che non lo ha mai abbandonato.
«Sin da piccolo sono stato sempre appassionato di Etna e pian piano mi sono avvicinato a questo “universo” grazie anche a tanti amici che ho conosciuto durante il mio cammino, in primis geologi e vulcanologi che mi hanno permesso di approfondire questa conoscenza».
La scintilla qual è stata?
«Mio padre è stato il primo ad insegnarmi strade e sentieri, mi portava a vedere le eruzioni. Io sono del ‘72, ma le eruzioni del ‘75 e del ‘79 le conosco grazie a lui, insieme siamo saliti sull’Etna, fino ai suoi ultimi giorni».
Il ricordo più immediato di quelle uscite con papà?
«La colata lavica che avanza, il rumore vetroso, il colore rosso, il calore a distanza ravvicinata. È stato il mio… “imprinting”. Successivamente ho avuto tante altre occasioni, come quella di salire sui crateri sommitali, di guardare i parossismi da vicino e quindi di conoscere il vulcano sotto altri punti di vista».
Finché l’Etna è diventato un osservato speciale…
«Grazie al fatto che ho le mani in pasta con la tecnologia per il lavoro che faccio, e grazie alle persone che ho conosciuto all’interno delle Istituzioni come il Parco dell’Etna e l’Ingv, ho potuto sperimentare delle mie idee applicando – in linea di principio – i sensori già esistenti alla geofisica dell’Etna. Mi spiego meglio. Ho creato dei prototipi modificando i sensori alle esigenze di sperimentazione realizzando qualcosa di smart, di poco costoso e di veloce da realizzare».
Un esempio per i comuni mortali?
«L’accelerometro che viene usato un po’ ovunque, dai telefonini alle automobili più sofisticate. È un sensore capace di misurare l’accelerazione del suolo in tre dimensioni. La possibilità di avere un dispositivo del genere e portarlo sull’Etna dove le accelerazioni – in caso di terremoti o parossismi fanno vibrare il terreno – è stata una delle cose più semplici da sperimentare. Sostanzialmente è un utilizzo pratico dei chip che maneggio ogni giorno».
E lo sport come si sposa con tutto questo?
«In realtà più che una passione è uno stile di vita, mi ha permesso di mantenere un contatto profondo con me stesso. Lo sport ti spinge al di là dei tuoi limiti, a migliorarli, a volte ci permette di misurarci con le difficoltà della vita. Affrontare una gara o avere davanti tanti chilometri è un po’ una metafora della vita. Se uno si ferma al primo ostacolo e lo aggira non va da nessuna parte, gli ostacoli vanno affrontati e superati. Lo sport mi ha permesso di crescere non solo dal punto di vista fisico – sono stato anche un marciatore a livello agonistico – ma anche mentale. Oggi faccio gare sporadiche a livello amatoriale, corsa, camminata nordica e trekking che mi permettono di vivere gli spazi in montagna. Se si vuole raggiungere una vetta o scendere in una grotta bisogna camminare. Se scendiamo solo dall’auto per visitare il bosco non abbiamo fatto nulla».
Invece l’astronomia?
«La passione per l’astronomia è nata da una chiacchierata con alcuni amici e colleghi appassionati di scienza. Da quel momento abbiamo iniziato una prima osservazione delle stelle, della luna delle eclissi. Il primo telescopio l’ho comprato nel 2000 e da autodidatta ho partecipato a tanti seminari, ho ascoltato persone più preparate di me, ho seguito gli eventi dell’Osservatorio astrofisico di Catania…».
E oggi il “prof” è lei…
«Per carità (ride ndr) la mia è solo una passione. Mi piace raccontare storie che hanno affascinato me per primo e quando in una serata di osservazione delle stelle c’è qualcuno che se ne va ringraziandomi, per me un feedback di questo genere è una grande soddisfazione. E ancora di più quando questo feedback mi arriva dai più giovani. Significa che ho colpito nel segno. Le persone più grandi, invece, si meravigliano quando questa osservazione è legata a un trekking notturno, in mezzo a un bosco. Dà un valore aggiunto rispetto a un’osservazione all’interno di un osservatorio».
Come sta oggi l’Etna?
«È un ambiente che ha diverse patologie, il vulcano fa la sua strada, purtroppo noi lo maltrattiamo, in primis con la spazzatura. E poi appicchiamo gli incendi, abbiamo incuria nella gestione dei luoghi. C’è anche tanta gente come me che si spende per tutelarlo, per rispettarlo, tantissime guide si fanno in quattro, ma c’è sempre quel cancro interno che non riusciamo ad estirpare, ormai non è più solo una questione culturale, è una questione di principio. La mia paura è che le persone si stiano adattando a un ambiente sporco. Per questo faccio educazione ambientale con i più giovani cercando di capire se hanno la voglia di migliorare il luogo in cui vivono e non di “adattarsi”».
Lei ha anche fondato un’associazione per diffondere questi messaggi…
«Sì, si chiama Ascd Cepes (Comitato etneo promozione eventi sportivi) ed è nata come associazione sportiva poi si è adattata a temi come l’educazione ambientale, l’astronomia e l’escursionismo. Quest’anno abbiamo fatto diversi eventi con la collaborazione dei Comuni nelle giornate mondiali del Clean up day, o nella Giornata della terra, o per M’illumino di meno… Nel pomeriggio del 14 ottobre raccoglieremo rifiuti elettronici ed elettrici a S. G La Punta (nei pressi della Villa comunale). Si potranno portare i piccoli elettrodomestici e le apparecchiature elettroniche che non funzionano più i cosiddetti Raee (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche ndr). Pochi sanno che realizzarli comporta un enorme problema di impatto ambientale, quando invece la materia prima che contengono si può recuperare e riciclare. Per fare le batterie del telefonino servono litio, manganesio, oro, tutti elementi per i quali bisogna scavare le montagne. Queste materie, invece, che si chiamano “terre rare” per buona parte le possiamo riciclare e riutilizzare e si tratta di elementi preziosi contenuti in molti oggetti della quotidianità: televisori, chip, hard-disk, telefonini…».
c.greco@lasicilia.it