Notizie Locali


SEZIONI
Catania 9°

la storia

Da Taiwan all’Etna per fare olio: la favola e il sogno di Xiaowen

E' una giornalista che negli ultimi sei anni ha trascorso in Italia almeno 5 mesi l’anno

Di Carmen Greco |

Finora ha viaggiato, visitato e degustato i prodotti di più di 2000 aziende di cibo e vino italiano, ha pubblicato guide, fondato a Taiwan una scuola di analisi sensoriale di vino italiano, olio d’oliva e tartufo. Dal Barolo al Brunello, passando per il Barbaresco, Xiaowen Huang nel 2018 è partita alla conquista dell’Etna e alla fine, come spesso succede, è stato l’Etna a conquistarla.Un lavoro instancabile quello di Huang, apprezzato o avversato – il giudizio fra i produttori etnei non è unanime – sicuramente dinamico, curioso e testimone del grande interesse che c’è sui mercati asiatici per il mondo italiano del cibo e del vino.

Com’è nato l’ interesse per l’Etna del vino?

«Avevo già lavorato in Piemonte e Toscana scrivendo anche delle guide su Barolo, Barbaresco e Brunello, e nel 2018 sono arrivata in Sicilia. Ho assaggiato tanti vini fino a quando mi sono imbattuta in quelli dell’Etna. Lì ho capito che c’era qualcosa di diverso, che quei vini avevano delle caratteristiche particolari e, dopo due viaggi in Sicilia, ho deciso di iniziare a fare uno studio più approfondito».

E com’è andata?

«Non è stato facile entrare in contatto con tutti i produttori ma, piano piano, ho assaggiato tanti vini e mi sono convinta che quello (la guida sui vini dell’Etna ndr) doveva essere il mio prossimo progetto, e così ho fatto. Ma nei miei giri sull’Etna mi sono resa conto che c’era molta confusione – almeno per me – fra i diversi versanti dell’Etna. Così mentre scrivevo il libro ho anche tracciato una mappa e nel 2020 è uscita anche la mappa delle contrade dell’Etna, ancora in fase di completamento, ogni settimana scopro nuove cantine».

È vero che ha deciso di comprare un terreno?

«Sì, un uliveto a Castiglione di Sicilia».

Vuole diventare olivicoltrice?

«In realtà, prima del vino ero già assaggiatrice ufficiale di olio, a Taiwan sono presidente di un’associazione di olio d’oliva italiano, l’olio è stato il primo amore. Qui sull’Etna ho assaggiato diversi olii della varietà Nocellara e li ho trovati molto interessanti. Così, visto che vengo qui molto spesso, resto diverse settimane e a volte non trovo posto in albergo se non a prezzi altissimi sprecialmente nel periodo estivo, ho pensato di trovare una casa per me da queste parti, ma non una casa con il vigneto, una con gli ulivi. L’ho trovata, non è stato facile, ma ci devo lavorare un po’ per sistemarla. Mi piace tanto l’olio dell’Etna, ma non so se mi metterò a produrlo, inizio ad avere degli amici qui e tutto diventa più facile. Senza amici, pensare solo di fare dell’olio e restare qui sarebbe complicato».

Cosa la colpisce di più nelle persone che vivono sull’Etna?

«In generale per me la gente dell’Etna non è “siciliana”, è diversa. Ogni volta che sono qui mi sento tranquilla, non ho paura di essere derubata o che mi portino via l’auto. Degli amici a Palermo mi avevano messo in guardia su episodi di questo genere e visto che nell’80% dei casi viaggio sempre da sola, all’inizio avevo paura. Sull’Etna invece non ho mai avuto questa sensazione. Altra cosa che ho notato, la gente dell’Etna è molto curiosa del mondo, forse è un po’ chiusa, ma è gentile, ha voglia di sapere».

Che immagine hanno a Taiwan della Sicilia?

«Il nome Sicilia evoca il Mediterraneo, pesce buono, gente passionale…».

E in negativo?

«Mafia. Anche se non conosciamo effettivamente cosa sia la mafia. La mafia la conosciamo solo dai film come “Il Padrino”».

Lei è soprattutto un’imprenditrice di se stessa, che difficoltà ha incontrato in Sicilia?

«La mentalità, sicuramente. Primo, quando vedono un’asiatica come me pensano sempre che io abbia tanti soldi in contanti. Secondo, almeno all’inizio, non ti prendono sul serio perché sono una donna, poi se hanno interesse a vendere la situazione cambia».

Secondo lei cosa manca alla Sicilia del vino per fare il definitivo salto di qualità?

«Non manca la qualità, manca la voglia di lavorare insieme anche con i vicini».

Il vitigno siciliano più amato?

«Uno solo? la domanda è difficile, quando il vino è buono è buono (ride ndr), diciamo Nerello Mascalese e Carricante visto che siamo sull’Etna…».

A Taiwan il vino italiano che peso ha?

«Sul mercato vince quello francese, fino a 10 anni fa copriva il 70% delle vendite, adesso un buon 20% è italiano. Il vino italiano è cresciuto ma se non è più diffuso è anche un problema dei produttori. Molti pensano di non poter presentare i loro vini perché costerebbero troppo e non è così, nel nostro paese piacciono vini anche molto, molto cari, come i vini francesi. Se il vino è buono, se dietro ha una storia, il prezzo non è un problema per noi. A volte i produttori italiani non lo capiscono e nemmeno ci provano».

Tre parole che identificano la Sicilia.

«Sole, amicizia, anima».

Che rapporto ha con il vulcano Etna?

«La prima volta che sono venuta qui ho visto l’Etna con un fumo di colore grigio e ho avuto molta paura. Poi in una cantina mi hanno spiegato che se il fumo è bianco non c’è problema, se è bianco-grigio non mi devo preoccupare più di tanto, se è rosso bisogna pensare a scappare, ma anche in quel caso mi hanno detto che comunque la lava non corre veloce, quindi va bene così. Dopo questa lezione ogni volta che vengo cerco di interpretare il colore del fumo dell’Etna…».

Che cosa fa la differenza, secondo lei, nei vini dell’Etna?

«L’Etna ha un’energia meravigliosa ma anche forte, questo fa la differenza nei vini e anche nelle persone, secondo me la gente dell’Etna ha un po’ di “pazzia” anche nella testa…».

Un episodio che l’ha colpita nei suoi viaggi sull’Etna?

«Nel 2019 quando avevo quasi finito il mio libro mi trovavo con il mio fotografo e miei colleghi in macchina per le strade dell’Etna. Non so come siamo finiti sulla pietra lava calda e le gomme dell’auto si sono praticamente fuse. Eravamo vicino Randazzo, non c’era nessuno, la ditta che ci aveva affittato la macchina non sarebbe intervenuta prima di 4/5 ore. Ho iniziato a chiamare i produttori delle cantine intorno, alla fine uno di loro è venuto con un trattore a “salvarci”, non lo dimenticherò mai».

c.greco@lasicilia.itCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: