Da Gibellina a Bangui, capitale della Repubblica centroafricana per aiutare i bambini poveri. È l’esperienza di Marco Sutera, 31 anni, di Gibellina giovane medico specializzando in pediatria nell’università di Trieste, che per sei mesi svolgerà la professione nel Complexe hospitalier universitaire pédiatrique di Bangui, grazie all’Ong ‘Medici con l’Africa Cuamm’. «È stata la testimonianza degli operatori del Cuamm all’Università a convincermi a fare questa missione – racconta Marco Sutera – anche se, già prima di iniziare a studiare Medicina, aveva questo sogno nel cassetto».
Durante il suo percorso universitario ha svolto tirocinio al poliambulatorio di Lampedusa: «Lì ho visitato tanti bambini migranti – racconta – e ho voluto ora continuare questa esperienza qui in Africa».
Il Complexe hospitalier universitaire pédiatrique di Bangui è una struttura di 300 posti letto dedicati solamente ai bambini. «Qui facciamo i conti con almeno 100 accessi al giorno – racconta il giovane medico – tutti codici rossi e gialli. Qui c’è tanta malaria, arrivano bambini in coma che non sempre riusciamo a salvare».
Il giovane specializzando in tre settimane ha visto morire 8 bambini: «Ti resta l’amaro in bocca – racconta Sutera – soprattutto quando pensi che, in altri contesti e con più attrezzatura, avresti potuto fare qualcosa in più». A Bangui, alcuni servizi sanitari sono a pagamento, altri sono garantiti in ospedale. «Qui fuori l’ospedale c’è un centro per la dialisi a pagamento e i bambini che devono farla devono pagare», racconta Marco Sutera. Ma non tutte le famiglie se lo possono permettere. In ospedale, in alcuni momenti, sono mancati anche i farmaci e non ci sono le Cpap per i bambini.
«Sono convinto di tornare a fare il pediatra in Sicilia, nella mia terra – dice Sutera – qui è un altro mondo, pieno di vita e di morte. Riflettendo penso che rispetto al nostro mondo, questo qui è assurdo perché vedi morire così tanti bambini che sarebbero, invece, facilmente curabili. Quello che mi fa riflettere è l’ineguaglianza, ossia quanto spendiamo in Italia per certe terapie e poi ci sono Paesi come questo che non hanno niente… Questo ti lascia davvero l’amaro in bocca».