Le tazzine della nonna, la laurea del nonno, il servizio di piatti di famiglia: l’intimità di Montalbano è alimentata dai ricordi di Costanza DiQuattro. La casa a Punta Secca del commissario di Camilleri, con la meravigliosa terrazza sul mare, è la casa delle vacanze della scrittrice ragusana, impegnatissima anche sulle scene, con cinque spettacoli teatrali: alla Versiliana ha appena debuttato “Parlami d’amore”, regia di Pino Starbioli, con Mario Incudine, “La farfalla e il calabrone” sarà al Festival “Ragusa dietro il sipario” diretto da Walter Manfrè.
«La casa di Punta Secca è stata il luogo della mia felicità – racconta – E’ la casa dei miei nonni, Giovanni e Vincenzina. Ho passato lì le mie estati fino a 16 anni, anni splendidi perché ho vissuto una Punta Secca diversa da quella di oggi, dopo il fenomeno Montalbano. Era un borgo di pescatori con un gruppo di case di parenti e amici. La casa era in un passaggio obbligato per andare al mare. Chi passava usava “quell’ombrellone di cemento”, come l’ho descritto, come punto d’appoggio: c’era chi lasciava ciabatte, cappello, crema, chi aveva bambini posteggiava il passeggino. I miei nonni avevano un senso straordinario di ospitalità. Mio nonno aveva sempre pronti caffè freddo e aranciata e a chiunque passasse, amici degli amici, parenti dei parenti, offriva qualcosa. Un via vai continuo che ancora oggi mi manca».
Come trascorreva l’estate in quella casa?
«Le vacanze iniziavano quando finiva la scuola e si tornava a fine settembre, più di tre mesi. Si faceva la villeggiatura. Ci trasferivamo al mare con un atteggiamento apocalittico, come se fosse per sempre. Ricordo i saluti con i nonni materni che restavano a Ragusa. Saluti ineluttabili, definitivi. E ricordo la felicità di questo viaggio che mi portava a Punta secca con la speranza di trovare il mare calmo. Il nonno si definiva un avvocato pescatore, partivamo insieme muniti di retino, maschera e boccaglio. Mi ha insegnato ad andare sott’acqua. Mi diceva: “Ascolta il battito del cuore, ascolta il respiro perché lo senti in maniera più forte di quando sei sulla terra. E impara a stare con te stessa”».
Da casa dell’infanzia a casa degli italiani.
«Ho scritto il mio primo libro per raccontare questo cambiamento. Quando Sironi si innamorò di questa casa corteggiò mio nonno e mio padre per quasi due anni. Il nonno era contrario, mio padre pensava potesse essere una bella opportunità non solo per noi ma per far conoscere territorio. E aveva ragione. Lui insisteva, ma mio nonno era risoluto, gli disse: “Basta Pietro, ma chi lo deve vedere un film girato a Punta Secca? Convincitene”».
Montalbano da invasore diventò conquistatore.
«Il nonno che era stata contrario è diventato il più grande fan. Gli piaceva l’idea della casa piena di gente, gli piacevano le interviste ai “nonni di Montalbano”. Si divertiva a stare sul set durante le riprese, tanto che a volte Sironi diceva: “Mandate via l’avvocato perché parla!”».
Quant’è diversa la casa televisiva da quella reale?
«E’ identica. Sironi e lo scenografo la volevano proprio così. L’unico cambiamento è stata la camera da letto che si affaccia sulla terrazza. I mobili, gli oggetti sono quelli originali, le tazzine sono quelle della nonna, in alcune scene si vede la laurea del nonno».
Il successo di Montalbano ha rivoluzionato le vostre vacanze?
«All’inizio non presi bene l’arrivo della fiction: la casa della mia famiglia improvvisamente era diventata la casa di tutti. Era il 1998. Già l’anno successivo eravamo circondati dai turisti, dagli appassionati, dai fan. Tutti volevano entrare, fare le foto. Un pellegrinaggio. Adesso è diventata un B&B che ospita turisti da tutto il mondo. Con i miei genitori dopo qualche anno siamo scappati, e per un po’ siamo andati in vacanza a Sampieri dai nonni materni. Poi, quando noi ragazze siamo cresciute, ci siamo spostate a Marina di Ragusa, dove c’è sempre stata la movida».
Riti e luoghi a Marina di Ragusa?
«Dagli anni 60 è una capitale delle vacanze. C’era la casa del famoso cantante Adamo, sui rotocalchi per una presunta liason con Paola del Belgio. Aveva un locale “La notte” in una bellissima villa dove c’erano feste, concerti. Poi sono arrivati gli anni del Koala Maxi, della discoteca. E dopo Montalbano sono passati in vacanza tanti personaggi di cinema e tv. Punti di riferimento? Il Piper Torre di mezzo e il lido da Serafino».
Dove andavate a Marina?
«Erano gli anni dei falò in spiaggia, ma per i miei erano occasioni di perdizione e non andavamo. Il luogo della vita notturna era piazza Duca degli Abruzzi, appuntamento dopo mezzanotte poi si prendeva il cornetto all’alba. C’era il clima da “sapore di mare”».
La colonna sonora di quegli anni?
«Le canzoni degli 883, ma per me soprattutto “50 Special” dei Lunapop, la canzone dell’estate».
E le vacanze di oggi?
«Ancora adesso passo l’estate a Marina di Ragusa con i miei figli. Da qualche anno andiamo anche a Linosa. Ci siamo innamorati di quest’isola lontanissima e magnifica, dalla bellezza selvaggia e dai tramonti africani. Un’isola sognante. Lì cambia la percezione del tempo, è tutto dilatato.
E la casa di Montalbano?
«Quando è nato mio figlio, nel 2008, lo portavo spessissimo dai nonni, facevamo il bagno a Punta Secca. Cresciuto un po’ un giorno mi disse: “Mamma, andiamo a fare colazione nella casa di Montalbano?” A quel punto è scattato qualcosa, un senso di appartenenza. I nonni ci sono andati in vacanza fino all’ultimo giorno della loro vita. E’ venuta la voglia di riappropriarmi dei ricordi, della felicità di bambina. Quella è la nostra casa».