Il lavoro nobilita l’uomo, e anche la donna, ancora di più quando diviene espressione artistica e motivo di riscatto sociale.
Gilda Domenica, classe 1937, è un’eccentrica signora che ha trovato nel mestiere della sarta la sua dimensione umana e professionale. Nata a Caltagirone, è cresciuta in un ambiente familiare ricco di vena artistica e capacità artigianale: il padre, infatti, faceva il musicista, mentre la madre trascorreva giornate intere dedicandosi al cucito. «Da ragazzina – racconta – nonna Gilda- la mamma ci mandava dalla sarta per imparare il mestiere, era una specie di scuola di vita. Mio marito era anche lui sarto, lo conobbi da giovane perché era mio vicino di casa. È stato un bel punto di riferimento per me e per i miei figli».
L’anziana e arzilla signora esprime tutta la sua vitalità quando mostra orgogliosa la stanzetta dove due generazioni di sarte lavoravano la stoffa. Una passione, quella per il “taglio e cucito”, divenuta anche motivo di sfogo per via di un passato difficile. Gilda ha infatti vissuto l’esperienza della guerra, ha patito la fame e sofferto per la morte del marito, avvenuta dopo ventidue anni di matrimonio. «Mio marito se n’è andato nel maggio del 1993, insieme però siamo riusciti a crescere i nostri figli e di questo sono orgogliosa». La famiglia, però, si è “sparpagliata” presto, per via del trasferimento del figlio a Milano avvenuto circa 25 anni fa. Quando poi anche la figlia ha lasciato casa per metter su famiglia, la solitudine ha iniziato a farsi sentire nella vita di Gilda Domenica.
«Vorrei tornare indietro per rivivere la gioventù – ammette -. Il rispetto di una volta, seppur in mezzo alla miseria in cui si viveva, oggi non esiste più. Anche se non è tutto bello e, nella vita, si contano più i giorni di sofferenza che quelli di gioia, godere dell’affetto dei cari fa tantissimo, stare da soli, invece, distrugge».
Come molte donne siciliane della sua epoca, non si è potuta opporre al suo destino, ma forse ha trovato un modo per rendere il suo presente più “colorato”. Oggi Gilda è una nonna pittoresca, ma i suoi occhi sono sempre vispi come tanti anni fa. Ha fatto di necessità virtù e, per combattere la solitudine, ingannando il tempo, è riuscita a sublimare la sofferenza che ha patito negli anni.
Come i grandi artisti è riuscita ad esprimere il suo moto interiore grazie a quell’arte tanto cara agli antenati, alla sua storica macchina da cucire e a semplici oggetti quotidiani.
Già da diversi anni nonna Gilda, che abita in una piccola casa a pochi passi dalla famosa scalinata di Santa Maria del Monte, trascorre il proprio tempo ideando e realizzando dei bellissimi abiti, ricavati interamente da materiali riciclati (vecchi giornali, involucri alimentari, piatti, bottiglie di plastica e giocattoli) corredati da cappelli, borse e scarpe dai colori sfavillanti.
«La gente mi dà cose che deve buttare e io le riciclo creando le mie opere singolari». È un’esplosione di tinte, un trionfo di vivacità e allegria. Con la propria forza di volontà ha creato un guardaroba fantastico. Gilda ha inoltre preso grande coscienza del concetto di riuso creativo che mette in azione e le sue opere assumono, in questa veste, un significato di denuncia sociale contro gli sprechi della società dei consumi e a favore della bio-sostenibilità: «Ormai si butta tutto, il cibo, gli oggetti… anche dalle cose stupide però si può ricavare qualcosa».
Abiti e accessori reinventati riempiono quasi ogni angolo della sua casa e, come una vera performer teatrale, Gilda le indossa personalmente durante le ricorrenze, sfilando per le vie del centro di Caltagirone: «Il 6 gennaio mi diverto a vestirmi da befana, forse sarà l’ansia o il mio istinto, ma mi viene sempre voglia di andare in giro a regalare dolcetti ai bimbi».
Le sue creazioni e una varia documentazione fotografica sono finite, oltre che al Museo di Arte Contemporanea di Caltagirone, al Museum of Everything di Londra, l’unico spazio pubblico itinerante della City dedicato ad una grande collezione di opere non convenzionali degli ultimi 200 anni.
Questo tipo di arte, in diversi momenti storici, è stata etichettata da molti come “Art Brut”, Arte “Outsider”, Arte “Popolare” o “Ingenua”. Oggi il museo londinese raccoglie, oltre alle opere dell’artista calatina, anche lavori di altri autodidatti come Henry Darger, James Castlee, Guo Fengyi e le installazioni delle mostre sono spesso curate da “guru” contemporanei tra cui Grayson Perry, Nick Cave e Maurizio Cattelan.
Qualche anno fa in un breve documentario sulla Outsider Art Gilda dichiarava: «Vorrei che quando un domani io non ci sarò più qualcuno curasse la mia roba, vorrei che ci fosse qualcuno che l’accetti». Forse oggi lei non se ne rende conto, ma quel qualcuno che l’apprezza c’è sul serio e, con l’amore che le riservano i suoi familiari e l’attenzione di queste importanti istituzioni, l’anziana artista, mamma e nonna calatina si è già garantita da tempo il proprio riscatto.