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Carmen, la sommelier che si è fatta suora (con l’Etna Doc nel cuore): «Ma oggi bevo un vino che nutre l’anima»

Ha mollato tutto per diventare suora cappuccina dell'Immacolata di Lourdes

Di Carmen Greco |

Quel vino che ieri roteava nel bicchiere per nutrire la sua curiosità alla ricerca di profumi, gusti e abbinamenti, oggi è solo un nutrimento per l’anima. Ragioniera per lavoro, sommelier per passione, Carmen D’Agata, 40 anni, originaria di Trecastagni, sei anni fa ha mollato tutto per seguire la chiamata di Dio e diventare una suora cappuccina dell’Immacolata di Lourdes.

Diplomata sommelier Ais dieci anni fa, oggi il vino  per lei rappresenta semmai un’opportunità per aiutare gli ultimi, come l’evento di beneficenza organizzato di recente nel castello di Carini con l’associazione “Pane Spezzato”, cui hanno collaborato con grande spirito di solidarietà i produttori della zona e l’Associazione italiana sommelier.  

«Il vino ora lo vedo in maniera diversa – dice suor Carmen – non mi interessa di certo l’etichetta. Vivo la mia vita nella semplicità». 

Chi è oggi e chi era ieri Carmen D’Agata?

«Oggi sono una persona nuova, felice di donarsi a Cristo e di essere un piccolo strumento di Dio che si offre a chi è nella difficoltà, a chi ha bisogno, sia nella mia congregazione che per la strada. Anche prima ero una persona felice di donarsi agli altri, ma in maniera diversa. Ho fatto tanto volontariato, vent’anni di scoutismo nel mio paese a Trecastagni, servizio in parrocchia, viaggi a Lourdes da quando avevo 19 anni».

È nata prima la sommelier o la suora?

«Ho studiato al Commerciale, facevo la ragioniera e ho lavorato per diverse aziende fino a quando, il 24 gennaio del 2017 ho lasciato casa, ho lasciato tutto e sono entrata in convento. La passione per il vino era nata prima, nel 2008-2009. A casa sono sempre stata accompagnata dal buon cibo, dalle cose fatte con amore. Mio padre è un pasticcere che conosce la tradizione ed è anche un buon cuoco assieme a mia madre. Appassionata di cucina, volevo capire anche come accompagnare un piatto, un dolce, volevo capire cosa ci fosse dentro un bicchiere di vino. Così ho frequentato i tre livelli del corso Ais e mi sono diplomata sommelier il 28 gennaio 2013».

Cos’è il vino per lei?

«Se prima della mia entrata nel convento era visto da un punto di vista lavorativo, di conoscenza e di scoperta, oggi è il mio quotidiano nutrimento nel banchetto eucaristico, un vino che ha un punteggio altissimo…».

Altro che cinque grappoli…

«Dentro quel calice ogni giorno viene consacrato un vino che poi diventa il sangue di Cristo, e là dentro c’è un amore così grande che quando poi ti nutri a quella mensa ogni giorno, la tua vita assume un sapore diverso, unico, che ti arricchisce di amore».

Sulla tavola di una suora è previsto il vino?

«Nelle nostre case si consumano sempre dei pasti semplici. Magari dei pasti più gustosi nei periodi di festa, ma sempre fatti con amore. Nei nostri refettori il vino c’è sempre, è un vino padronale, fatto da gente umile che con amore cura le vigne e in provvidenza fa arrivare anche il vino sulla nostra mensa».

Oggi dove vive?

«Dove Cristo mi chiama tramite i miei superiori. Ho preso i voti l’anno scorso, l’11 febbraio 2022 e dopo un mese sono stata spostata in casa madre a Cinisi dove c’è il santuario ed è esposto il corpo della nostra fondatrice Santa Maria di Gesù Santocanale canonizzata il 15 maggio del 2022, una nobildonna palermitana che si è spogliata di tutto per darlo ai poveri. Da poco abbiamo festeggiato i 100 anni della nascita al cielo della nostra fondatrice con una serie di eventi. Mi sono occupata dell’accoglienza dei pellegrini al santuario di Cinisi, ora sono a disposizione della congregazione. A fine marzo sarò trasferita a Bartrès, a quattro chilometri da Lourdes dove abitò, da piccola, Bernadette».

Il vino può avvicinare a Dio?

«Sì, certo. Nel Vangelo ci sono tanti riferimenti alla vigna del Signore, dalla potatura alla coltivazione della vite, ai banchetti cui Lui partecipava. Tutti ricordano il miracolo delle Nozze di Cana, una della epifanie della vita pubblica di Gesù quando trasformò l’acqua sporca delle oblazioni in vino al banchetto nuziale. Quell’acqua sporca siamo noi, pieni di peccati, e quel gesto di Gesù, sollecitato da Maria, rivela l’amore di Dio nei nostri confronti, un amore che fa felice qualsiasi persona». 

Del mondo del vino che ha lasciato assieme a tutto il resto, c’è qualcosa che le è servita in questa sua nuova vita?

«Come dice lei ho lasciato tutto, sono fuori dal giro. Posso dirle che una cosa che non apprezzo del vino sono i prezzi esorbitanti di certe bottiglie. Si spendono un sacco di soldi per uno Champagne o una bottiglia di Bordeaux. Noi siamo presenti in tante missioni come Madagascar, Albania, Brasile, Messico, dove c’è gente che solo per avere l’acqua deve fare chilometri. Io non ho mai bevuto bottiglie costosissime, mi sono basata su quelle che erano alla mia portata, avevo un semplice stipendio da ragioniera, anzi non ho mai capito perché un vino debba avere quelle quotazioni esorbitanti, ma questo è un mio personale punto di vista».

Nel Lazio ci sono delle suore di clausura che coltivano la vigna e producono vino. Le piacerebbe un incarico del genere?

«Sono felice per loro ma non fa per me. Io sono chiamata a spendermi per i poveri, per chi è malato, per chi ha bisogno, sono chiamata a stare con gli ultimi».

Il suo vino preferito?

«Sono di parte e dico Etna doc rosso. Intanto perché esprime il territorio dove sono nata e di cui mi sono nutrita. Un territorio molto bello, panoramico, con l’Etna alle spalle che io chiamo “la Signora”, possente e piena di fuoco, un fuoco che per me corrisponde all’amore, alla passione per la montagna. Dentro un bicchiere di Etna doc ci trovi tutto questo, l’Etna con i suoi gusti minerali, i suoi profumi fruttati e speziati, un grado alcolico che fa piacere. Un vino molto passionale che esprime tanto amore e anche tutta la fatica di coltivare le vigne sull’Etna».

Lacryma Christi doc del Vesuvio o Inferno della Valtellina superiore?

«Non so rispondere (ride ndr). Il vino mi piace ma quando ho deciso di entrare in convento sapevo di dover lasciare anche questa mia passione. Ho staccato le radici dal mio territorio, ho scoperto che seguire Cristo mi rendeva più felice. La passione per il vino rimane, ma la felicità più vera è quella di seguire il Signore».

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