Sicilians
All’ Apple Academy Andrea da Alcamo e Paolo da Palermo
La laurea in Ingegneria informatica a Palermo è arrivata dopo sacrifici e qualche crisi. «C’è stato un momento in cui non credevo che ce l’avrei fatta – confessa – perché lavoravo per e avevo rallentato. Hanno insistito i miei genitori e due colleghi che ringrazio sempre. Mi hanno detto: “cumpà, c’amu a fari?”». Dopo la laurea, un corso Cisco System bandito dalla Regione e subito un lavoro alla Noatel di Palermo. «Un’esperienza fantastica per formarmi e imparare linguaggi. Si lavora in un clima positivo e ho incontrato persone che mi hanno spinto a credere in me». Poi, tenta i test Apple, «davvero duri, ma un’occasione troppo importante per non provarci». I genitori, mamma casalinga, papà impiegato alla Posta, sono perplessi. «Quando ho detto a mio padre che se fossi passato avrei lasciato il lavoro, un po’ si è preoccupato. Mia madre gli ha replicato che, tra 4mila, figurati se prendevano me – dice ridendo – Ma ora sono molto contenti». Da lunedì sarà in aula. «C’è un bel clima, sono rimasto colpito da tutto, docenti e colleghi. La scuola è molto all’avanguardia, si avvicina agli studenti, crea le condizioni per poter lavorare al meglio e in gruppo. C’è l’entusiasmo di voler dare dare dare, di voler creare qualcosa di nuovo».
Paolo Currò è l’altro genietto siciliano entrato all’Academy Apple, ha 23 anni ed è di Palermo, diplomato al Liceo classico, frequenta il III anno della facoltà di Ingegneria informatica della sua città e si è classificato al 54° posto. «I test erano davvero molto selettivi – spiega – la conoscenza dell’inglese è stata determinante perché è la sola lingua che si parla al corso. Programmazione al computer? All’università ho appreso qualcosa, ma sono ancora all’inizio. Con un amico abbiamo fatto un piccolo gioco, ma solo per noi, per capire come si fa. Sono felice di poter imparare tutto qui, è un’occasione per poter crescere tantissimo», aggiunge con entusiasmo incontenibile. «Un genio? No, sono uno studente normale – nicchia – studio per imparare, non per il voto». Paolo ammette di essere «felicissimo». «E’ una opportunità unica, ci sono anche tanti ragazzi che arrivano da altri Paesi. La prima impressione è stata molto positiva, si respira creatività. I professori ci rendono partecipi di ogni aspetto, l’ambiente è sembrato a tutti noi informale dal punto di vista delle relazioni umane, ma serio e selettivo per quanto riguarda lo studio. Ci chiedono impegno, siamo molto motivati a raggiungere il massimo di quello che ciascuno di noi può dare. Investono su di noi, quindi deve essere uno scambio da tutte e due le parti», aggiunge già immerso nella filosofia di studio americana. Timori, pressioni? «No, creano un ambiente che fa scendere la tensione, ma la motivazione è molto forte». A Napoli sono andate la sorella più grande, medico come il papà rimasto a Palermo per lavoro, e la mamma «a tempo pieno». «I miei sono orgogliosissimi, abbiamo festeggiato. Per me è stato già bellissimo riuscire a passare i test. È davvero una grande opportunità, mi fa sperare molto nel futuro».
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