Alessia Caponnetto racconta il papà Brigantony: «Univa i fricchettoni della “Catania in” e il popolino»

Di Giovanni Finocchiaro / 19 Settembre 2022
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Il Brigantony privato. Intimo. Insospettabilmente timido, quasi pudico. A raccontare, con altrettanto pudore, un filo di voce per non apparire eccessiva, evitando facili passerelle, è la figlia del maestro, Alessia. A distanza di due mesi dalla scomparsa, Antonio Caponnetto viene celebrato, se vogliamo ancor più di prima, sui social, soprattutto sulla pagina ufficiale “Maestro Brigantony”.

Come spiega il successo, Alessia, dopo la notevole onda di emozioni scatenatasi nei giorni della scomparsa di papà?
«Che arrivino ricordi ancora oggi e senza pausa alcuna mi sorprende. Ho una corrispondenza continua con centinaia di persone. Che cadesse nel dimenticatoio non lo pensavo, mi aspettavo all'inizio un boom che poi si affievolisse. Invece il ricordo di mio padre è più che mai vivo, è in aumento. Come lo spiego? Mi accorgo sempre più che il pubblico lo ama».
In che modo gestisce la pagina social?
«Alcune foto le pubblico io, altre mi arrivano dai fans per condividerle con tutti. L'altro giorno mi hanno inviato un video in cui Brigantony era con amici della Germania che ho riconosciuto. Raccontava un aneddoto che faceva sorridere. Quella che lo ritrae allo stadio l'ho trovata su una di facebook (“Forza Catania”, che ringraziamo, ndr). L'ho salvata e rilanciata. Papà andava spesso allo stadio, il Cibali era il punto di riferimento per lui».
Ogni anno si esibiva in concerto proprio nel quartiere dello stadio.
«Le origini non si tradiscono. Cantava gratis per gli amici in occasione delle celebrazioni per la Madonna».
A proposito dei fans, quale tra i mille messaggi l'ha colpita?
«Mi ha chiamato un bambino: “Volevo dirle mi spiace – ha sussurrato nei giorni del dolore – ho trovato il numero on line”. Dalla voce aveva forse 11 anni e un accento della provincia di Catania. Quando papà stava male, un bambino di 9 anni chiamava direttamente lui e parlavano. Sorrideva, mio padre. I bambini lo rendevano… fragile sentimentalmente».

 


Si è mai spiegato il successo del suo repertorio al di là del tormentone sulla Fanta?
«Ad ascoltarlo erano i fricchettoni della “Catania in” e il popolino. Ha unito due mondi diversi, nel caso di Brigantony era un mondo unico. Lo seguivo spesso durante le serate e notavo le varie classi della città fianco a fianco».
A proposito di Vip o di gente che può…
«Si, gliela racconto, ma non mi chieda nomi e cognomi perchè non gliene faccio. Al funerale è venuto anche un signore che, ricordo, anni fa affittò il cinema dietro via Pacini. Tutto quanto. Ordinò un catering mai visto. Fece togliere le poltrone. In sala c'era la Catania bene. Eravamo sorpresi. Dopo ci invitò sullo yacht per una breve vacanza, ma non andammo».
Ricorda l'ultimo concerto dal vivo di suo padre?
«Come potrei dimenticare? Era il 30 novembre 2019, prima della pandemia, al Ma di Catania. Nel 2020 avevano organizzato un tour in America con quattro date, più una da confermare. Poi è scoppiato il Covid».
I suoi veri amici, nel campo artistico, chi erano?
«Cito tra gli altri: Pippo Barone, i Brigantini, Gino Finocchiaro».
Le ha dato fastidio l'ipocrisia social di chi metteva like e ricordi dopo averlo snobbato per una vita?
«Qualcuno mi ha dato fastidio, lo ammetto. Ma questi signori dovevano farsi vedere per il momento di emozione collettiva. Di tanti altri ho fatto finta di non vedere. Parlo volentieri con i fans, ne hanno risentito di più, rispetto ai colleghi».
La chiamano da tutto il mondo. Ogni giorno. Mai una pausa
«E questo, se possibile, un pizzico mi consola. Un pizzico, specifichi. Mi è arrivato un messaggio da Gerusalemme, era un ragazzo del posto che aveva scoperto papà tramite persone che erano state in vacanza nella sua città. Si era scaricato tutta la discografia, da un lato ero lusingata, dall'altro ero stupita. Abbiamo dialogato usando il traduttore».
Brigantony ha cantato in tutto il mondo. Dove avrebbe voluto esibirsi ancora?
«Mi diceva: “Dobbiamo andare all'Africa” prima o poi. L’Australia era la sua méta preferita. Aveva tantissimi amici, laggiù».
Ma a casa, Tony, che padre era?
«Riservato. E dovevamo parlare in italiano, non dovevamo dire parolacce».
Non ci dica…
«E invece sì, ve lo dico. Ci riprendeva e noi rispondevamo: ma proprio tu? Poi faceva tutto: lavava i piatti, faceva la spesa, quando rincasavo trovavo la cena pronta. Era anche bravo. La pasta col ciliegino di Portopalo era una sua specialità».
Portopalo?
«Sì, a Portopalo – altro luogo del cuore – abbiamo amici veri. Ci riempivano di pesce fresco, pomodoro. Lui portava in cambio la carne di cavallo. Arrusti e mangia. Mangiavamo di tutto, insomma».
Scontato, ma vogliamo scrivere la sua risposta: le manca papà?
«Ho vissuto al suo fianco una vita intera. Pensi che quando ero piccola mi addormentavo se sentivo il suo respiro proveniente dalla stanza vicina. Un giorno dovette interrompere un tour all’estero perchè, avvertendo la sua lontananza, non riuscivo più a mangiare, e a dormire. Intuivo che lui era lontano».
E adesso?
«Vado avanti, coi figli da far crescere nel modo giusto, con l’affetto di chi lo ha voluto sempre bene».
Quel ritratto improvvisato vicino lo stadio esposto dopo la sua dipartita  l'ha visto?
«Passo ogni giorno da lì con la scusa di andare a trovare mia madre. Allungo il percorso per un po’, ma ne vale la pena». 

 

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Pubblicato da:
Carmela Marino
Tag: alessia brigantony cantante fanta figlia padre popolino social